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Alla scoperta dei whisky asiatici: una sosta per un bicchiere al 13 Bootleg

04 Aprile 2018
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(Gianfranco Filizzola e Salvatore Di Gaetano)

di Costanza Gravina, Palermo

Ad aprirci la porta verso le ultime frontiere del whisky è il 13 Bootleg di Palermo, uno “spirit store” nato poco più di un anno fa dalla ferma passione per i distillati, in particolare whisky e rum, che ha unito i due soci ed amici, Gianfranco Filizzola e Salvatore Di Gaetano, nel progetto. 

Adagiati sulle poltrone di pelle, da un’ottica privilegiata, circondati da bottiglie con etichette esclusive ci affacciamo su un modo nuovo di vedere il whisky sempre più apprezzato e sempre più di moda, complice forse il boom scatenato anni fa dal celebre e premiato film ambientato in un lussuoso albergo di Tokyo “Lost in Traslation”; stiamo parlando dei whisky asiatici che affondano le loro salde radici in Giappone. L’origine della prima distilleria risale ai primi anni '20 ed è legata al nome di Masataka Taketsuru, nato da una antica famiglia di produttori di sakè e considerato il padre del whisky giapponese. Di ritorno dai suoi studi in Scozia portò a casa due grandi passioni, l’amore per una donna e quello per lo scotch whisky, distillato simbolo della tradizione scozzese. Nel 1924 in società con Shijiro Torii, farmacista di successo ed imprenditore, fondò quella che oggi si chiama Suntory, la prima distilleria di whisky situata nelle vicinanze di Kyoto, area famosa per l’eccezionale qualità delle sue acque. Taketsuru decise in attenersi fedelmente al disciplinare di produzione scozzese apportando qualche leggera modifica per adattarlo alle differenze di clima e di terreno. Nel 1934 decide di non abbandonare il suo sogno, si mette in proprio e fonda la Nikka sull’isola di Hokkaido. Sceglie il nord del Giappone perché secondo lui era la parte di territorio che più si avvicinava alla Scozia. La Suntory e la Nikka restano ancora oggi le aziende maggiori produttrici di whisky giapponese nel mondo. Iniziare la produzione del distillato scozzese in Giappone fu comunque una scelta coraggiosa e difficile che inizialmente non ebbe l’aspettato successo, passarono anni prima che il popolo del sakè riuscisse ad apprezzare un distillato diverso ed innovativo, così lontano da quelle che erano le abitudini locali. Ma la disciplina e il metodo che caratterizzano la cultura giapponese uniti all’arte scozzese nella preparazione dello scotch whisky non poteva che essere un successo. E se fino al 2000 questi prodotti gravitavano solo nel mercato interno a partire dal 2001 il susseguirsi di premi ricevuti e la vittoria sugli scozzesi, affermarono e confermarono la riuscita dei whisky giapponesi a livello mondiale, consacrando il Giappone come produttore di whisky oltre che di sakè.

Il mercato dei whisky giapponesi è assolutamente un mercato di nicchia dove spesso la richiesta del consumatore supera la disponibilità del prodotto che diventa introvabile anche nelle distillerie stesse. Questo tipo di mercato così elitario è rafforzato dalle particolari regole sulla distribuzione del whisky in tutto l’arcipelago. Ogni distilleria infatti affida la propria produzione per intero al distributore il quale ha il compito di smerciare in tutto il mondo compreso il mercato interno, rendendo spesso difficile la reperibilità di alcune bottiglie. I whisky giapponesi sono creati con particolare attenzione alla morbidezza del prodotto utilizzando i vecchi metodi di distillazione ormai quasi abbandonati dai maestri scozzesi. In Giappone il distillato viene consumato come in occidente,  gran parte è utilizzato nella preparazione di cocktail mentre quello di alta qualità viene bevuto on the rocks, in bicchiere con ghiaccio. In molte parti del Giappone è diffusa l’usanza di bere whisky con aggiunta di acqua calda in inverno e fredda in estate.

Ecco una panoramica del whisky in Asia riassunta in quattro bottiglie che danno un’idea delle diverse sfumature di caratteri legate principalmente al luogo di produzione. Sono tutti whisky naturali, senza additivi, coloranti, dolcificanti o aromi. Nessuno di questi whisky ha indicazioni di età di invecchiamento il che di per se non rappresenta un demerito, considerato il fatto che i climi ai quali sono sottoposti contribuiscono ad accelerare il processo di affinamento, se paragonati alle rigide temperature scozzesi. Negli ultimi anni, infatti, i whisky Nas (No Age Statement) hanno avuto sempre più ampia diffusione anche a causa di una domanda crescente di prodotto e com’è risaputo il whisky avrebbe bisogno di tempi molto più lunghi. Così per soddisfare le esigenze di un mercato impaziente si tende a produrre whisky più naturali, con invecchiamenti rapidi senza penalizzarne comunque la qualità.


(I whisky degustati)

Il primo whisky degustato è indiano, un single malt della distilleria Amrut Bangalore, India meridionale. E’ un whisky regolare, poco complesso. Prodotto da una selezione di varie tipologie di orzo indiano e scozzese, l’acqua proviene da sorgenti dell’Himalaya. Colore ambrato media intensità, al naso spiccano le note del cereale accompagnate da una nota dolce di vaniglia che si ritrova in bocca insieme ad una lieve speziatura e legno tostato, sul finale frutta a polpa gialla.

Il secondo, giapponese, della distilleria Chita, gruppo Suntory Whisky, è un single grain a base di cereali non specificati. Colore ambra pallido, al naso note più dolci date dal mais probabilmente, meno rotondo in bocca con note di cereali al miele, bucce di agrumi e vaniglia, finale di media lunghezza  in cui le note gentili di legno lo fanno quasi sembrare amaro.

Kavalan King Car Whisky è il terzo whisky degustato. Un single malt di Taiwan, una delle distillerie più importanti al mondo, che nell’ultimo decennio ha fatto scorpacciate di premi nei concorsi internazionali. L’azienda ha applicato alla produzione elevatissimi standard qualitativi ed il suo stabilimento è tra i più all’avanguardia da un punto di vista tecnologico. Colore ambra carico, al naso presenza di cereale è meno evidente rispetto ai whisky precedenti. Sono invece più delineate le note dolci di caramello e frutta esotica che si ritrovano anche in bocca insieme al tè verde.

Yoichi, Nikka Whisky, è l’unico whisky torbato di questa batteria e proviene dall’omonima distilleria localizzata ad Hokkaido, nel nord Giappone. si avvicina maggiormente ai grandi scotch, ma a differenza di questi la sua torba è molto più delicata, elegante e sofisticata. Le note di fumo non prevalgono sul resto, lasciando il posto a cioccolato ed arancia candita. Al palato è più speziato che torbato e presenta un finale di media lunghezza. Le bottiglie selezionate per la degustazione rientrano in fascia di prezzo medio alta e sono disponibili, insieme ad altre, al 13 Bootleg.

13 Bootleg
via Mariano Stabile, 33 – Palermo
091 778 9726