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Birra della settimana

Parmigiana di melanzane e birra: l’abbinamento da migliaia di idee innovative

28 Gennaio 2024
Birra e parmigiana di melanzane Birra e parmigiana di melanzane

Due formulazioni diverse; ciascuna di tre parole; a indicare un solo (e inconfondibile) piatto della scuola italiana. Parmigiana di melanzane; oppure melanzane alla parmigiana: cambiando l’ordine degli addendi, non cambia tuttavia in alcun modo il risultato. Come dire: l’equazione “torna”, svolgendola in una direzione come nell’altra. D’altronde le due locuzioni appaiono equivalenti: non solo nel significato; ma anche nella cospicuità e nell’autorevolezza delle fonti (consuetudinarie e d’archivio) esistenti a suffragio di ciascuna di esse. In altri termini: qualunque delle due designazioni si preferisca usare, comunque non si sbaglia. Né ha voluto rischiare di incappare in qualche svista il “legislatore gastronomico” nazionale. E perciò, a fronte di un “groviglio” poco districabile relativamente alla questione di quale fosse, in ordine a questa pietanza tipica, il suo “territorio di più antica origine” (titolo reclamato da almeno quattro regioni italiane), ha inserito la ricetta nei registri dei PAT (Prodotti alimentari tradizionali) facenti capo a ognuna di quelle regioni “contendenti”, senza escluderne alcuna: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia (in sequenza rigorosamente alfabetica: per carità).

GENESI, PREPARAZIONE, PROFILO SENSORIALE
Ulteriore punto d’indagine, il processo di formazione semantica di quel nome così particolare: nel quale il ruolo delle melanzane è chiaro è non necessitante di alcuna delucidazione, trattandosi del perno centrale della preparazione; mentre meno immediata è la decifrazione del senso spettante al termine “parmigiana”. Ebbene, le ricerche portano a concludere che il suo utilizzo, nella fattispecie, si riferisca (a dirlo è nientemeno che il “Devoto-Oli”) a un costume gastronomico tipico appunto della città di Parma e dei suoi dintorni: un “distretto” nel quale sembra essere un costume secolare la pratica del cucinare verdure sistemandole in strati e alternando questi ultimi con altri, formati da uno o più ingredienti diversi. Ecco appunto, gli ingredienti. Nella versione classica della ricetta, così come riportata su queste colonne nel 2013, la lista include, oltre all’ortaggio-cardine, anche pomodori, basilico, Mozzarella e Reggiano. Da assemblare secondo una serie di operazioni che andiamo a sintetizzare riprendendole, a loro volta, da quello stesso nostro approfondimento pubblicato alcuni anni fa e qui citato. Ovvero: far riposare le melanzane una mezza giornata sotto sale affinché spurghino l’amaro; friggerle dopo averle sciacquate e asciugate; preparare una salsa di pomodoro e basilico ben ristretta; in una teglia stendere (alternandoli in verticale) strati di melanzane e strati costituiti dalla salsa, arricchita coi i due formaggi; rifinire con una copertura superiore di solo pomodoro; cuocere in forno per circa mezz’ora. Risultato? Un boccone tenero nella consistenza; discretamente dotato in grassi; assai intenso quanto a densità sensoriale; provvisto di una profumazione decisamente mediterranea; contrassegnato da una tendenza gustativa incline a un intreccio tra dolcezza, salatura e lieve acidità. Come regolarsi, a fronte di un simile profilo, quando si tratti di scegliere la birra in abbinamento? Ecco, di seguito, tre diverse opzioni, accomunate da un principio-guida: evitare le amaricature significative e le loro possibili frizioni con le appena sottolineate affilatezze sapido-acidule del piatto.

