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Vini e territori

Ma quant’è buono il Mareneve di Graziani? Anche l’Etna fuori dalla Doc è sorprendente

31 Agosto 2020
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Partiamo subito dai vini.

È tutto giocato sull’originalità e sulla personalità il Mareneve 2018, il bianco di Federico Graziani, l’ex sommelier di Aimo e Nadia ora in forza a Feudi di San Gregorio e proprietario di vigne sull’Etna – e pertanto vignaiolo e produttore anche lui come tanti stregato dal vulcano più alto d’Europa e da un terroir fortunato – e quindi procuratore di emozioni liquide per noi che ne siamo i beneficiari. Il Mareneve è ottenuto da uve coltivate fuori dalla Doc in territorio di Bronte. È un blend di Carricante, Riesling, Gewürztraminer, Grecanico e Chenin Blanc coltivate a 1.200 metri sul livello del mare in contrada Nave. È intenso ed elegante. Freschissimo e salino. È uno dei vini Imperdibili della nostra Guida ai Vini dell’Etna (leggi qui>) che sta per andare in stampa. Ne parleremo diffusamente in quelle pagine. Ma se vi capita tra le mani bevetelo senza indugi.

Molto buono, anzi buonissimo è anche il Doc Etna Rosso Profumo di Vulcano 2017. Le uve provenienti dalla centenaria Vigna Giardino, un piccolissimo appezzamento situato in contrada Feudo di Mezzo a Passopisciaro. È corredato da profumi intriganti dove prevalgono i piccoli frutti a bacca rossa assieme a piacevoli note lavico-terrose. Lo apprezzerete per i tannini fitti e una freschezza sorprendente. Qualche cenno anche al Doc Etna Rosso Profumo di Vulcano 2017. Naso pulito e fruttato, snello al palato, immediato e di grande bevibilità. Il resto lo scoprirete leggendo la Guida ai Vini dell’Etna 2021.

(I vini)

Incontriamo Federico Graziani nel suo vigneto di Montelaguardia, nelle campagne di Randazzo. Degustiamo i vini sotto un ulivo maestoso a cui Graziani ha dato il nome di Federico, ma non per un debordante egocentrismo, piuttosto perché considerata l’eta – ottocento anni – l’albero è un coetaneo di Federico II. Note di colore a parte, l’ulivo ci protegge dal caldo e dal sole. Il silenzio è surreale. Il luogo magico. Graziani attacca: “Questo è un territorio unico, irripetibile. Contrasti di fuoco e di ghiaccio, escursioni termiche pazzesche. Un suolo vulcanico che vuol dire la pietra vulcanica che forse è la cosa più inerte in natura e poi sabbia e cenere che rendono tutto molto fertile. Non è finita. Le altitudini. La possibilità di trovare vigne vecchie di cent’anni. Dove trovi tutto questo? Troppe suggestioni per non innamorarti dell’Etna”.

Graziani fa il suo primo acquisto di vigneti nel 2008. Complice anche una solida amicizia con Salvo Foti. La prima volta sul vulcano tre anni prima. Era ancora sommelier di Aimo e Nadia a Milano e l’Etna cominciava la sua crescita rossiniana. Stavano arrivando tutti. È arrivato anche lui. Oggi gli ettari vitati sono cinque suddivisi su sei terreni diversi. Tra Passopisciaro e Montelaguardia (territori di Castiglione di Sicilia e Randazzo) e poi Maletto e Bronte con il vigneto da cui nasce Mareneve. In tutto fanno 25 mila bottiglie e tre etichette. E magari l’idea di crescere ancora. Accade così a chi si innamora dell’Etna. Arrivi per un ettaro e poi continui a cercare vigneti. Dice ancora l’ex sommelier: “C’è ancora tanta curiosità, l’Etna stupisce e crea curiosità. Il vino è immediatamente riconoscibile e collocabile e quindi è più facile la comunicazione“.
Tra i progetti anche l’olio. Gli uliveti ci sono. Forse un po’ snobbati da tutti i produttori di vino. Che invece adesso hanno la giusta consapevolezza che anche l’olio qui ha una sua prospettiva. Graziani produrrà olio Dop Monte Etna col prossimo raccolto.

F.C.