Mannino: “Il nostro vino ha fama internazionale”
Diciassettemila ettolitri. Questa è la produzione del Consorzio di Tutela dei vini dell’Etna doc. “Una produzione che punta prevalentemente ai rossi ed ai rosati – spiega il presidente del consorzio, Giuseppe Mannino -. Solo duemila e 800 ettolitri sono infatti i bianchi”. Dal 1994 ad oggi, ovvero dalla nascita del consorzio di tutela dei vini del Vulcano, “di strada se n’è fatta, soprattutto negli ultimi anni – prosegue Mannino –. Il vino dell’Etna è stato riscoperto non solo dai consumatori ma soprattutto dai produttori che sono tornati ed hanno deciso di investire in questo territorio”.
Un aumento di produzione che “si registra dal 2007 ad oggi”, afferma il presidente del consorzio. Diciotto sono i comuni che ne fanno parte, tutti ricadenti nel territorio della provincia di Catania. Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Paternò, Belpasso, Nicolosi, Pedara, Tre Castagni, Viagrande, Aci Sant’antonio, Santa Venerina, Giarre, Mascali, Zafferana Etnea, Milo, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Sant’Alfio. Si tratta di “oltre duecentosessanta ettari di territorio”. Sessantacinque i produttori che fanno parte del consorzio, di questi “ben oltre la metà, ovvero trentasette, sono imbottigliatori”, sottolinea Mannino. Il vino dell’Etna dunque, con il suo Nerello Mascalese ed il Nerello Cappuccio e i bianchi, Catarratto e Carricante, sembra resistere malgrado il periodo di crisi generale. A confermarlo sono proprio i produttori. Tra questi Marco De Grazia che durante il forum organizzato da Cronache di gusto per “tastare il polso” al vino siciliano, evento tenutosi martedì 2 marzo a Villa Malfitano a Palermo, ha detto: “L’Etna non esiste come vino in sè. Non è come un Chianti classico o un Barolo. È una creatura in costruzione”. E questo lascia dunque presagire la potenziale ascesa dei vini del Vulcano. Vini che “riscuotono un grande successo in America – fa sapere Mannino –. Ma anche in Olanda, Belgio, Germania. Bisogna tuttavia puntare al rafforzamento di questo export nato piuttosto da un “passaparola” dei nostri connazionali che si sono trasferiti in questi luoghi”. Due milioni le bottiglie prodotte sull’Etna, “il vino non sta bene, – conclude il presidente del Consorzio – ma sta forse meglio di altre realtà, come quella del Trapanese ad esempio”.
Sandra Pizzurro