Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 188 del 21/10/2010

TERRE DI VINO Tre zone, una costiera

21 Ottobre 2010
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TERRE DI VINO

Viaggio nella Doc sotto la denominazione Costa d’Amalfi, suddivisa nei territori di Furore, Tramonti e Ravello. Ecco le loro caratteristiche

Tre zone, una costiera

Per omaggiare le mie origini campane scrivo il mio primo articolo per Cronache di Gusto parlandovi della Costiera Amalfitana, dei suoi terrazzi e della viticultura unica di questi luoghi.

La DOC sotto la denominazione Costa d’Amalfi ha tre sottozone: Furore, Tramonti e Ravello.

“Furore il Paese Dipinto”
Furore si trova nella Costiera Amalfitana patrimonio dell’Unesco tra Amalfi e Positano, a quote comprese tra i 200 ed 600 mt sul livello del mare
Si può raggiungere questo atipico paesino venendo da Napoli e attraversando perpendicolarmente la Costiera, in direzione Agerola, piccola località montana che merita una sosta e famosa per il “Provolone del Monaco” ed i suoi tanti prodotti tipici: la carne che ancora si deve masticare, il miele, il pane, le castagne, i fichi e tanto altro.
Renderei ancor più famosa Agerola per il suo dormire e mangiare bene ancora con pochi euro e l’accoglienza che è quella dei paesini di campagna di una volta.
Percorrendo la strada che scende verso la costa superando crinali e balze, ci si imbatte in belvederi con una vertigine di panorami mozzafiato a picco sulla roccia e sul mare ed è impossibile non bloccare il traffico per scattare una, due, cento foto.
L’altra possibilità per raggiungere Furore è percorrere tutta la Costiera da Sorrento/Castellammare di Stabbia verso Salerno o viceversa attraverso stradine e gallerie scavate nella roccia dolomitico-calcarea e ammirando per tutto il percorso i limoneti sostenuti da pertiche di legno che danno origine al più famoso liquore di limoni del mondo.
Arrivando a Furore non aspettatevi di trovare la classica piazza a ciambella tipica di ogni paesino del nostro immaginario, poichè qui lo spazio è utopia ed una piazza avrebbe rubato troppa terra all’agricoltura.
Lungo tutte le strade numerosi dipinti ed affreschi da cui il nome “Il Paese Dipinto”. Viticultura d’eccellenza, eroica ed estrema allo stesso tempo, con pendenze del 60-70%, dove unghie di terra sono state rubate alla roccia inventandosi ingegnose terrazze,le cosiddette “macere”, sostenute da muri a secco costruiti pietra su pietra senza malta e dove le viti escono letteralmente dalle pareti. Le stesse poggiano su pergolati costruiti in castagno naturale e legati esclusivamente con il salice, appositamente coltivati per lo scopo e che abbondano sui Monti Lattari.
Solo in Valtellina e nelle Cinque Terre è possibile ammirare qualcosa di simile. Incredibile immaginare poi che costruiti i terrazzamenti, c’è stato da portare lassù la terra, a spalla. Una fatica pesante, che ha mobilitato nel tempo l’intera comunità.
I contadini alternano la loro attività diurna di viticoltori a quella notturna di pescatori e sono proprio loro i veri custodi di questo territorio, irripetibile, mantenendo e recuperando i muri ed i pergolati, stretti tra scogliere e terrazzamenti a picco sul mare, ormai indissolubilmente legati al panorama di questi luoghi.
Siamo in una terra dove le uniche macchine della vendemmia e del diserbo sono le mani e dove un chilo d’uva da vino si vende tranquillamente (e forse giustamente) intorno ai 3 euro.
Piantare le viti “In parete” è un’antichissima pratica dei contadini locali per poter sfruttare ogni centimetro dello spazio sottostante per altre colture tipo fagioli, fave etc. Un sistema dagli incerti confini, tra il vigneto e l’orto poichè la terra è veramente poca e va tutta sfruttata.
I fagioli, piatto tipico e ghiotto dei contadini locali, sono di nove tipi diversi, si chiamano Pallatiello, Janco, Niro, Borlottino, Riginiello, Tabacchiello, Marrò, Verdone e Viola.
La vite che qui ha origini forse ancor più remote del periodo della Roma imperiale, in passato abbarbicata a sostegni vivi, quali noci, nespoli e mandorli, creando dei vigneti-frutteti, è stata in seguito tutorata con pertiche e fatta crescere su pergolati a intreccio.
Questa pratica, inconsapevolmente all’inizio divenne utilissima poi, per proteggere le radici dal caldo siccitoso dell’estate,  essendo la terra di riporto su questi terrazzamenti spesso non più profonda di 20-40 cm.
Ci sono fazzoletti di terrazze dove anche capre e conigli hanno difficoltà e paura ad arrampicarsi e dove piante franche di piede ed ultracentenarie, sfidano la natura.
In queste condizioni ed in questi luoghi, anche i movimenti dei portatori di cassette durante la vendemmia, devono essere cadenzati e sicuri per evitare di cadere dagli improbabili scalini di pietra e trovarsi giù a mare.
Le varietà coltivate, bianche e rosse hanno nomi antichi, solari e felici come Taralluzzo, Piedirosso, detto anche Per e’ Palummo, Tronto di Furore, Sciascinoso, Fenile, Ginestra, Ripoli, Biancatenera, Biancazita, San Nicola, Pepella, Aglianico, Coda di Volpe, la Canajuola, la Mannavacca.
Non mancavano nella coltivazione della vite le uve da tavola, come la Marzolla, l’Uva Rosa, la Moscadellone, l’Uva Fragola e altre, ma la specialità tipica della Costa d’Amalfi era l’Uva Passa: acini seccati e avvolti in foglie di limone. Quelli, insomma, che ancora oggi si chiamano Follovielli, dal latino folium volvere.
Buona parte della produzione viene assorbita dalle famose località turistiche della zona con grande successo essendo i bianchi, i rosati ed i rossi prodotti di grande ed insospettabile qualità.

