Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 39 del 13/12/2007

LA CURIOSITÀ Si fa presto a dire bicchiere

13 Dicembre 2007
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    LA CURIOSITÀ

bicchieri_vini_hp.jpgOgni calice va bene per tutto? Ovviamente no. E non è uno questione di estetica. Qualche consiglio su come scegliere il più adatto, quello che permette al vino di esprimersi al meglio

Si fa presto
a dire bicchiere

Berreste un vino costato 70 euro in un bicchiere qualsiasi? Magari in quello riciclato della Nutella? Forse no. Nel vino c’è qualcosa di diverso rispetto ad altre bevande. Rito, magia, ricordo, rispetto per la lunga fatica applicata nel produrlo, per l’esperienza del fare tramandata da generazione in generazione. L’evoluzione dei suoi contenitori, o se preferite “espositori”, verso le soluzioni da noi oggi conosciute, è incessante.

Il vetro, sebbene utilizzato sin dalla Roma del I secolo d.C., fu utilizzato con consapevole maestria nella Venezia nel XVII secolo e per essi – finalmente un bicchiere perfettamente trasparente – fu coniato il termine “cristallo”. Dunque, il calice del vino è, ne assume ruolo definitivo da questo momento, un vero e proprio espositore di materia preziosa, per alcuni un luogo di venerazione.
foto_1_rastal-caliceflute.jpgMa perché si è arrivati oggi a centinaia di tipologie di bicchiere per vino diverse? Ci sono delle ragioni scientifiche, e non sempre si tratta di capriccio, estetica o snobismo da raffinatoni che possono anche essere presenti. Il bicchiere, incredibile ma vero, cambia il sapore al vino, o piuttosto, la sua capacità ad esprimersi. Un Nero d’Avola di Noto, servito in un piccolo bicchierino da Passito di Pantelleria, non può esprimersi nella sua abituale ricchezza di profumi. L’aria, l’ossigeno di cui ha bisogno per sprigionare tutti i suoi elementi aromatici, sarebbe insufficiente. Il piacere perduto.
Daniele Cernilli, uno tra i maggiori esperti italiani del vino, parlando di bicchieri sostiene che “non avere quello giusto” è come sentire una sinfonia di Beethoven da una radiolina, anziché ad un concerto dal vivo. Le note mancherebbero di qualità, profondità, pur trattandosi sempre della stessa musica. Ogni vino ha il suo personale luogo di esecuzione, la sua “sala”. L’olfatto, nella giusta condizione, controlla e anticipa il gusto. Guardando il bicchiere si possono fare anche le prime deduzioni sulla qualità del vino, sulla sua età e sul suo stato di conservazione. Le diverse sfumature e tonalità rivelano all’occhio dell’intenditore dati fondamentali, talvolta anche il vitigno di provenienza delle uve. Ovvio che, un bicchiere in vetro colorato e decorato, per quanto bello, impedisce questa lettura a “prima vista”.
Come scegliere dunque il calice adatto? Quali criteri seguire? Davvero occorre un bicchiere per ogni vino?
La regola da considerare a premessa assoluta è quella del cosiddetto “calice di cristallo”. Il calice è la forma del bicchiere più armonica, elegante, razionale. È formato da una parte semisferica “il bulbo” – dove c’è il vino – che è unito per mezzo di uno “stelo” al “piede”. Il calice di cristallo permette al vino di riflettere tutta la luce possibile. Esso va impugnato dallo stelo in modo che la mano non ne alteri la temperatura e non influisca con le profumazioni della mano stessa (saponi, profumi, etc.). La forma foto_2_rastal-calicevinobianco.jpgrotonda del calice permette la messa in rotazione del vino contenuto. Questo movimento rotatorio ha lo scopo di ossigenare meglio il vino, che è stato imprigionato a lungo nella bottiglia, permettendo l’espandersi del “bouquet”, quell’insieme di sensazioni olfattive riscontrabile nei vini di classe, giunti a maturazione ottimale. Se si tratta invece di vino giovane, al posto del “mazzetto di fiori” si potrà cogliere una sensazione odorosa più fresca e maggiormente fruttata. Facendo ruotare il calice del vino, si riesce anche a verificare attraverso le “lacrime”, dette anche “archetti”, il tenore alcolico e la ricchezza di glicerina.
Produrli non è certo facile, e per capire quali sono le difficoltà abbiamo chiesto ad un professionista del settore un parere. Roberto Marchionni dell’azienda Logitec distribuisce a 3.000 clienti il marchio tedesco specializzato nella produzione di bicchieri e calici di cristallo “Rastal” sul canale HoReCa (il termine HoReCa è un acronimo di “hotel-restaurant-café”. Si riferisce a prodotti destinati a questo target).
Marchionni ci spiega che i punti chiave – le qualità di un perfetto calice in cristallo – sono 3: il peso; l’eleganza delle linee, che dipende anche dallo spessore del vetro; ed il taglio del bevante, ovvero il taglio del vetro alla bocca. Un buon calice deve essere leggero, mentre il design esprimere raffinatezza estetica ed equilibrio d’insieme. Quando appoggiamo il bicchiere sulle labbra, dovremmo sentire l’istante del contatto con il vino, non quello col vetro. Il diametro del calice si restringe verso l’imboccatura per trattenerne i profumi; esso dovrà avere uno stelo sottile ed alto per maggiore comodità, giacché si tiene dallo stelo e non dalla pancia (o bulbo). Questo non tanto per una questione di bon ton, ma per evitare che il calore o il profumo delle mani alterino le qualità organolettiche del vino stesso. Altro punto importante è l’attaccatura calice-gambo, un punto difficile: essa deve necessariamente essere meno marcata possibile. Il calice risulta più fine. Il problema è che questo è uno dei punti più delicati di un bicchiere.
foto_3_rastal-calicevinorossoballon.jpgPer scegliere il calice giusto facciamo qualche esempio: il calice da vino bianco ha uno stelo medio-lungo, il bulbo è leggermente allungato, poi si restringe. Nel caso di vitigni aromatici l’esuberanza del vino è mitigata da una svasatura in prossimità della bocca. Questo effetto a “tulipano” della svasatura è adatto anche alla degustazione dei rossi leggeri. Il calice da vino rosso ha uno stelo molto allungato, con bulbo ampio e sferico che si restringe leggermente alla bocca. I vini rossi, si sa, hanno bisogno di più ossigeno. Uno champagne o uno spumante dovrebbe essere servito in un flut, un bicchiere alto e affusolato e con collo medio che consente un basso passaggio d’aria. La struttura allungata consente inoltre di evidenziare le bollicine e valutarne le dimensioni, il numero e la persistenza. Infine, per vini da dessert, il calice ha lo stelo piuttosto basso, un bulbo medio, leggermente allungato verso l’alto. Si restringe leggermente alla bocca.
E i prezzi? Oggi la tecnologia viene molto in aiuto nell’abbassare i prezzi di produzione. Per Logotec/Rastal la linea in cristallino costa circa 3 euro, un prezzo molto vantaggioso impensabile qualche anno fa, mentre un bicchiere di vetro soffiato parte da un minimo di 10 euro. Inoltre nel prezzo Logotec include la personalizzazione: un raggio laser incide immagini o lettere scelte dal committente – ad esempio il nome del ristorante o del vino – nel cristallo. Una personalizzazione che nel marketing può essere di grande aiuto. Sempre più spesso wine-bar, ristoranti e aziende del vino chiedono questo servizio.

Francesco Pensovecchio