CON LA BOCK
Il primo duetto chiama sul palco una tipologia tedesca: per l’esattezza una Bock, il cui contatore alcolico (mentre la “finestra” indicata per la tipologia di riferimento dovrebbe andare dal 6.3 al 7.2%) risulta in questo caso registrato invece su valori più tipici per una Märzen: per l’esattezza siamo a quota 5,6. Sottigliezze tassonomiche a parte, quel che conta è che il prodotto in questione abbia i requisiti che fanno al caso nostro; e in effetti così è. Perché la “Loose” targata “Anbra” (Anonima Brasseria Aquilana; a Fossa, comune ricadente appunto nella provincia del capoluogo regionale abruzzese) presenta un profilo prevalentemente maltato e morbido. Introdotta da un colore ramato e limpido, i suoi profumi tostati (biscotto) riprendono quelli analoghi sviluppati dal formaggio in cottura (frutta secca, ad esempio); le altre sue fragranze di frutta disidratata (fichi) flirtano con quelle fungine della melanzana; il suo gusto rotondo asseconda, della parmigiana, le incisività palatali più volte sottolineate; infine, lo slancio etilico della bevuta, sebbene non tracimante, è abbastanza, col sostegno della bollicina, per fluidificare e gestire il contenuto in grassi del boccone. In poche parole: partenza valida…

CON LA TRIPEL
Secondo “assalto”, salgono i gradi alcolici: siamo infatti ai 7.5 della “Ciuca” (ovvero “sbronza”, non a caso), firmata dal “Birrificio di Legnano”, con sede appunto nella cittadina (in provincia di Milano) famosa per la battaglia vinta dai Comuni lombardi contro il Barbarossa nel 1176. La birra, etichettata come Tripel, presenta un profilo gustativo decisamente meno amaricato rispetto alla media della tipologia: anzi, sostanzialmente morbido, sebbene discretamente attenuato in termini di precipuo tenore zuccherino. Una prerogativa che, lo si è detto e ripetuto, soddisfa con precisione le esigenze poste dalla cuspide sapido-acidula del boccone. Sul piano della gestione delle pastosità lipidiche del piatto, inutile dire come la maggior stazza etilica della sorsata (nella comparazione col primo abbinamento) la renda logicamente più efficace in ordine al compito di garantire il riordino del cavo orale dopo la masticazione. Infine, gli aspetti olfattivi: la bevuta consegna sensazioni da ginepro, pepe bianco e fiori di sambuco: suggestioni mediterranee, insomma; esattamente come quelle del pomodoro e del basilico, con le quali dialogano dando vita a un amalgama coerente e piacevole. In sintesi, altro “incontro ravvicinato” piuttosto interessante.

CON LA OLD ALE
Sempre sui 7.5 gradi alcolici, ma applicati a un profilo stilistico del tutto differente, la terza birra testata “in coppia” con la parmigiana ci porta anche a viaggiare in direzione di un diverso quadrante geografico del Paese, rispetto a quelli idealmente toccati con primi due “giri di valzer”. Precisamente si fa tappa a Pienza (Siena), le cui campagne ospitano la “Brasseria della Fonte”; e qui, in gamma, troviamo la “Wee Havy”, confezionata così: senza nomi d’arte, ma con il semplice riferimento tipologico. Bruna d’aspetto, la sua massa liquida consegna profumi di fico disidratato che, ancora una volta, instaurano un “colloquio” di grande suggestione sia con l’aroma fungino della melanzana, sia con quello caseario dei due formaggi; mentre questi ultimi, con la loro tostature da cottura, trovano ulteriore rispecchiamento nelle fragranze da biscotto e nocciola espresse a sua volta dal bicchiere. Quanto al profilo gustativo di quest’ultimo, spinge con ancora più risolutezza sul pedale delle rotondità e dell’abboccatura: connotati che, come abbiamo visto, risultano assai efficaci nel rapporto con le sapidità e le acidulità del boccone. Infine, il capitolo della gestione del carico lipidico: lo si è sottolineato, la taglia etilica di questa bevuta è in linea con quella precedente; e benché la bollicina sia, qui, meno aitante, il risultato pratico, nello sciogliere i grassi della pietanza, è sostanzialmente lo stesso. In sintesi: tre prove, tre differenti esiti, ma bilancio complessivamente positivo…

ANBRA – ANINOMA BRASSERIA AQUILANA
Via delle Canapine, snc – Fossa (l’Aquila)
T. 393 9904357
info@ambra.it
www.anbra.it

BIRRIFICIO DI LEGNANO
Corso Garibaldi, 134 – Legnano (Milano)
T. 344 2072860
info@birrificiodilegnano.it
www.birrificiodilegnano.it

BRASSERIA DELLA FONTE
Podere Fonte Bertusi di Sopra, 73 – Pienza (Siena)
T. 0578 896115; 333 1754781
birrificio@lafonte.toscana.it
www.lafonte.toscana.it