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Il prodotto

“L’oro rosso” dell’Etna profuma di zafferano: la scommessa di un gruppo di amici sul Vulcano

05 Febbraio 2019
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di Stefania Petrotta

Si dice che a 50 anni spesso ci si reinventi e si viva una nuova vita, più consapevole e, per certi versi, più soddisfacente.

È quello che devono avere pensato Claudio, Salvo e Franco, a cui si sono uniti in un secondo momento Ciccio e Giovanni, gruppo di amici cinquantenni etnei, ognuno proveniente da un ambito professionale diverso, che ad un certo punto hanno deciso di ragionare sulle proprie prospettive lavorative con l’obiettivo di trovare un nuovo ambito, che fosse anche una comune passione, che potesse piacere loro al punto da indurli a mollare tutto e a fare il “grande salto”. Si guardano intorno, si documentano e decidono infine di puntare sull’agricoltura. In particolare si appassionano a due colture, quella dello zafferano e quella delle bacche di goji.


(I fiori di zafferano appena raccolti)

La prima da reintrodurre nel proprio territorio, la seconda da sperimentare ex novo. Ed è partendo dall’Etna, a Muntagna, che decidono di impiantare lo zafferano, oggi noto con il marchio registrato di Rosso Etna. “Rosso non solo perché richiama i pistilli, ma anche perché rossa è la lava e rosso è il vino Etna rosso, il principale prodotto d’eccellenza che questo territorio offre. Rosso è quindi l’elemento che più contraddistingue la nostra terra” spiega Claudio e chiede che il cognome non venga specificato “perché ci interessa che prevalga il concetto della forza del gruppo, non il singolo”. L’avventura di questo gruppo di amici ha avuto inizio quattro anni fa, dopo vari viaggi per studiare le migliori realtà italiane, in Abruzzo, in Toscana, in Sardegna, di cui hanno selezionato quelle che maggiormente potessero adattarsi al territorio vulcanico. La scelta è caduta su una coltura, oggi alla terza produzione, in cui i bulbi sono piantati e lasciati a dimora per tre anni. “Si pianta ad agosto e si raccoglie da metà ottobre a metà novembre – continua Claudio – Si raccoglie tutte le mattine alle 6 perché il fiore dev’essere ancora chiuso, così si conserva meglio e non viene attaccato da fattori esterni. Il raccolto viene portato in laboratorio, si aprono i fiori uno ad uno e si estraggono i pistilli e già dalla sera il prodotto viene essiccato per un’oretta in forni ventilati a 45°. Alla fine avrà perso circa il 93% del proprio peso e potrà essere messo a maturazione per circa un mese, a conclusione del quale potrà essere utilizzato”.


(Campo di zafferano)

Ogni raccolto rende circa 2 chili di zafferano, il cui peso naturalmente varia a seconda dell’annata, che viene venduto a 30 euro al grammo. Oggi il Rosso Etna è riconosciuto dagli addetti del settore come un eccellente prodotto di prima categoria che al naso restituisce sentori di liquirizia, rendendolo così unico per un impiego in cucine tradizionali ma non solo. Viene infatti richiesto dai ristoranti della zona, anche stellati, ma anche da piattaforme commerciali che vendono prodotti di alta qualità. Oltre a Claudio e ai suoi amici, oggi l’Etna conta altri quattro realtà di produttori sotto il marchio Rosso Etna, tutti rigorosamente locali e tutti in biologico, nei territori di Linguaglossa, Castiglione di Sicilia e Randazzo.


(I pistilli di zafferano)

“Tra gli obiettivi futuri – conclude – oltre a possibili sbocchi nell’ambito della nutraceutica, che però stiamo ancora studiando, c'è quello di creare un consorzio per avere uno strumento operativo attraverso il quale portare avanti il nostro marchio. Ci piace il pensiero di creare una rete ancora più fitta insieme a tutti quelli che, come noi, combinano un’agricoltura di stampo tradizionale con l’innovazione, che per noi è sostanzialmente ricerca e rete. Il fine ultimo è quello di lavorare tutti insieme, di divulgare i prodotti migliori, di comunicare l’amore per la nostra terra senza alcun sotterfugio. Da cui anche la scelta del biologico. Insomma, tutto questo è quello che vogliamo mettere dentro il prodotto. Cose banali che fanno grande un prodotto.” Tanto banali non si direbbe, verrebbe da aggiungere.