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La polemica

Lettera di un vegano allo chef Vissani: “Per far parlare di sé adoperi la sua arte culinaria”

21 Agosto 2016
vegani vegani

di Manuela Zanni

Sarebbe semplice sparare a zero sulla invettiva dello chef Gianfranco Vissani che ha dichiarato nel programma televisivo “In Onda” su La7 frasi pesanti rivolte contro i vegani definendoli non solo una setta, ma anche confessando il desiderio di volerli uccidere tutti (leggi qui).

Partendo dal presupposto che per far parlare di sé uno chef dovrebbe adoperare la propria arte culinaria e non il sensazionalismo che è strumento adoperato da chi non ha argomenti abbastanza convincenti per continuare ad essere sulla cresta dell'onda, la posizione di una vegetariana da 12 anni e tendenzialmente vegana da due, non può che essere pacifica. Sarebbe, infatti, un controsenso per chi ha fatto della “non violenza” il proprio stile di vita, adottandolo come fosse una religione, rispondere in maniera violenta per difendere la propria scelta veg. Ciò che piuttosto sento di dire a Vissani è che chiunque, come lui, ricopra un ruolo di social influencer non può permettersi di fare affermazioni così pesanti che possono essere prese alla lettera da fanatici istigandoli a compiere gesti violenti nei confronti di chi ha come unica colpa quella di appartenere ad una categoria che ha fatto lascelta di non nutrirsi di ingredienti di origine animale e dei suoi derivati.

Il perché nasce dal rifiuto dell'idea che l'uomo sia superiore alle altre specie o che, proprio in virtù di questa presunta superiorità, l'unica scelta che da essere dotato di ragione possa fare, sia quella di non considerare la propria vita più importante di quella di qualsiasi altro essere vivente. Una volta acquisita questa consapevolezza il gioco è fatto. Quelle che per gli altri rappresentano rinunce diventano diretta conseguenza della propria scelta e, in quanto tali, si affrontano con grande naturalezza e serenità. La stessa che Vissani non mostra di possedere, sarà forse per colpa della quantità di adrenalina presente nel suo corpo, ingerita attraverso la carne, che è la prova tangibile ed inconfutabile che gli animali vivono con paura e consapevolezza ilmomento in cui l'uomo decide di ucciderli per soddisfare un bisogno meramente edonistico e non certo legato alla sopravvivenza. E già perché se non se ne fosse accorto, caro chef, sono finiti i tempi in cui l'uomo delle caverne aveva bisogno di procacciarsi il cibo con la clava; se così non fosse, lei di certo non sarebbe diventato una star televisiva grazie all'invenzione del tubo catodico. Non crede? Bisogna decidere da che parte stare.

O si accetta il progresso e ci si allontana dalle pratiche di cannibalismo o si resta nella caverna e si vive di caccia. Delle due l'una. Il progresso consente di scegliere. La ragione consente l'empatia e l'empatia porta alla compassione per il dolore altrui, animali inclusi. Quanto al pericolo rappresentato dai genitori vegani, non mi sembra essere superiore a quello costituito dai genitori “filofastfoodiani” che risolvono il problema del pranzo propinando ai propri figli montagne di patate fritte e quintali di hamburger trasformandoli in piccoli protagonisti dei quadri di Botero già dalla tenera età. Il vero pericolo, per concludere, egregio chef, credo, piuttosto, che sia rappresentato da chi, come lei, si esprima in maniera così assoluta e legata ai pregiudizi e luoghi comuni per attirare l'attenzione istigando alla violenza. In questo momento storico è l'ultima cosa di cui il mondo ha bisogno.