Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 50 del 28/02/2008

L’INCHIESTA Fiera, quanto mi costi?

28 Febbraio 2008
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    L’INCHIESTA

Sembra non se ne possa fare a meno eppure non tutti i produttori di vino sono soddisfatti sull'organizzazione delle kermesse in giro per il mondo. Ecco come la pensano

Fiera, quanto mi costi?

Spesso caotiche, a volte non perfettamente rispondenti alle esigenze delle aziende, eppure indispensabili. Le fiere di settore lasciano un po’ perplessi alcuni tra i più noti produttori di vino nell’Isola, ma su una cosa sono tutti d’accordo: bisogna esserci.

spatafora1.jpgPer farsi conoscere, per allargare gli orizzonti dell’azienda, per creare nuovi contatti, per non restare tagliati fuori dal mercato.
Dal Vinitaly di Verona al Vinexpo di Bordeaux, da Montpellier al Prowein di Düsseldorf fino a Tokyo, ogni anno è una girandola di appuntamenti fieristici ai quali le aziende, dalle più piccole alle più grandi, scelgono di partecipare, spesso con un notevole investimento in termini di tempo e denaro.
“La nostra è una piccola azienda – racconta Ciro Biondi, della ViniBiondi di Trecastagni in provincia di Catania – e abbiamo scelto di partecipare solo al Vinitaly (investendo circa 4 mila euro) che rappresenta per noi una buona occasione per incontrare i clienti che vengono da varie parti del barbera2.jpgmondo. È utile per avere dei contatti ma è il posto peggiore in cui assaggiare il vino – continua Biondi – che per essere degustato richiederebbe tranquillità e giusta temperatura, cose che certamente il Vinitaly non offre”.
“Delle fiere non si può fare a meno ed incidono sul nostro fatturato per il 4% – afferma Francesco Spadafora, dell’azienda di contrada Virzì a Camporeale (Palermo) –. Esserci è utile perché sono occasioni commerciali ma, in realtà, credo che bisognerebbe cambiare un po’ la formula. La fiera non deve essere accoglienza di persone – continua – ma un luogo per aziende selezionate. Bisognerebbe realizzare workshop, fare adeguate campagne di marketing come, ad esempio, si fa a Montpellier. Il Vinitaly? Io lo chiuderei ai visitatori”.planeta3.jpg
Della stessa idea è anche Marilena Barbera di Menfi, in provincia di Agrigento. La sua azienda partecipa, mediamente, a cinque fiere all’anno investendo circa l’otto per cento del fatturato, ma anche lei cambierebbe qualcosa nella formula delle rassegne più importanti come il Vinitaly. “Bisognerebbe lasciare spazio solo agli operatori del settore – spiega – facendo entrare magari solo gli appassionati che sono accreditati dalle aziende. Partecipare a queste manifestazioni è importante – sostiene l’imprenditrice, che è anche presidente del Consiglio interprofessionale vini Doc e Igt della provincia di Agrigento – altrimenti si rischierebbe di scomparire dalla carta geografica del vino. Spesso si trovano partner commerciali e senza dubbio aiutano a mantenere i contatti con quanti gravitano in questo mondo”.
occhipinti4.jpgL’azienda Planeta, tra Italia e estero, partecipa ogni anno ad una trentina di fiere con un esborso di circa 150 mila euro. “Esserci per le medie aziende siciliane è fondamentale perché aiuta a superare la naturale barriera creata dalla distanza territoriale rispetto a molti clienti – dice Santi Planeta – ma a volte l’utilità è inferiore alla spesa perché c’è poco ritorno in acquisti, per questo, secondo me – suggerisce – sarebbe più utile creare tanti piccoli eventi durante i quali far degustare il vino”.
Ha scelto di andare un po’ controcorrente Giusto Occhipinti dell’azienda agricola Cos di Vittoria, in provincia di Ragusa, che ha bandito il Vinitaly, “fiera troppo caotica e poco geraci5.jpgadatta alle esigenze dell’azienda. Noi – spiega – destiniamo circa 25 mila euro all’anno alle fiere, utili per le pubbliche relazioni, ma scegliamo luoghi più raccolti, privilegiando le visite in azienda”.
Anche Salvatore Geraci dell’azienda agricola Palari di Messina crede nell’utilità di fiere “ma meglio Merano del Vinitaly”, precisa.
Convito sostenitore della necessità di esserci anche Angelo Paternò, della tenuta dei Fossi nella Val di Noto. “La nostra è una piccola azienda e ancora non abbiamo partecipato ad alcuna fiera perché vogliamo prima completare la produzione – spiega – ma credo che sia importante paterno6.jpgesserci e le sceglieremo con accuratezza. Solitamente in queste occasioni non si vende nemmeno una bottiglia di vino, ma sono un “male necessario” per creare una rete di vendita e fare pubbliche relazioni”.
L’azienda Tasca D’Almerita di Regaleali, invece, ogni anno è presente ad una decina di fiere, tra istituzionali e locali. “Fino a qualche anno fa partecipavamo a molti più appuntamenti – dice il responsable Marketing Luigi Pavesi – ma adesso c’è troppa richiesta ed è necessario fare una selezione”. L’azienda investe in queste partecipazioni circa il 15 % del budget destinato al marketing (che ammonta al 3,5 % di quello complessivo). “Sono importanti momenti d’incontro – sottolinea Pavesi – con interessanti aperture verso i mercati esteri per la diffusione del made in Italy nel mondo”.

Clara Minissale