Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 210 del 24/03/2011

L’EVENTO Les cru du l’Etna

24 Marzo 2011
contrade-hp contrade-hp

L’EVENTO

Dopo quattro anni è certo: Contrade, organizzato da Franchetti, ha fatto conoscere al mondo i vini del territorio. Ed ecco quelli più interessanti dell’ultima edizione

Les cru du l’Etna


Da sinistra Andrea Franchetti, il principe Gabriele Alliata di Villafranca
e Alessio Planeta

In Francia lo avrebbero chiamato ”Les cru du l’Etna” ma l’evento che organizza Andrea Franchetti a Passopisciaro, sul versante nord del vulcano, ormai da quattro anni, ha centrato in pieno l’obiettivo che si era prefisso

: far conoscere al mondo, dopo averlo fatto conoscere ai conterranei, (paradossalmente gli abitanti di Passopisciaro al turista che, qualche anno fa, chiedeva dove si trovasse contrada Guardiola, ubicata lì alle spalle delle loro case, non sapevano rispondere) le “Contrade dell’Etna”. E dove per contrada qui non s’intende un luogo fisico, un villaggio, un quartiere senese, bensì un area ben definita e ancor meglio ben legata ad una certa idea del vino come diretta e fedele espressione della terra, come frutto di una serrata opera di valorizzazione delle particolarità data da ogni esposizione, altitudine e dall’intimo rapporto fra territorio, vitigno e lavoro dell’uomo, che dà origine all’alchimia dei vini straordinari. Ma anche, nel caso dell’Etna, dalla caratteristica di un suolo vulcanico sempre ben diverso e variabile da un metro all’altro. E Franchetti ha fatto centro, esercitando strumenti didattici molto semplici, elementari, fatti di una grammatica facile ed accessibile (il vino è un linguaggio e si organizza con una grammatica) utilizzando il lessico delle etichette (che parlano spesso in siciliano) e rispettando la sintassi che ogni tipologia di vino occupa nella dieta ma anche nel modo e nell’occasione di consumarlo. Lasciando poi la retorica a chi al vino si approccia con un’ anima unta dalla cultura e dal gusto di ragionarci sopra. A coniugare e declinare il tutto Franchetti ha convocato nella sua, altre cinquantadue aziende dalle più grandi e storiche del vulcano, e dei coloni come lui qui approdati, alla schiera dei piccoli ma numerosissimi produttori che già sembrano rappresentare lo zoccolo duro dell’enologia etnea. I veri cru o i prodotti di nicchia arrivano da questo segmento “…e io lo avevo notato da subito –concorda Franchetti (ricordiamo che il suo doc dell’Etna, il “Passopisciaro 2005”, fu inserito da Robert Parker fra i migliori 50 vini italiani e a questa chicca oggi ha aggiunto in produzione altri quattro cru, il Rampante, lo Sciaranuova, il Porcaria e il Chiappamacine, anch’essi nomi di contrade da cui provengono i vitigni, ndr) e il successo che oggi sta godendo l’Etna sarà tutt’altro che effimero, sempre di più assomiglieremo alla Borgogna, non già per la tipologia dei vini ma per la filosofia nel vinificarlo”.

Infatti “Etna Borgogna d’Italia” è un brand ispirato da questo evento ed anche autentica è l’affermazione che il vino vero lo fa il vigneron etneo che raramente è un enologo, ma spesso un laureato in economia (Graci Aiello), un ingegnere (Scilio, Bevilacqua e Calabretta) un farmacista (Benanti). E c’è anche un “diplomatico” (Loredana Vivera laurea in Scienze diplomatiche tanto per citare alcuni esempi di una lista lunghissima) la quale chiosa: “Questi eventi servono per un nostro accrescimento culturale, per confrontarci, per meglio capire i nostri vini e soprattutto i nostri territori. Un evento, che ha abbattuto tutte le cortine e i tabù delle invidie e delle gelosia. Una vera grande prova di maturità, di emulazione e di fattiva cooperazione”. Ma soprattutto una bella “atmosfera di gruppo” come sottolinea anche Silvia Maestrelli (Tenute di Fessina) il cui nuovo bianco non ancora in commercio ha suscitato nello suo stand curiosità e apprezzamenti. Che ha chiamato (importanza del lessico) “A puddara” nome siciliano di una stella dell’Orione, cara ai pescatori del golfo di Ognina, che brilla nel cielo a settembre durante la vendemmia. Vino che nasce da una vecchia vigna ad alberello in altitudine nel versante sud del vulcano con basse rese e eccellente struttura. Tra le novità intriganti anche il bianco dell’Etna di Planeta che per i cavilli burocratici non potrà diventare al momento un dop. Lo ha ottenuto da un matrimonio ben combinato tra l’umile e misero Carricante e il nobile decaduto Riesling il cui apporto, solo per un cinque per cento conferisce sorprendentemente un bouquet unico e distinguibile. Di spiccata personalità anche gli etnei dei Tasca d’Almerita concepiti con la loro abituale filosofia di non trattare i terreni come espressione della natura, ma la natura come espressione di tutte le cose che la circonda. Nei vini che nascono in contrada Sciaranuova si riscontra in pieno questo linguaggio. Passando ai piccoli le coccarde dell’eccellenza spetterebbero a quasi la totalità degli espositori. Ma citiamo i vini più intriganti. Il bianco di Alice Bonaccorsi, l’Igt della “Terre di Trente”, il dop rosso “Vigo” dell “Fattoria Romeo Castello”, “il bianco Doc dell’Etna “Salisiri” dell’Az. Vivera, il sorprendente dop dell’az. Mannino un rosso che si presenta timido alla vista e al naso, per poi far esplodere in una prorompente personalità in bocca, il rosso (dop rosso “Cirneco”) e lo spumante cento per cento Pinot nero dell’Etna, della nascente “Terrazze dell’Etna” di Nino Bevilacqua ingegnere e vigneron. E, per concludere, con l’originalissimo “Quantico” dell’ Az. Giuliemi un bianco da uve Carricante ma trattate in vigna con i principi della fisica quantistica. Quei principi che stabiliscono che il mondo è fatto solo di materia ed energia. Due elementi molto protagonisti alle “Contrade dell’Etna”. Che per un giorno hanno reso un pezzetto di Sicilia come tanto sarebbe piaciuto a Sciascia.

Stefano Gurrera

{gallery}sgallery/contrade{/gallery}