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Da maestro delle elementari a oste: la trasformazione (gourmet) di Peppe Bonsignore

27 Ottobre 2017
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(Lo chef Peppe Bonsignore)

di Clara Minissale

Se si volta indietro vede un cammino lungo tredici anni nel corso del quale ci sono stati piccoli passi, grandi cambiamenti, certamente un percorso di crescita personale e professionale. 

“Oggi guardo con orgoglio a quello che siamo diventati ed è bello così” dice Peppe Bonsignore che de “L’Oste e il sacrestano” di Licata in provincia di Agrigento, è quello che indossa abiti e animo del primo, dell’oste nel senso più etimologico del termine, colui che ti accoglie e ti rifocilla anche. Il sacrestano, invece, aleggia nella stanza dato che il ristorante è stato realizzato in una sacrestia sconsacrata dal 1936 e, a testimonianza del passato, in quella che oggi è la cucina si conserva ancora una nicchia battesimale. La passione per la cucina per l’Oste Peppe arriva da lontano quando, ancora ragazzino, divorava libri e riviste di cucina. “Mia mamma non sapeva cucinare – racconta – e così spesso mi mettevo io ai fornelli e preparavo da mangiare per tutti”. Niente tradizione di famiglia da portare avanti in questo caso, ma passione nuda e cruda, messa in un angolo per un po’ per seguire strade all’apparenza più concrete. “Sono  maestro di scuola elementare, ho insegnato a Firenze per quattro anni e con me anche mia moglie Chiara. Entrambi avevamo un lavoro sicuro, un percorso già tracciato da seguire”. Ma poi sono arrivati alcuni giorni di vacanza, un viaggio tra gli affetti di Licata e, durante una passeggiata in paese, un cartello con scritto affittasi ci ha messo lo zampino e il sogno rimasto a lungo chiuso in un libro, si è risvegliato.

“Io e Chiara abbiamo deciso in una notte di mollare tutto e ricominciare dalla passione per la cucina e da Licata”, dice Bonsignore. Nel 2004 è nata l’osteria che poi, nel 2007 ha virato verso una direzione gourmet. Nei suoi piatti si esaltano le materie prime locali, il pesce soprattutto con il quale lo chef ha un legame quasi sentimentale perché il papà, che ha perso ancora giovane, amava pescare. E poi i prodotti della terra, spesso miscelati, mai troppo lavorati o almeno questa è la sensazione al palato. “La mia più grande preoccupazione è che il cliente si alzi da tavola soddisfatto per quello che ha mangiato. Tutto il resto non importa. Tutto questo gran parlare che si fa di cibo rischia di portare con sé una visione distorta di cuochi e ristoranti”, afferma. E intanto va e viene dalla cucina, controlla che sia tutto a posto in sala, che i clienti siano a loro agio e soddisfatti. 

L’Oste ci accoglie con il suo benvenuto, una crema di zucchina al finocchietto con crema di pomodoro arrosto e ricotta bufalina di ottima fattura. La crema e avvolgente e vellutata da manuale e finocchietto e pomodoro creano un saporito contrasto completato dalla ricotta. Si comincia molto bene.

A seguire la palla di ventresca di ricciola, ovvero una polpetta di pesce che viene impastata con zucchina grattugiata e chiusa da una panatura di crosta di pane. Nella forma ricorda l’arancina ma il gusto è assai più delicato.  

Il primo antipasto è un’ottima focaccia di alalunga con olive taggiasche, origano di Favara, stracciatella di bufala ragusana e crema di patate ottenuta utilizzando solo la buccia. Un piatto delicato, gustoso, con la sottolineatura sapida delle olive, il gusto deciso dell’origano e la delicatezza della crema di patata che racchiude tutto in un abbraccio.   

Si continua con un grande classico dell’oste, un piatto che Bonsignore ripropone ogni volta che è possibile reperire cime di rapa appena raccolte: la mozzarella con cime di rapa, appunto, e gambero di nassa. Un terzetto vincente. 

Il terzo antipasto è il piatto che, a dire dello chef, in questo momento lo rappresenta di più: l'evoluzione del polpo a strascina sale nel 2017. Una pietanza in continua evoluzione con il polpo cotto nel the vede, poi piastrato, affumicato con legno di mandorlo e servito con crema di carota, bietolina dolce, patata fritta tre volte e completato con la salsa di soia ottenuta dalla piastratura del polpo. La sapidità, naturalmente, è il tratto distintivo di questo piatto di grande eleganza alla vista. 

Si passa ai primi. Apre le danze “La nostra visione dello spaghetto allo scoglio” con pasta cotta in acqua di cozze e vongole filtrata e teste di gambero rosso, mantecata con spuma di boccoletto licatese, il siciliano sparaceddu. 

Il secondo diventa poesia che lo chef dedica al papà, grande pescatore di spigole col palamito tradizionale: “Spigola di lenza cotta solo sulla pelle, pesto licatese, pappa di spinaci, rotolo di patata e pomodoro confit con miele vaniglia e limone”. La tradizione della pesca di questo pesce è quasi scomparsa a Licata e quando se ne trova qualcuna non solo non bisogna farsela sfuggire ma bisogna servirla esaltandone il sapore e questo piatto centra in pieno l’obiettivo .   

Il predessert di ananas limone e sale Maldon per pulire il palato ed essere pronti al “Cannolo in autunno con zuppetta di fico d’india”, il classico intramontabile che incontra il frutto di stagione.

L’Oste e il Sacrestano
via S. Andrea 19, 92027- Licata (AG)
0922 774736
osteriabonsignore@gmail.com
Chiuso: domenica sera e lunedì; agosto sempre aperti
Ferie: variabili
Carte di credito: tutte
Parcheggio no