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Birra della settimana

La Brusca di birrificio Birrone

15 Aprile 2023

Nuovo appuntamento con le “Birre dell’anima”; quelle cioè che, nel cuore del rispettivo produttore, occupano un posto speciale, in virtù del particolare rilievo che hanno assunto nella storia del loro marchio d’appartenenza, sotto punti di vista che possono essere vari e diversi: il valore strategico in ordine alle dinamiche commerciali oppure l’aderenza a un certo profilo gustativo; la funzione trainante negli anni dell’esordio sul mercato oppure un eventuale contenuto intrinseco di carattere esclusivamente affettivo. Ebbene, la nostra rubrica periodica dedicata a queste etichette-bandiera ci porta stavolta nel Nord-Est: per l’esattezza a Isola Vicentina (la provincia è proprio quella della città del Palladio); dove Simone Dal Cortivo, “deus ex machina” del “Birrone” ci parla del suo rapporto privilegiato con la “Brusca”, la iconica Pils della scuderia berica.

UN PEZZO DI BAVIERA IN VENETO
Il “Birrone” debutta sulla scena nel 2008; ovvero durante l’avvicinamento a quella fase (dal 2010 al 2015, grossomodo) che avrebbe visto il “boom” dei microbirrifici italiani, con un loro incremento numerico oggettivamente esponenziale. È un tempo di transizione: ormai lontano dal cosiddetto “biennio zero”, il 1995-96, quello corrispondente alla nascita del movimento artigianale qual è diventato e quale lo conosciamo oggi. In quello scorcio finale della prima decade di questo secolo, i “mostri sacri” del settore si sono ormai consolidati come tali; eppure, proprio in quel periodo non sono poche le realtà che, muovendo giusto allora i loro primi passi, si accingono a imboccare un percorso destinato a vederle diventare dei “nomi”: a consacrarle cioè come punti di riferimento in seno al proprio comparto economico. Ecco, tra queste realtà figura senza dubbio il “Birrone”, proiezione imprenditoriale di Simone Dal Cortivo; il quale, piuttosto rapidamente, s’impone all’attenzione della platea generale (comprensiva di pubblico e critica), fino a cogliere, nel gennaio del 2015, uno tra gli allori più ambiti: il titolo di “Birraio dell’Anno”. I suoi punti di forza? Più d’uno, senza dubbio; tra essi, sotto il profilo della composizione tipologica, spicca inoppugnabilmente un aspetto: se oggi il marchio veneto firma un catalogo estremamente assortito, l’impronta iniziale rimanda senza dubbio alla Baviera; con tanta bassa fermentazione, ben condita (in “alta”) dal rituale pizzico di frumento. E peraltro questo tratto fondativo, pur nell’evoluzione di cui si è detto, è rimasto saldo; come dire: a Isola il cuore batte forte per le Lager.

LA BRUSCA: UN “CARATTERINO”
Ecco, in questo contesto s’inquadra, coerentemente, il legame sentimentale che fa, della “Brusca”, la cocca, la preferita, del suo “genitore” Simone. Racconta lui stesso: “Sono stato folgorato dalla birra una sera, da ragazzino, quando mio padre mi permise di assaggiarla per la prima volta. Era una Pils: a far scattare il colpo di fulmine furono i profumi da cereale fresco del malto chiaro, quelli erbacei del luppolo e, sempre di quest’ultimo, il gusto gradevolmente, lungamente amaro. Negli anni ho imparato ad apprezzare tante e tante differenti tipologie; ma quando ‘bussa’ la vera voglia di bere, quella viscerale, il bicchiere è lì che va a riempirsi: alla fonte delle Pils”. E dunque è logico che la “bevuta dell’anima”, per il signor Birrone, non potesse essere se non una di quelle. “Brusca”, poi, rappresenta anche qualcosa in più. “Dietro al nome – prosegue Dal Cortivo – c’è una doppia storia. La cui prima parte rimanda a quando, da produttore casalingo, vagheggiavo di confezionare una cotta utilizzando il luppolo selvatico, assai diffuso dalle mie parti: e che qui chiamiamo ‘bruscandolo’. Ovviamente ho capito in fretta che il suo odore acuto è inadatto; allora ho trasferito un po’ di quel sogno giovanile in una birra fatta come si deve: nel suo battesimo, per l’esattezza. L’altro pezzo della storia che accompagna la genesi della ‘Brusca’ riguarda il suo temperamento: spigoloso, appunto, per marcarne l’identità rispetto a quello della ‘sorella’, la SS 46, una Helles tutta morbidezze”.

LA BRUSCA AL BANCO D’ASSAGGIO
Estetica da disciplinare (colore paglierino, aspetto limpido, copiosa schiuma bianca), la “Brusca” offre profumi essi stessi ottemperanti ai dettami di genere: crosta di pane appena imbiondita, un filo di miele (in crescendo con lo scaldarsi della massa liquida), erba tagliata, fiori di varia estrazione (peonia, tiglio, lino), un che di speziato (semi di papavero). Un concerto fresco e prativo che funge da ideale prologo alla bevuta: gioiosa e fluente, la sua corsa procede a falcate ampie, grazie al corpo leggero quanto la gradazione (fissata a 4.9%), alla bollicina vivace, alla partenza rotonda e alla chiusura secca; assai efficace, quest’ultima, nel sottolineare il concomitante picco di una curva amaricante tanto netta e consapevole quanto priva di strappi o di derapate graffianti.

ABBINAMENTO, ANZI ABBINAMENTI
In tavola un bel connubio è quello con bocconi ben dotati di materia grassa e neutra (atta a diluire eventuali incisività sapide nella ricetta stessa), nonché costruiti con elementi amaricanti, chiamati a innescare, nell’incontro con quelli analoghi della birra, il meccanismo della sovrapposizione attenuativa. Un’idea? Provare la “Brusca” con degli gnudi di ricotta e spinaci; oppure con della toma fresca, magari a latte crudo e ricca dell’erbaceo ereditato dall’ambiente di pascolo dei capi da cui si è munto il latte di partenza. Uscendo dalla cucina e volgendoci agli abbinamenti immateriali, sfruttiamo la suggestione di una tra le possibili traduzioni in inglese, del termine “brusco”: il quale, nella sua accezione di ruvido, ci porta al britannico “harsh”. Ebbene, seguendo questa pista, tra gli spunti da cogliere, ce ne piacciono soprattutto due. Il primo: sorseggiare la nostra Pils nel seguire il bel film drammatico “Harsh times” (distribuito in Italia col titolo “I giorni dell’odio”), la cui trama è incentrata attorno alla vicenda di Jim Davies, veterano della guerra in Afghanistan affetto da stress post-traumatico, a causa dagli orrori vissuti durante il conflitto. Seconda dritta: farsi accompagnare dal gusto dolceamaro di questa “birra dell’anima” mentre si ascoltano le sognanti e malinconiche note di “Harsh Realm”, brano inciso dal gruppo rock dei “Widowspeak” e uscito nel 2011.

BIRRONE
Via Fossanigo, 6 – Isola Vicentina (Vicenza)
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