“Tramonti
Percorrendo la strada che attraversa il centro di Maiore paesino della riviera, arrampicandosi su per la montagna, raggiungiamo dopo 6 km Tramonti.
Paesino nato dove il Vesuvio incontra la Costiera Amalfitana nel cuore del Parco dei Monti Lattari. La viticultura anche in quest’area è antichissima e le altitudini, circa 800 metri sul livello del mare,  hanno selezionato varietà differenti dalla costa e spiccano il Tintore ed in quota minore il Piedirosso più piccole quote di uve a bacca bianca. Nei ristoranti della zona infatti la cucina di mare si accompagna a carni, funghi, formaggi e profumatissimi salumi tipici, da carni di animali allevati localmente.
La vite è coltivata sempre a Pergola su terreni ricchi di pomice scura segno della passata attività piroplastica del vicino e temibile vulcano.


Stoccaggio di pertiche di castagno per la realizzazione dei pergolati

Gli spazi sono più ampli per le colture, rispetto a Furore, ed i terrazzi meno scoscesi, ma la pratica di utilizzare la terra per la doppia coltura è ancora più  frequente. Passeggiando tra i filari sotto il tetto di foglie e grappoli ancora da vendemmiare, mi sono imbattutto in ceppi di dimensioni mai viste prima che lasciano a bocca aperta giornalisti ed addetti ai lavori e che smentiscono categoricamente i testi dove si racconta che la vite abbia un declino qualitativo dopo i 30 anni. Sono forse le viti più antiche d’Italia.


 


Foto di viti ultracentenarie a Tramonti

Il Tintore è la varietà più diffusa in assoluto ed essendo la cucina della costa a base di pesce non aveva trovato collocazione nelle zone più turistiche, veniva infatti riversato nella zona di Gragnano e Lettere come uva da taglio per aggiungere colore (non a caso si chiama Tintore) ed acidità ai famosi vini frizzanti di quelle aree.
Adesso vinificato anche in purezza e con tecniche moderne, talvolta invece in compagnia del Piedirosso, dà vini dai colori intensissimi, giustamente tannici, freschi e con sentori carnei/ematici molto tipici.

“Ravello”
Altra deviazione dalla Costiera verso la montagna attraverso un percorso da non proporre ai deboli di stomaco e da affrontare con estrema lucidità, ci porta a Ravello dove nulla di nuovo si aggiunge a quanto già descritto e forse con un po’ meno fortuna qualitativa. Meglio forse visitare questa sottozona per il suo splendito festival della musica classica, per visitarne i giardini, le ville e sfruttare incredibili panorami da cartolina.
La Costiera è un luogo magico, indimenticabile e che merita certamente una o più visite, attrezzati di buone macchine fotografiche e scarpe da trekking per godere nel modo più naturale il fantastico “Sentiero degli Dei”. Sarebbe ideale viaggiare in macchina d’epoca o su vespa storica perché la costiera é uno di quei posti fuori dal tempo dove si ha la netta sensazione di vivere la dolce vita felliniana.

Danilo Conti