Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 113 del 14/05/2009

LA NOVITÀ La riscossa della Schiava

14 Maggio 2009
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LA NOVITÀ

altIl vitigno altoatesino, semplice da abbinare e da interpretare, riscoperto dagli italiani ma non soltanto. Ricorda il siciliano Frappato: selvaggio e indomabile

La riscossa
della Schiava

 Più che una rivincita, è una vendetta. L’uva Schiava, conosciuta anche come Trollinger (da “Tirolinger”, del Tirolo), Vernatsch (dal latino “vernaculus”, indigeno) e Frankenthal, è un’uva di poco tannino, poco colore, potenzialmente di buona produzione quantitativa.

E’ esattamente l’opposto di quei vitigni – per lo più internazionali – sui quali, per fare qualità, spesso si indugia cercando intensità, concentrazione, estratti, e puntando a stordire il degustatore; il quale, sopraffatto dalla prova di forza, frastornato, capitola. Per la Schiava non è così. Il suo carattere difficilmente domabile, insolente, beffardo, ma di gran cuore, non consente questo. L’unica strada è assecondarla, puntando sull’espressione del territorio (si legga terroir), nella facilità di abbinamento al cibo, di beva, nel benessere del consumatore. Le lavorazioni di qualità a rese basse sono più simili ad un progetto educativo.
Non potendo insistere, per mancanza di colore ed estratti – la Schiava è anche un’ottima uva da tavola – l’obiettivo si sposta verso la ricerca di equilibrio, di eleganza, di sfaccettature, di tensione. Dietro quel rosso pallido, terso, si possono nascondere vini esili, tesi per l’irrequieta acidità e capaci di invecchiare anche 10-15 anni.
Tra Caldaro, Bolzano e Appiano, sino a Merano, la Schiava è coltivata con un sistema di allevamento tradizionale, la pergola semplice, per oltre il 30% dell’intera superficie vitata. Non è un caso. Siamo convinti che la produttività e la resistenza al clima subalpino siano il punto di arrivo di un rapporto tra vite e uomo che si è consolidato nel tempo per aspetti di benessere alimentare.
C’è un altro caso simile a questo: il siciliano Frappato. Un vitigno selvaggio ed indomabile, un perfetto compagno della tavola e della convivialità.

Francesco Pensovecchio