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Birra della settimana

Amaretti e birra, quale eresia! Un abbinamento originale, accattivante e… avanguardista

24 Dicembre 2023
Gli amaretti Gli amaretti

Amaretto: o, meglio, amaretti. Eh sì, perché, quando ci si riferisce a questo prodotto di pasticceria, parlarne al singolare è un’astrazione: una vera e propria forzatura, talmente tante sono le sue interpretazioni e le sue varianti. Biscotto divenuto popolare (a partire dal tardo Duecento) in una vasta porzione del bacino mediterraneo e in diverse regioni dell’intera Europa (come la Lorena e i Paesi Baschi), le sue radici sembrano dover essere cercate, già in epoca medievale, proprio nella nostra Penisola; lungo le cui latitudini appare tuttavia difficile individuare un territorio che ne sia “culla” più autorevolmente documentata rispetto agli altri. Il che non esclude d’altronde la possibilità di riconoscere, in mezzo alle varie tradizioni d’eccellenza da cui è punteggiato lo Stivale, alcune esperienze premiate da maggiore notorietà: ad esempio quelle che fanno capo alla Sardegna, alla Liguria (in special modo con la ricetta tipica di Sassello) e alla Lombardia, con la versione, assai famosa, affermatasi a Saronno, in provincia di Varese. Ed è appunto su quest’ultima che concentriamo oggi la nostra attenzione.

UN GIOIELLINO AI RAGGI X
Premesso doverosamente che la denominazione “Amaretto di Saronno” rappresenta un marchio registrato appartenente all’azienda dolciaria “Lazzaroni & C”, in questo caso si fa riferimento, entro una dimensione più generale, a quella versione del nostro biscotto che (ben differenziandosi dalle interpretazioni a pasta morbida) si presenta secca e croccante: una versione che trova appunto nella tradizione saronnese la sua espressione più consacrata; e che si basa sulla lavorazione di quattro ingredienti-quattro: zucchero, albume d’uovo, mandorle, armelline (ovvero le parti interne dei noccioli di pesca e albicocca). La ricetta, dunque (ripetiamo: in una sua assunzione e in una sua elaborazione generica, non specifica), risulta di esecuzione anche piuttosto semplice; vediamo come. Fase uno: si prendono le mandorle, le si tuffa in acqua bollente per qualche decina di secondi, le si priva della buccia, le si inforna a 200 gradi per alcuni minuti e poi le si trita (con un frullatore) insieme alle armelline unendo anche dello zucchero. Fase due: si deposita la farina così ottenuta in una ciotola, la si amalgama con albumi d’uovo e carbonato d’ammonio per dolci (in funzione lievitante), quindi si lavora di spatola a mescolare il tutto, fino a ricavarne una massa densa e uniforme da far riposare in frigorifero per una dozzina di ore. Fase tre: da tale composto, rassodatosi, si prelevano piccole porzioni lavorandole in forma più o meno sferica e le si cuoce, di nuovo in forno, per una ventina di minuti a 175 gradi. Fase quattro: si lasciano raffreddare i biscotti e li si serve in tavola, pronti per essere sgranocchiati. Ne deriverà l’assaggio di un boccone friabile; dalla buona densità sensoriale; dalla frazione grassa contenuta; dalla tendenza gustativa peculiare e dolceamara; dalla profumazione altrettanto caratteristica e detta, lapalissianamente, “mandorlata”. Ora non resta che abbinare: una sfida per ingaggiare la quale ci siamo mossi in tre direzioni diverse…

CON LA TRIPEL
Partenza classica: il “mandorlato” di cui si è appena fatta menzione risulta infatti tra i connotati olfattivi più largamente presenti in un’alta fermentazione belga (il che assicura, tra piatto e bicchiere, un intreccio armonico, per identità, delle rispettive direzioni aromatiche). Quando poi la belga in questione s’ispira alla tipologia delle Tripel, garantisce anche una costruzione dolceamara che, presumibilmente, andrà a sovrapporsi a quella, speculare, del nostro biscotto, attivando un duplice meccanismo: continuità rispetto alla base zuccherina; sovrapposizione attenuativa tra le due correnti di amaricatura. Una serie di aspettative che non vengono tradite dalla sorsata scelta nell’occasione: la “Tre Scrocchi” della scuderia romana “Eternalcity Brewing”. Birra che, della Tripel stessa, rappresenta una versione dorata, da 8.3 gradi, elaborata facendo uso, tra l’altro, di miele: applicata agli amaretti, la sua carbonazione e il suo slancio etilico fluidificano agevolmente la materia lipidica del boccone; mentre le sue pur dosate tostature intercettano e assecondano quelle dei biscottini. Prima prova da archiviare con esito positivo…

CON IL BARLEYWINE
Si sale, nella scelta della birra in abbinamento, con la potenza di fuoco espressa dal bicchiere: in termini tanto di grado alcolico, quanto di residuo zuccherino. In pista sale infatti la “Leonina”, English Barleywine di casa “Malaripe”, marchio artigianale di Ripe San Ginesio, in provincia di Macerata. In mescita, la sua massa liquida color ramato intenso (velato e bordato giusto da una coroncina di schiuma beige) introduce, al naso, tostature che – specialmente con temi di nocciola e noce, a intercettare quelli della mandorla, cardine del nostro dessert – riprendono e assecondano, in un bel gioco d’insieme, le traccianti olfattive dell’amaretto. Quanto alla capacità, da parte della sorsata, di gestire la frazione lipidica del boccone, se è vero che qui la bevuta perde in carbonazione, lo è tuttavia altrettanto che guadagna sul fronte della spinta alcolica (attestata sui 12 gradi e 2). Infine le relazioni sul piano gustativo palatale: alla birra la “bitterness” fa difetto; ma di dolcezza ce n’è in abbondanza: e la letteratura attesta come, nel gestire l’amaricatura di un piatto, quando nel calice manchi una nota analoga (a innescare il principio della sovrapposizione attenuativa), tra le prime alternative possibili c’è proprio la gittata zuccherina (con cui l’effetto è quello del contrasto armonico). In sintesi, il sodalizio (anche questo) nel complesso funziona…

CON LA DOUBLE IPA
Si chiude con la proposta meno canonizzata in letteratura: in abbinamento scegliamo una Double Ipa; per l’esattezza la “Malfattore” targata “Curtense” (a Passirano, in provincia di Brescia). Una versione dorata, da 9 gradi alcolici, tenuta in paziente maturazione così da far lavorare con calma anche lieviti enologici del ceppo Bayanus. La sorsata, col suo slancio etilico, gestisce a dovere i grassi del boccone; con la sua robuste base maltata (espressa in note da pastafrolla) riprende le tostature del biscotto; con il suo impianto gustativo dolceamaro ricalca (in sovrapposizione attenuativa) quello, analogo, del dessert; infine, a livello olfattivo, la birra va a intrecciare le proprie traccianti fruttato-agrumate (papaia e arancia candita su tutte) con le mandorlature dell’amaretto, generando evocazioni da torrone o, ancor meglio, da panforte. Insomma, una bella rete di suggestioni!

BIRRIFICIO CURTENSE
Via Bachelet, 7 – Passirano (Brescia)
T. 030 6850013
info@curtense.it
www.curtense.it

ETERNALCITY BREWING
Via del ponte pisano, 84 – Roma
T. 06 99780720
eternalcitybrewing@gmail.com
www.eternalcitybrewing.it

BIRRIRICIO MALARIPE
Via Giacomo Leopardi, 9 – Ripe San Ginesio (Macerata)
T. 339 1831081; 333 1771562
birrificiomalaripe@gmail.com
www.malaripe.com