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Il prodotto

A casa del pane Dop di Altamura

31 Dicembre 2012
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Ore 6,30. Il forno è già sveglio, anzi ha già compiuto metà del suo lavoro.

Siamo ad Altamura, sulle Murge, in provincia di Bari. Il forno, rigorosamente a legna, è quello di Nunzio Ninivaggi, che da generazioni segue la tradizione della lavorazione e dà vita al pane Dop di Altamura. Gli ingredienti sono quelli di una volta: semola rimacinata di grano duro, acqua, lievito madre e un pizzico di sale marino. Tutto rigorosamente locale. Le fasi, sempre le stesse: impasto, formatura, lievitazione, modellatura e cottura.
Il fare laborioso ed organizzato, i movimenti fluidi e determinati mettono in scena un’arte, quella “bianca”, che fa rivivere la tradizione ogni giorno.
Il forno è uno scrigno di mazzaro, uno degli strati più duri e resistenti di pietra, che nasconde file di pane che attendono solo di crescere (ancora un po') e dorarsi.

Tutto inizia unendo la semola rimacinata di grado duro (100 kg), l’acqua (il 70-75%), il lievito madre (il 20%) ed il sale (il 2%). Senza dimenticare il legno di quercia che animerà il forno. Poi c'è l’ingrediente più importante: il tempo. Dura circa 4 ore, infatti, il processo di lavorazione del pane.

Gli ingredienti vengono amalgamanti da una impastatrice a bracci tuffanti che con il loro movimento e velocità simulano le mani, facendo, appunto, attenzione a non riscaldare la pasta e a non avere fretta. Dopo circa 20 minuti di lavorazione, l’impasto riposa per poi essere riposto su un grande tavolo dove si esegue la fase della formatura. Viene suddiviso e pesato. Il taglio è quello del mezzo chilo e di un chilo (in passato si parlava di 5-6). Per ottenere un 1 chilo di pane cotto, la forma deve pesare all’origine 1,300 grammi, che perdendo umidità ridurrà il suo peso durante la cottura. Le forme, in tutto circa 200, vengono riposte su lunghi “cassoni” di legno, adagiate su teli precedente infarinati e ricoperte di un ulteriore telo in cotone. Sono pronte a proseguire la lievitazione per altri 30 minuti. Nel frattempo il forno non resta in attesa senza far nulla, ma sforna biscotti (caserecci, paste tonde, mustacciuoli) e focacce, sia “al ferro” che “a terra”, in base all’utilizzo o meno della teglia.


Nunzio Ninivaggi mentre procede alla formatura del pane

Ci si avvicina al forno. Le mani sapienti e perfettamente organizzate di Nunzio ed i suoi due collaboratori riprendono le forme per l’ennesima volta.
Ora è arrivato il momento di modellarle: dal pane “morbido” (perché contenente più mollica e quindi una maggiore umidità), da quello “alto”, si passa a quello più basso chiamato “cappello del prete”. Con lo stesso impasto si realizza anche “u peccelatidde” una forma ovale e tagliata al centro, tesoro della tradizione popolare. Nunzio mostra anche come un tempo, quando i forni effettuavano solo prestazione d’opera, cioè infornavano il pane portato dalle massaie, venissero usati dei “timbri” con le iniziali del nome del proprietario per rendere riconoscibile il pane.


Si modella “il morbido”


Si modella il “cappello del prete”

Insomma davanti al forno si affaccendano due “artisti” che lo creano ed un terzo che inforna con le lunghe pale di legno, di diverse misure in modo da raggiungere tutti gli angoli del forno, al cui interno ora la temperatura si approssima ai 250°. Vi resteranno per 1 ora. Ecco il risultato finale: un pane fragrante, che durerà per giorni, mollica dorata custodita dalla crosta bruna e croccante, su cui è applicato il bollino distintivo del Dop. Questo è il pane di Altamura.
 
