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Il “re del tajarin” è a Barbaresco: all’Antica Torre la vera essenza della cucina piemontese

06 Ottobre 2017
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(Maurizio Albarello mentre prepara i tajarin)

di Fiammetta Parodi

I langaroli, si sa, sono così: all’amore viscerale per la propria terra e i suoi eccellenti frutti uniscono l’instancabile perfezionismo sabaudo, con risultati che non hanno eguali in altre parti d’Italia. 

Ma è nel centro del piccolo paese di Barbaresco, il cui solo nome già evoca sublimi presagi enologici, che questo felice connubio produce uno dei suoi migliori risultati, nella cucina della tradizione di Maurizio Albarello. E’ infatti nella sua Trattoria Antica Torre che lo chef piemontese, con le sorelle Paola e Stefania (il quarto fratello, Alessandro, è – tutto torna – l’enologo delle cantine Gaja), perpetra con passione la consuetudine familiare iniziata dai genitori oltre cinquanta anni fa in un ristorantino lungo le sponde del Tanaro; molto prima, cioè, che le Langhe guadagnassero nell’immaginario epicureico comune la meritata posizione che occupano oggi.


(Il taglio dei tajarin)

La cucina di Albarello sorprende per sapore, metodo ed equilibrio. Ascoltarlo mentre racconta i suoi piatti è un’esperienza coinvolgente in cui emerge chiaramente quella padronanza della tecnica che gli è valsa la meritata fama di “Re dei tajarìn”. Mentre li plasma davanti ai nostri occhi, narra i piccoli, ma fondamentali, segreti che li rendono unici al mondo: non solo le uova di galline nutrite con carote e mais per ottenerne un tuorlo “più rosso che mai”, le farine locali selezionate, o la loro giusta proporzione (innanzi a noi 296 rossi per 15 chili di pasta), ma anche il coltello affilatissimo che maneggia con una velocità e un’abilità senza pari (e che ad ogni millimetrico taglio – perfetto – ci fa temere per l’integrità delle sue falangi), forgiato apposta per lui in Svezia con legno di betulla e acciaio di Damasco, perché, spiega, “la minor concentrazione di carbone rispetto alle leghe comuni non riscalda la pasta”. Per abbattere il nostro scetticismo, ne produce alcuni con un coltello “normale”, ed in effetti la differenza è tangibile.

Ma non di sole uova e farina è la cucina langarola, anzi. Lo chef, infatti, seleziona da allevamenti locali gli animali che poi macella personalmente e, ovviamente, sceglie ad uno ad uno i tartufi che i suoi affezionati “trifulau” gli forniscono. Anche qui, nulla è lasciato al caso e svela l’importanza del peso (“tra 1 e 2 etti”), della forma (“piatta, a disco volante”), del colore (“con striature rossicce”), del periodo di raccolta (“da novembre, dopo la seconda luna”), del terreno (“nel tufo, in mezzo alle crepe”) e molto altro.


(Una sala del ristorante)

Ciò che sorprende è tuttavia come Albarello, pur nella sua cucina piemontese-che-più-piemontese-non-si-può (carne cruda battuta al coltello, coniglio al civet, vitello tonnato, bonèt…), non si sia adagiato ed assopito sulla tradizione, ma investa buona parte delle sue energie viaggiando, ogni anno, dagli Stati Uniti al nord Europa “per esportare i sapori delle mie Langhe, ma anche per scoprire come si mangia laggiù, comprendere i palati stranieri e tornare a casa sempre arricchito da nuovi stimoli”. E’ forse questa contaminazione virtuosa tra tradizione e innovazione – che si avverte in modo impalpabile ma ben presente nell’equilibrio dei suoi piatti – ad averlo reso così celebre che a febbraio “invaderà” prima l’Oregon e poi la Norvegia (dove per tutti è oramai “King Pasta”, il Re della Pasta) per svelare i segreti della sua cucina in attesissime masterclass e seminari. Sebbene, confida, per reperire all’estero le materie prime necessarie a mantenere l’eccellenza debba talvolta ricorr-re a qualche escamotage (come quando a Seattle, insoddisfatto delle “troppo bianche” uova locali, trovò quelle dal “tuorlo perfetto” in un piccolo allevamento sul retro di una falegnameria), siamo certi che la trasmissione di una delle migliori tradizioni gastronomiche italiane non potrebbe essere affidata a mani più sapienti (e veloci) delle sue.

Cantina con una buona offerta di vini del territorio, come è facile immaginare. Servizio molto attento. Si spendono intorno a 30 euro a persona.

Trattoria Antica Torre Barbaresco
Via Torino, 64 – Barbaresco (CN)
0173 635170
chiuso: giovedì
ferie: variabili
carte di credito: tutte
parcheggio: no