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Vini e territori

Malvasia, la storia e le (tante) prospettive. “Ecco perché era il vino del Mito”

04 Gennaio 2016
Un_vigneto_di_malvasia Un_vigneto_di_malvasia

Un incontro in Sardegna per ricostruire le origini e il viaggio affascinante di questo vitigno nel Mediterraneo nel racconto di Attilio Scienza



(Un vigneto di Malvasia)

di Lorenza Scianna

Si è tenuto presso il comune di Modolo, il convegno sullo stato dell’arte della viticoltura in Planargia e sulle prospettive di sviluppo dell’areale Doc Malvasia di Bosa. 

Ha aperto i lavori Omar Hassan, sindaco di Modolo, in Sardegna che ha introdotto il concetto di bene identitario: “Ciascun territorio ha un bene che lo identifica più di altri. In Planargia è la Malvasia di Bosa.” Il convegno è stato l’atto conclusivo del progetto integrato “Manos de Oro” finalizzato alla conservazione e valorizzazione degli antichi mestieri e all’innovazione dei processi produttivi della cultura tradizionale.

Tra gli interventi quello del professore Attilio Scienza dell'Università di Milano, che ha affrontato il tema della Malvasia sviluppando due punti: il primo riguarda il ruolo del mito, fondamentale per ipotizzare il percorso e l’evoluzione delle varietà; il secondo, più pragmatico, si concentra in una proposta sulle possibilità di sviluppo del territorio usando questa varietà. Cominciando dal mito, Scienza descrive le tappe del viaggio di Ulisse, sottolineando che, in tutti i luoghi descritti da Omero, sono state ritrovate tracce di ceramiche euboiche. Gli euboi erano i navigatori più abili, gli unici che percorrevano il mare andando contro vento. Omero, costruisce la sua scenografia, attingendo da racconti di mercanti greci che navigavano il Mediterraneo e che ne conoscevano pregi e difetti, fascino e tormento. Questi viaggi, questi luoghi, sono dunque realmente esistiti, il mito porta con sé l’importante compito di raccontarli, di svelarli, di ricordarli. Allo stesso modo, ripensando ai grandi viaggi da Oriente a Occidente, di popoli fenici piuttosto che focesi o celtici, alla ricerca di ossidiana, di bronzo, di terre da conquistare, di seta, o di spezie, possiamo ipotizzare la storia della diffusione delle varietà. Viaggi che hanno riguardato tutto il Mediterraneo, dove l’uva appassita gradita ai marinai giungeva nelle terre toccate e lì rimaneva, testimone di questi percorsi. Viaggi, attraverso i quali, viene conosciuto il vino d’Oriente che unisce il pregio delle sue qualità organolettiche alla forza del valore del Simposio a cui lo legano i Greci. È così, secoli dopo, per il brand fortissimo che Venezia crea intorno al vino Malvasia, vino originariamente greco, poi prodotto con vitigni a bacca bianca e rossa provenienti dall’Italia, al solo scopo commerciale. Col nome “Malvasia” si identificava un vino forte, alcolico, dal sapore dolce. Un’incredibile operazione di marketing avvenuta tra l'anno 1000 e il 1300, durante la piccola glaciazione. La diffusione del vitigno Malvasia ha però radici più antiche e ci si chiede se sia arrivata con i greci o molto più tardi con gli spagnoli.



(Bosa e il suo castello)

All’analisi del Dna, i campioni di vite spagnoli sono distanti da quelli italiani, rispetto ai campioni greci, quindi, si ritiene più plausibile l’origine greca. Inoltre, attraverso l’analisi molecolare condotta con i microsatelliti è possibile risalire alle mutazioni avvenute nel tempo, sulle singole basi del dna e al gene interessato e anche sotto questo aspetto, la famiglia delle Malvasie presenta molte analogie con i vitigni greci. Più mutazioni si riscontrano nel luogo d'origine. 

Un tratto fondamentale è che La Malvasia di Lipari, la Malvasia Sarda, la Malvasia Gerace, la Malvasia di Sitges (Spagna) e la Malvasia Dubroavacka (Croazia) all’analisi del Dna risultano essere la stessa varietà; chiaramente si tratta di fenotipi diversi. Allora il vitigno parte dalla Grecia e arriva in luoghi diversi dove incrocia altre varietà e incontra ambienti diversi. Questo crea delle mutazioni in alcuni geni, fenomeni di adattamento, ma il Dna rimane uguale. L'uomo inoltre, nel tempo, compie le sue scelte, seleziona e riproduce il fenotipo che gli interessa di più. Sulle Malvasie trattate è stato analizzato il profilo aromatico che è un tratto discriminante per la tipologia di vino che ne deriva. 



(I basalti)

L'analisi aromatica, rivela la dominanza del Geraniolo dal caratteristico aroma di rosa e geranio e presenta differenze in concentrazione degli aromi imputabili ai diversi fenotipi e in particolare la Malvasia di Bosa e quella di Sitges risultano meno aromatiche rispetto a quella di Lipari e Gerace. Si può ipotizzare che i popoli che hanno usato o ereditato il metodo greco di vinificazione che prevedeva un lungo appassimento al sole, abbisognassero di uve molto aromatiche. Tornando in Sardegna oggi la Malvasia occupa 114 ettari in produzione con due Doc Malvasia di Bosa e Malvasia di Cagliari e 15 Igt I vigneti presentano grandi differenze, probabilmente per la presenza all’interno di biotipi diversi. Il valore di un vitigno autoctono è nel legame col territorio. Una sinergia che va curata e comunicata, dalla quale viene fuori un prodotto unico e tipico. Si potrebbe dunque impiantare un vigneto varietale provando nel territorio tutte le altre Malvasie, sia nella loro adattabilità all’ambiente che nell’attitudine alla vinificazione, al fine di potenziare l’aspetto qualitativo e di ampliare l’offerta dei prodotti ottenuti con la stessa varietà. Si potrebbe inoltre, approfondire un lavoro di zonazione. Vista la diversità di suoli presenti, dai basalti alle colline di arenarie e calcare, fino alle matrici più alluvionali, la zonazione potrebbe essere un indicatore su dove piantare la Malvasia, anche in funzione degli obiettivi enologici. 

“Paradossalmente, l’unica difesa per la tradizione è l’innovazione”. Una tradizione che si possa ancora oggi sposare e rispecchiare con l’identità di chi vive un luogo. Una tradizione che possa fare da traino ad un intorno commerciale sul territorio.