E’ riconosciuto dal 2003 dopo un iter di 5 anni (non privo di ostacoli) grazie alla tenacia del Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione del pane di Altamura, esistente dal ’79 e trainato con forza dal suo presidente Giuseppe Barile. Parla con energia (ed un pizzico di malinconia) dell’evoluzione di questo percorso che ha portato al riconoscimento della sua eccellenza a livello internazionale. “Il consorzio nacque con l’esigenza di valorizzare una risorsa unica del territorio murgiano e di Altamura in particolare –  dice – rispettando sia la tipicità delle materie prime rigidamente locali che i processi produttivi”. Il presidente sottolinea quanto sia importante la tracciabilità delle materie prime al pari della rintracciabilità del prodotto finito a garanzia della sicurezza alimentare per il consumatore. A tal proposito anche la collaborazione con l’Università degli Studi di Bari si è resa necessaria per selezionare la tipologia di lievito madre ideale.


Giuseppe Barile

In una prima fase dell’iter di riconoscimento della Dop – racconta Barile – non fu compresa la valenza del legame con il territorio dei singoli ingredienti, difficoltà poi superata grazie al tenace lavoro del Consorzio per delimitare la provenienza della semola rimacinata di grano duro al solo territorio murgiano,  che comprende i Comuni di Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge, in provincia di Bari, considerato come luogo unico e determinante per gli effetti organolettici sul prodotto finito”. Il disciplinare, infatti, recita così: “il rimacinato di semola di grano duro ricavato dalla macinazione di grani duri delle varietà «appulo», «arcangelo», «duilio», «simeto» prodotte nel territorio delimitato da sole o congiuntamente, in ragione di almeno l'80 %, mentre per la restante quota è prevista l'utilizzazione di altre varietà, sempre prodotte sul territorio predetto”. Tra le caratteristiche del territorio, ad esempio, il basso livello di umidità che “salva” il grado dalla formazione di quelle micro tossine spesso presenti nel frumento proveniente dall’estero.


Museo del pane

Il pane di Altamura è diventato il primo prodotto in Europa a fregiarsi del marchio Dop nella categoria “Panetteria e prodotti da forno”. 
“Le regole sono fondamentali per garantire la tutela del Pane di Altamura, ma non bastano. E’ necessario portare avanti i progetti sia sul territorio che al di fuori, con l’estero spesso più incuriosito rispetto a chi questa risorsa la conosce dalla notte dei tempi, cercando di inculcare nelle istituzioni e nei panificatori stessi il senso di collaborazione e tenacia”, aggiunge Barile. Tra le attività a “rete” del consorzio, infatti, c'è la collaborazione con associazioni locali, come la Archè con la quale sono state messe in scena “Le vie del Pane”, con i forni a cielo aperto, dove maestri panettieri scendono in strada per mostrare la propria arte. Senza dimenticare la collaborazione con altre produzioni certificate che hanno dato vita ad esempio all’evento “Pane e Prosciutto” grazie al connubio tra il Dop di Altamura ed il Prosciutto San Daniele, testimoniando quanto il “fare sistema” si renda necessario per rafforzare il marchio del Pane Dop. Tra le altre iniziative promosse dal Consorzio, con il suo presidente sempre in prima fila, anche i corsi per le scuole ed i carcerati, possibili sempre grazie al sostegno delle piccole realtà associative locali (e, quindi, non solo delle istituzioni a volte più disattente). Barile riceve ancora le lettere di quei carcerati che seguirono le sue lezioni e che nella panificazione hanno trovato un arricchimento ed una speranza. Prima di andar via da Altamura, però, è, doveroso visitare il Museo Nazionale dell’archeologia di Altamura. Perché? La storia del paese è fatta anche dal pane: un'esposizione (dapprima momentanea) ancora oggi permanente che ci fa viaggiare anche nella preistoria del pane.
 
Il pane di Nunzio, Forno a legna di Nunzio Ninivaggi

Via Torino 36, Altamura (Ba) – 0803115852
 
Consorzio per la tutela del Pane di Altamura

Corso Umberto I° n° 5,  Altamura (Ba)
Tel. +39 080.3142084 – Fax +39 080.3142084
E-mail: info@consorziopanedialtamura.it;
Sito internet: http://www.panedialtamura.net/

Lucrezia Balducci