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Il premio

I migliori 50 ristoranti del mondo, Ferrari premierà il miglior servizio di accoglienza

29 Aprile 2016
Raffaele_Alajmo Raffaele_Alajmo

di Michele Pizzillo

A rendere più “eccitante” l’attesa della classifica dei cinquanta migliori ristoranti del mondo si aggiunge, quest’anno, il “Ferrari Trento Art of Hospitality Award” che verrà assegnato al ristorante che si sarà distinto per il migliore servizio di accoglienza.

Ad annunciarlo a Milano è stato Matteo Lunelli, presidente e ceo delle Cantine Ferrari, entrate quest’anno nel gruppo dei partner di The World’s 50 Best Restaurants, la graduatoria che elenca ogni anno i locali al top della ristorazione mondiale attraverso il voto online di mille giurati, e che sarà presentata il 13 giugno prossimo a New York, al Cipriani Wall Street hotel e non più a Londra. In quest’occasione “Ferrari sarà il brindisi ufficiale che festeggerà i grandi della ristorazione mondiale, ma anche la bollicina che accompagnerà tutti gli eventi legati a questa importante iniziativa – ha detto Lunelli -. E che sarà anche un’occasione per raccontare il Trento doc, di come questa eccellenza è diventata ambasciatrice dell’arte di vivere italiana e, nello stesso tempo, della sua capacità di dare emozioni”.

E, a Milano, l’appuntamento sull’Arte dell’Ospitalità organizzato da Ferrari in una delle più belle location della città, Palazzo Serbelloni, aveva proprio lo scopo di parlare di quella magica alchimia che riesce a combinare in un perfetto equilibrio servizio, accoglienza e convivialità, rendendo veramente completa un’esperienza enogastronomica. In una parola: emozionare. Così, il ristoratore che saprà emozionare per aver creato un’esperienza unica grazie al livello del servizio, alla piacevolezza dell’ambiente e alla complessiva percezione dell’accoglienza ricevuta, secondo i mille votanti che scelgono i ristoratori top, conquisterà il premio “Ferrari Trento doc Art of Hospitality Award”.

E, per creare la giusta alchimia, a  Hélène Pietrini, direttrice The World 50 Best Restaurants, i Lunelli hanno affiancato personalità come Severino Salvemini, docente presso l’Università Bocconi, gli chef Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena (numero due l’anno scorso dietro ai fratelli Roca) e Andreas Caminada di Scloss Schauenstein della svizzera Furstenau, i direttori del The Clove Club di Londra, Daniel Willis, del ristorante Le Calandre di Rubiano Raffaele Alajmo w del Four Season hotel di Milano Mauro Governato e Marco Reitano, sommelier de La Pergola di Roma Cavalieri e presidente dell’associazione “Noi di sala”. Quest’ultimo, forse la voce più importante di questa tavola rotonda, non c’era per un grave lutto che lo ha colpito proprio in questi ultimi giorni.


(Massimo Bottura)

Diciamo che dopo la signora Pietrini, tutto il discorso è ruotato attorno alla sala o, meglio, all’emozione che possono creare i professionisti della sala e qui, Reitano è stato magistrale nel raccontare prima l’esperienza personale e poi quella di tanti altri bravi professionisti che contribuiscono a creare l’immagine della cucina italiana. Cioè, quell’emozione che a volte manca anche in locale di moda e che, spesso, si può trovare nelle trattorie, rendendo memorabile anche un pasto semplice, ha sottolineato Salvemini nel suo intervento che è stato una sorta di lectio magistralis sull’arte dell’accoglienza. Salvemini non ha tralasciato nessun aspetto del percorso da seguire per arrivare alla magica alchimia che amalgama tutti i tasselli della sala (accoglienza, arredo, luci, musica, silenzio) per assicurare al cliente un’esperienza indimenticabile. Insomma, l’emozione che si ha il desiderio di raccontare in qualsiasi occasione, di voler ripetere per eventi importanti che vanno annotati nel diario della propria vita. Insomma, un locale può dire di assicurare colazioni emozionanti, quando il cliente torna certamente per consumare piatti straordinari ma, soprattutto, per vivere un’esperienza da raccontare e, perché no, per sentirsi coinvolti nel processo produttivo del locale.

I “consigli” di Salvemini sono facilmente recepibili. Niente di difficile, insomma. Ci vuole solo la capacità di non fossilizzarsi su un solo aspetto della ristorazione ed essere consapevoli che i grandi piatti da soli non assicurano il successo. E, dopo tre interventi in inglese, è bastato Bottura, anche se l’abbiamo visto non molto cordiale a differenza del suo solito, ad emozionare l’uditorio con il racconto di come all’Osteria Francescana la sala è il “cuore” del locale, l’ambiente che assicura esperienze indimenticabili a quanti vi entrano, non solo clienti, perché riuscendo ad emozionare il personale del locale come pure i fornitori, il quadro diventa idilliaco. Alchimia di sala, quindi, al centro di tutto, ha detto Alajmo, forse più della cucina perché un’accoglienza scontrosa rende “indigesto” anche un grande piatto. Ma, a arricchire le esperienze ci ha pensato il direttore del Four Season, Governato, che ha evidenziato l’importanza di coinvolgere il personale a rendersi sempre più attiva nell’accoglienza dei clienti.

Improvvisamente, in sala, appare Gualtiero Marchesi. Che fai, non lo inviti a dire qualcosa? Oltretutto basta che il Maestro apra bocca che il livello del dibattito vola alto. E, ancora una volta il grande Gualtiero ha distribuito pillole di consigli, di saggezza, di emozioni con il suo intervento tutto improntato sull’importanza della sala e del valore degli uomini a cui è affidata, per il grande ristorante.