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L'intervento

Riconoscere venti profumi in un vino: “Un paradosso, anzi direi che è falso”

20 Ottobre 2015
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di Daniele Cernilli, Doctor Wine

A furia di inventare gesti astrusi e termini gergali gli esperti di vino, e in parte anche gli appassionati, qualche anno fa si beccarono l’imitazione del sommelier di Albanese, che ne prendeva in giro gli eccessi e la teatralità.

Il problema del linguaggio e in parte della gestualità è un tema che un giorno o l’altro dovrà essere affrontato in modo sostanziale. Molto riguarda i cosiddetti riconoscimenti, i profumi emanati dai vari vini e che vengono definiti nei modi più fantasiosi. Capisco se corrispondono a quegli odori che tradizionalmente definiscono un vino che deriva da un particolare vitigno. Amarena per i Montepulciano, pera per i pinot grigio, sambuco per i sauvignon, rosa per i traminer aromatici e via così. Ovviamente si tratta di riconoscimenti tendenziali, nel senso che fanno pensare a un determinato profumo di frutta e di fiori, che assomiglia a ciò che percepiamo. Poi corrispondono anche a precisi composti chimici che si formano naturalmente nel vino, esteri primari, terpeni, tioli, pirazine, ad esempio. Capisco meno se sono frutto di personalissimi voli pindarici, che a me sembrano dei veri deliri auto compiaciuti.

“Riconoscere” venti profumi in un vino trovo che sia paradossale, forzato e anche un po’ buffo. Forse persino falso. Il tutto per épater le bourgeois (letteralmente: stupire il borghese, ndr). Mi chiedo perciò se non sia il caso di iniziare a fare chiarezza, definendo quali profumi corrispondono a cosa, come accade nei corsi per analisti sensoriali e per nasi profumieri. Mettendo in relazione quei riconoscimenti a concrete sostanze presenti nel vino e non alle fughe in avanti di qualche assaggiatore particolarmente fantasioso.