Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 188 del 21/10/2010

SALONE DEL GUSTO Romanée Conti, il mito nel bicchiere

22 Ottobre 2010
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SALONE DEL GUSTO

Straordinario incontro- degustazione al Salone del Gusto in compagnia del produttore. “Al vigneron non manchi mai l’umiltà” e nel bicchiere un tripudio di emozioni

Romanée Conti,
il mito nel bicchiere

Dialogando con Hubert de Villaine, proprietario della Romanée-Conti, non ci si aspetta certo di trovarsi di fronte ad un uomo semplice, sorridente e vestito di colori autunnali.

E’ certamente più facile immaginarlo un ricco imprenditore che ha decretato il successo mondiale della sua azienda e che si è dimenticato della vigna. Così non è. L’uomo che abbiamo davanti è un signore sulla settantina che parla del vino con umiltà e che riconosce nella modestia e nella passione le uniche virtù del vigneron.
E’ un grande privilegio ascoltare la storia della Borgogna e del domaine Vosne – Romanée da chi, come de Villaine lo ha visto quando non era ancora il terroir più osannato del mondo e quando sui suoi vini non erano ancora i più importanti della Borgogna e, con molta probabilità dell’intero pianeta. “Non credevo che il mio destino fosse nel vino. Ho studiato giurisprudenza e lettere, e solo dopo il servizio militare ho compreso che era questo che volevo fare nella vita, seguire l’azienda di famiglia. Così ho chiesto a mio padre se potesse prendermi con sé tra gli operai. E’ cominciato tutto così, ed ora non posso fare a meno delle mie vigne. Ho avuto un’educazione sentimentale che mi ha fatto amare e rispettare le mie piante”.

Gli occhi di Hubert de Villaine non nascondono un filo di timidezza durante l’incontro con la platea, ma diventano improvvisamente seri quando racconta la qualità più importante del vigneron, l’umiltà. Una filosofia molto semplice, che si fonda sul non concepire il vino come proprio, ma solo come il frutto di un territorio splendido. “L’uomo fa parlare il vino senza imporre la propria idea ecco perché l’uso di fertilizzanti non è consigliabile- spiega de Villaine –   Altra fondamentale qualità di chi fa il vino per mestiere è la pazienza, la capacità di avere una visione a lungo termine, che in un’epoca come questa è auspicabile anche nella vita”.
Due splendidi vini in degustazione, hanno spiegato ancora meglio questa filosofia della pazienza. Abbiamo degustato un Échezeaux 2006 ed un Romanée-St-Vivant 2001 che si sono presi il giusto tempo per aprirsi e mostrarci tutta la loro eleganza.

De Villaine ci invita ad attendere prima di bere, lasciando che il vino cominci finalmente a danzare nel bicchiere ed uscendo dalla prigionia della bottiglia. 
“Due annate che si sono caratterizzate per essere partite non benissimo, con una maturazione più lenta, ma che però hanno avuto il privilegio di conoscere il cosiddetto miracolo borgognone, ovvero un settembre soleggiato” spiega il proprietario.
L’ Échezeaux 2006 è immediato, mostra una straordinaria complessità aromatica di sottobosco, che sa evolversi in note molto dolci e piacevoli. Quello che colpisce è il territorio, il modo in cui sia spinto dentro al bicchiere. La pienezza sensoriale è davvero fuori dal comune e ci si sente appagati da cotanta materia. Tannini morbidi sanno non stufare mentre la dolcezza arriva presto in bocca.
Il Romanée-St-Vivant? 2001 vuole farsi aspettare come una donna al primo incontro. Ha un colore ben più scarico e una gamma di profumi terziari più evidenti. La mancata opacità, è frutto della scelta di non filtrare nessun vino per garantirne integrità. Anche qui la dolcezza fa da padrone, l’affinamento non ha dimenticato il frutto che ritorna vivace a tratti.
Degustare questi vini in bilico tra un affinamento lungo ed un frutto pronunciato sembra paragonabile ad ascoltare parlare uno straniero che dopo anni in un altro paese, che parla fluentemente la nuova lingua, ma non dimentica il suo accento natìo. Così l’accento del frutto torna sull’affinamento.
La platea ci appare estasiata dopo la degustazione e c’è chi è pronto a farsi autografare una bottiglia.
Entrambi i prodotti possono vivere ancora a lungo, proprio la longevità è un aspetto che de Villaine non tralascia di sottolineare come sinonimo di qualità. “Quando mi chiedono se c’è differenza tra i vini prefillossera e tutti gli altri, molti si aspettano che io faccia riferimento al fatto che siano più concentrati, invece l’unica differenza che ho riscontrato è la longevità, i vini prefillossera sono grandi perché sfiorano l’immortalità”.
 Alla domanda se è possibile migliorare dei prodotti già così eccellenti, la risposta è secca. “Si, certo che si può migliorare, nel materiale vegetale della pianta e nella longevità. I vini non cambieranno gusto, ma sapranno affascinarci più a lungo e miglioreranno nella concentrazione e nel frutto, le due migliori qualità di un vino”.

Laura Di Trapani