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La curiosità

Cala il numero degli alveari in Europa. Gli scienziati lanciano nuove ricerche

13 Gennaio 2012

La teoria di Albert Einstein>, famosissimo fisico statunitense di origine tedesca, preoccupa il mondo.

 A 55 anni dalla sua scomparsa, infatti, le sue parole sembrano trovare riscontro nella realtà degli eventi. A confermarlo un team di scienziati> che sostiene che, dal 1965 ad oggi, nell’Europa centrale, il numero di alveari si è ridotto in maniera drammatica. Secondo i ricercatori, il cui lavoro è stato coordinato dal dottor Simon G. Potts>, dell’Universita di Reading>, nel Regno Unito, le api da miele, come anche le api selvatiche e le mosche bianche, stanno letteralmente lottando per la sopravvivenza. Per l’equipe di scienziati i risultati evidenziano un imminente collasso del sistema dell’impollinazione che avrà conseguenze catastrofiche anche nelle coltivazioni.

La scoperta, pubblicata integralmente sulla rivista Journal of Apicultural Research>, conferma un problema già segnalato dagli apicoltori. L’importanza dei risultati sta nel fatto che essi riguardano la maggior parte dell’Europa, non soltanto i singoli paesi. Gli scienziati hanno analizzato dati disponibili nelle relazioni nazionali e nelle riviste specialistiche degli apicoltori, e grazie a questi hanno potuto determinare il numero complessivo di alveari e apicoltori. Sulla base di questi dati, il team ha ricostruito la situazione degli alveari in 14 paesi europei tra il 1965 e il 1985, e in 18 paesi europei tra il 1985 e il 2005 (esclusi Spagna, Francia e alcuni Stati membri dell’Europa orientale). Le loro scoperte rivelano che i paesi dell’Europa occidentale e centrale hanno visto diminuire il numero dei loro alveari a partire dal 1965. Nella Repubblica ceca, Norvegia, Slovacchia e Svezia è stato osservato un affievolirsi dei numeri dal 1985.

In alcuni paesi si registra un fenomeno inverso, al contrario, in Europa meridionale, in particolare Grecia, Italia e Portogallo, è stato registrato un aumento del numero di alveari tra il 1965 e il 2005. La maggior parte degli scienziati ipotizza che la causa va cercata nei cambiamenti sociali ed economici: l’apicoltura non è più quella di una volta. Il lavoro manuale è stato sostituito dalle macchine e la richiesta di maggiori guadagni da parte della popolazione rurale ha reso i prodotti basati sullo zucchero economicamente più appetibili.

“I costi del trattamento delle malattie delle api sono cresciuti in maniera tale che a volte un trattamento può costare l’equivalente dell’intero guadagno annuale di un alveare, rendendo quindi non redditizia quest’attività su scala ridotta”,ha detto Potts -. Inoltre, il problema delle malattie, in particolare quella causata dal V. destructor> (un acaro parassita esterno che colpisce le api), ha probabilmente anche ridotto l’attrattiva dell’apicoltura come passatempo”.

Nonostante i risultati dello studio, sono comunque necessarie ulteriori ricerche. “Dal momento che le prove a disposizione sono poche, non è possibile individuare uno stimolo efficace per ovviare alla diminuzione degli alveari in Europa e neanche si è in grado di rispondere alla tendenza negativa relativa ad alveari e apicoltori – ha spiegato il coautore dottor Josef Settele> del Centro Helmholtz> per la ricerca sull’ambiente (UFZ) -. “Questo crea ovviamente un urgente bisogno di normalizzazione dei metodi di valutazione, soprattutto riguardo al numero degli alveari. Tali metodi armonizzati e affidabili dovranno costituire la base di qualsiasi ricerca tesa a chiarire e amitigare la perdita degli alveari”. Al progetto, denominato ALARM> (Assessing large-scale environmental risks with tested methods) hanno collaborato oltre 200 ricercatori di 35 paesi e 68 organizzazioni partner.
 

Giorgio Vaiana