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Un’ambasciatrice della Calabria Revolution a Strongoli, la cucina di Caterina Ceraudo

30 Gennaio 2014
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In foto Roberto Ceraudo (al centro) con i figli. Da sinistra Caterina, Susy e Giuseppe

A quattordici anni si nascose nel cofano della macchina del padre pur di ritornare nella sua terra da Roma, dove la famiglia si era trasferita.

E appena ventenne si presentò ad una banca chiedendo finanziamenti per dare vita ad un'azienda agricola tutta sua. Erano gli anni '70. Il giovane in questione è Roberto Ceraudo, diventato uno dei volti del Made in Calabria, firma  tra le più conosciute di vino e di olio. Questa recensione che vede protagonista una ragazza la iniziamo proprio dal flashback che riguarda suo papà, perché quella che  vi raccontiamo è una storia degli anni fiorenti della vita e delle scommesse che la alimentano. Roberto Ceraudo ne è l'emblema. Un personaggio che ha capito la ricchezza della sua terra nell'epoca in cui tutti le volgevano le spalle, quando  tantissimi in quella regione mettevano migliaia di chilometri tra la casa natale e il futuro approdo del nord, o oltreoceano, che offriva prospettive e lavoro. Il suo piccolo mondo lo mette in piedi a Strongoli, in contrada Dattilo. Sceglie uno degli angoli più vocati della regione, nel crotonese, perché lì la vite e l'ulivo forgiano il paesaggio, e la sua storia, da sempre (come testimona nella sua imponenza il nume tutelare dell'azienda, un ulivo che risale al 1400 e che domina sul bordo piscina).

Bucolica, tra dolci colline e il mar Jonio, la tenuta curata da Roberto è lussureggiante, piena di vita pulsante (in ogni aspetto della coltivazione e della produzione si osserva con rigore la regola della sostenibilità e il regime biologico),  ed è intrisa dell'energia peculiare della gioventù, che Roberto non ha mai perso. In fondo, è un ragazzo cresciuto, lo sguardo, la mole, il carisma sono quelli di un sognatore e di un infaticabile. A fare squadra insieme a lui ci sono i suoi figli, giovani anche loro convinti in una Calabria che dà frutti unici al mondo e che soprattuto può dare da vivere. C'è Giuseppe (32 anni) che si occupa della cantina. E c'è Susy (35) che ha lasciato Milano lasciandosi trasportare dal richiamo delle sue radici. E' il braccio destro del padre, segue l'azienda e serve anche in sala nel ristorante della tenuta. Qui lo spazio è lasciato invece alla piccolina di casa, Caterina  che ne ha preso recentemente il comando. Anche quest'anno il ristorante si fregia della stella Michelin ottenuta la prima volta sotto la guida di un altro grande uomo della scena gastronomica meridionale, il lucano Frank Rizzuti, oggi chef/patron di Cucina del Sud a Potenza, anche esso ristorante una stella Michelin. 

Abbiamo voluto degustare il nuovo capitolo culinario del ristorante Dattilo per conoscere la mano di questa cuoca di 26 anni. Si è messa in gioco con un progetto ben preciso proprio come fece il padre quando ebbe la sua età, un ciclo o un destino che, in modo diverso, inevitabilmente si ripete e che tocca tutti i Ceraudo. Potere magnetico della terra di Calabria. Il percorso formativo parte, appunto, dalla tenuta dove è nata e che le ha fatto da scuola a cielo aperto, prosegue nella Facoltà di Enologia e si affina a Castel di Sangro, in Abruzzo, al corso di alta cucina tenuto da Niko Romito, da poco nell'olimpo dei tristellati.


Caterina in cucina (al centro)

Dinamica e determianta, Caterina sembra padroneggiare il ruolo che ha assunto anche se si trova nel pieno dell'evoluzione. Facciamo una piccola incursione nel suo regno abbellito da ceste di rose, nota insolita in un quartier generale dove il ritmo è frenetico, i tempi rigidi e la tensione a mille. La troviamo concentrata e con il volto sereno, forse perché anche circondata da sole donne che la seguono ai fornelli. Dimostra voglia di sperimentare.  Nei suoi piatti si evince lo studio del territorio e delle origini. Queste non le perde mai d'occhio e cerca di calibrarle con uno stile fresco, didascalico fino ad un certo punto. Poi creatività q.b. senza eccessi manieristici che lascia trasparire una tensione all'equilibrio. La strada intrapresa non la intimorisce, come ci dice “stare ai fornelli per me è del tutto naturale e poi gli studi in enologia danno un buon assist”, e chiedendole come ha intenzione di portare la bandiera dell'alta cucina calabrese risponde: “lavorando sodo per crescere e senza fare altro che servire nel piatto quello che qui abbiamo sempre mangiato ed ereditato dalla tradizione”. La tecnica è in via di affinamento ma Caterina procede di buona lena. E' accesa dallo stesso orgoglio che motiva altri giovani chef che hanno dato il via alla “calabria revolution”: Luca Abruzzino, ventiquattrenne insignito giovane chef emergente del sud da Luigi Cremona e che adesso opera ai fornelli insieme al padre a Catanzaro e sotto la stella Michelin conquistata quest'anno; Gennaro di Pace, altro giovane che ha studiato la professione in giro per l'Italia e da due anni ritornato nel suo paesino abbarbicato ai piedi del Pollino, a Saracena, con Osteria Porta del Vaglio; Nino Rossi, vulcanico cuoco a Santa Cristina d'Aspromonte, giramondo e recentemente nominato dal Norwegian Seafood Council Ambasciatore italiano dello stoccafisso di Norvegia; o ancora Emanuele Lecce, figlio di Pietro Lecce e Denise del rinomato la Tavernetta di Camigliatello. 

Il menu degustazione proposto da Caterina si è aperto con una mousse di provola e basilico, con la seppia e un hamburgher di podolica con pepe di Sichuan insaporito da una salsa delicata di maionese e ketchup magistralmente preparata. Fragrante e ben lavorato anche il pane. A completare questo primo atto, il sottobosco: una vellutata di patata della Sila con terra di timo, terra di porcini e funghi passati in padella. 


Mousse di provola e basilico


Seppia


Hamburgher di podolica


Sottobosco

I primi sono un omaggio al territorio con qualche influenza nordica. Delicati gli gnocchi di ricotta con crema di peperone, ortaggio “pilastro” della cultura gastronomica calabrese, e spinaci. Ben riuscita anche l'interpretazione della 'nduja che Caterina ha lavorato come ripieno di tortelli, serviti poi in brodo.


Gnocchi di ricotta


Tortelli alla 'nduja

Il secondo ha visto protagonista un filetto di dentice caramellato con vellutata di patata viola, melograno, arancia e cavoli.


Filetto di dentice

Nei dessert un exploit di profumi e aromi. Esecuzione perfetta sia nella mousse di cioccolato e rosmarino che nella sfoglia con gelato all'ananas, zabaione e miele di corbezzolo.


Mousse di cioccolato e rosmarino


Millefoglie

Manuela Laiacona

Ristorante Dattilo
Contrada Dattilo, 88816
Strongoli, Crotone


Tel. 0962 865613
Aperto: periodo invernale – g
iovedì, venerdì, sabato a cena e domenica a pranzo. Gli altri giorni si apre solo su prenotazione. Periodo estivo: sempre aperto a cena.
Chiusura:  8 gennaio – 13 febbraio
Carte di Credito: Visa, American Express, Diners Club, Master Card