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Storie

Il progetto di Bruno Ribadi con i ragazzi down: “Sanno fare la birra… e ora vogliono un pub”

12 Gennaio 2023
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di Stefania Petrotta

Alert: questa non è la solita storia strappalacrime, sebbene l’iniziativa bellissima di cui vi parleremo abbia avuto il suo clou proprio nel periodo natalizio, bensì il racconto di una sinergia costruttiva da cui, speriamo, possano prendere spunto altre iniziative simili.

La storia è quella della collaborazione tra il birrificio Bruno Ribadi e l’associazione SporT21 Sicilia, nata nel 2017 come associazione sportiva dilettantistica di volontariato nei confronti di ragazzi con disabilità intellettiva relazionale – il T21 nel nome indica proprio il trisoma 21, altrimenti noto come sindrome di Down, di cui appunto l’associazione si occupa con qualche inclusione anche di soggetti autistici ad alto funzionamento – che fa dell’attività motoria sportiva agonistica e della promozione sociale sul territorio la propria connotazione. “Tutto è iniziato nell’estate del 2020 – racconta Giuseppe Biundo, uno dei titolari del birrificio – Giampiero, con cui siamo amici, mi ha parlato di questo progetto sociale, finanziato dall’Assessorato Regionale alla Famiglia e alle Politiche sociali. Io ne sono stato subito entusiasta e da lì abbiamo cominciato a lavorarci insieme”.

Giampiero è Giampiero Gliubizzi, presidente dell’associazione nonché maestro di judo all’interno della stessa, una disciplina che ha portato non poche soddisfazioni alla squadra, come il titolo italiano di campioni d’Italia di judo come società nel 2021 e il secondo posto nel 2022, oltre ad essere arrivati primi come società al meeting nazionale di judo. Il progetto si chiama invece “Sosteniamoci Insieme” ed è lo stesso Gliubizzi ad illustrarcelo: “Il progetto nasce con il fine di avvicinare i ragazzi con questo tipo di disabilità al mondo dell’agricoltura attraverso la conoscenza delle principali tecniche di produzione e trasformazione, con un approccio rivolto alla produzione ecosostenibile dei grani antichi siciliani e degli ortaggi. Nello specifico, i ragazzi hanno appreso come si produce una birra artigianale, iniziando dalla conoscenza della materia prima, orzo, luppolo, malto e aromi siciliani che sono la cifra stilistica delle birre di Bruno Ribadi, fino ad arrivare al vero e proprio processo di produzione della birra che si è svolto al birrificio, processo comprensivo delle fasi di imbottigliamento ed etichettatura. Della fase teorica e di quella pratica si è preso carico Vito Biundo, la cui grande sensibilità ha fatto sì che i ragazzi abbiano visto in lui un padre e un amico più che un docente. Il risultato è stata una birra solidale realizzata proprio dai ragazzi, di cui hanno disegnato perfino l’etichetta, e che non poteva che chiamarsi T21”.

Forte impatto umano anche per Vito Biundo, altro titolare del birrificio, che, quando racconta l’esperienza, lo fa col sorriso sulle labbra: “Mi sono approcciato ai ragazzi con qualche dubbio, non sapevo se avrei saputo gestire la cosa. Ed effettivamente all’inizio i ragazzi non mi seguivano, si distraevano, tanto che stavo per gettare la spugna. Finché ho capito che l’errore era stato mio perché avevo dato un’impronta prettamente didattica agli incontri. Dal momento in cui mi sono approcciato ai ragazzi allo stesso modo con cui avrei fatto con i miei figli, è cambiato tutto. Già alla seconda lezione eravamo innamorati l’uno degli altri, loro si sono legati moltissimo a me, ma la soddisfazione maggiore è stata rendermi conto, al momento delle verifiche, che effettivamente avevano appreso tutte le nozioni che avevo trasmesso loro. E ovviamente nella parte pratica è andata ancora meglio. I ragazzi sono affettuosi, ti abbracciano, ridono, ti rendi conto che hanno bisogno di essere seguiti e ricambiano con tutto questo affetto. Umanamente è stata un’esperienza unica. Certo, magari da soli non so se sarebbero in grado di portare avanti tutto il processo, e a livello di tempo per fare 50 litri insieme ci abbiamo messo lo stesso tempo con cui normalmente ne produciamo 2.000, ma già sanno di cosa si tratta, dove mettere le mani, in un processo di 5-6 ore restano concentrati e questa è la cosa più importante, anche perché per produzioni maggiori sarebbero aiutati dall’automazione dei processi”.

Sì perché il fine è quello di lanciare la birra come marchio dei ragazzi a sostegno della loro associazione. I Biundo ci tengono a specificare che si lavora senza margini, non entrerà un euro di guadagno al birrificio e sarà tutto destinato all’associazione per il sostentamento delle proprie attività. Durante le ultime festività, attraverso un’offerta solidale, sono state vendute tutte le bottiglie prodotte, tre diverse tipologie, pils, bianca e ambrata, per 150 unità ciascuna, che sono state utilizzate come regali di Natale. Ma la richiesta continua ad esserci e quindi, sebbene il progetto si sia concluso lo scorso ottobre, da Bruno Ribadi si continua a produrre la T21. “D’altronde – continua Gliubizzi – il vero fine del progetto è l’inserimento di questi ragazzi nel mondo lavorativo. I nostri ragazzi hanno un’età che va dai 24 anni ai 44 anche se hanno un approccio alla vita fanciullesco. Io stesso sono genitore di un figlio con sindrome di Down e vi assicuro che la mia più grande preoccupazione è quella della sua vita “dopo”, quando io e sua madre non ci saremo più. Ecco perché è importante che questo progetto non si concluda ora. È vero, per i ragazzi è stata un’esperienza nuova, all’inizio l’hanno vista come un’attività per stare insieme e socializzare, specie perché arrivava dopo le chiusure del Covid e questa tipologia di ragazzi soffre esageratamente l’isolamento. Per lo stesso motivo è nata l’associazione che oltre allo judo li prepara anche nel nuoto e nell’atletica leggera, perché lo sport è aggregazione e attività motoria. Ma dobbiamo andare oltre, sapendo che l’impegno per questi ragazzi è lo scoglio più grosso. Ecco perché era importante che si appassionassero e che desiderassero continuare. Perché il progetto adesso è concluso e questo vuol dire che i fondi sono finiti. Da qui la necessità di continuare con la commercializzazione, che è quello che stiamo cercando di fare con Vito, per garantirgli un’attività di autosostentamento”.

E chissà che in futuro non si riuscirà ad aprire, come da desiderio dei ragazzi e dell’associazione, un pub in cui a somministrare la birra saranno direttamente i ragazzi. Intanto l’obiettivo, condiviso con Bruno Ribadi, è quello di lanciare il brand nel mercato, puntando a dei locali “faro” dove proporre la T21 al fine di far conoscere, non solo il prodotto, ma anche gli stessi produttori. Un modo per tenerli impegnati, farli sentire utili, farli divertire e pensare al loro futuro con più tranquillità.