La recente scomparsa di Pippo Baudo offre l’occasione per riportare alla memoria uno degli episodi più curiosi e memorabili legati alla sua vita privata: la monumentale cassata siciliana del suo matrimonio con Katia Ricciarelli, un capolavoro di arte dolciaria firmato dal maestro Nuccio Daidone. R
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Una cassata siciliana di oltre 200 chili, pensata per mille persone. Fu il dolce protagonista assoluto del matrimonio di Pippo Baudo e Katia Ricciarelli. A firmarla fu Antonino Giuseppe “Nuccio” Daidone, maestro pasticcere di Catenanuova (Enna) e titolare della storica Pasticceria Daidone 1945.
Il matrimonio fu celebrato a Militello Val di Catania, paese natale del celebre conduttore, mentre il ricevimento si tenne al Santa Tecla Palace, elegante struttura affacciata sul mare etneo. Per Nuccio, l’arrivo di quella commessa fu inizialmente una sorpresa, quasi un gioco del destino. Solo una settimana più tardi scoprì che dietro a quella scelta si celava un’attenta selezione: una commissione di esperti pasticceri e chef aveva degustato ben 60 cassate provenienti dalle più rinomate pasticcerie siciliane, decretando all’unanimità che la migliore fosse proprio la sua.
Onorato e sorpreso, Nuccio accettò la sfida con coraggio passione. Ma c’era un dettaglio che non poteva non destare preoccupazione: la torta non doveva essere una semplice cassata, bensì una cassata per mille persone.
All’inizio, il matrimonio era stato pensato come un evento intimo per una cinquantina di ospiti, racconta il pasticcere. Ma quando Katia Ricciarelli invitò il presidente del Veneto come suo testimone, la Sicilia rispose con entusiasmo, e la lista degli invitati si gonfiò di giorno in giorno. In tre sole giornate, da 50 gli ospiti divennero circa 700. La torta, inevitabilmente, doveva crescere di conseguenza.
Così Nuccio si trovò a progettare una cassata monumentale: due metri di diametro, sei metri e mezzo di circonferenza, un peso complessivo che superava i 200 chilogrammi con la frutta candita. Il lavoro richiese 48 ore senza sosta, notti insonni, calcoli millimetrici e una dose di creatività che trasformò il dolce in una vera opera d’arte.
Non si trattava soltanto di grandezza. Sulla superficie della cassata doveva esserci un disegno speciale: un albero di limoni in marzapane, omaggio a Santa Tecla e alla sua terra. Settecento foglie e oltre settanta limoni decoravano la torta, insieme a una cascata di frutta candita che ne amplificava il fascino barocco e siciliano.
Curiosamente, anche il menù delle nozze celebrava questo incontro di culture e territori. Da un lato proponeva piatti della tradizione veneta, dall’altro piatti tipicamente siciliani, scritti persino nelle due lingue regionali.
Così, accanto al “Salmon de Scossia Fumegà con pan nero e butiro” in veneto, compariva il corrispettivo siciliano “Sammuni affumicatu c’u pani niuru”; e mentre il timballo di Catania diventava “Timbalo de Catania” da un lato e “Pasta o’ furnu a’ Catanisa” dall’altro, il dolce simbolo della serata non poteva che essere la cassata siciliana, presente in entrambe le versioni del menù, e destinata a incarnarsi poi nella monumentale torta nuziale firmata da Nuccio Daidone. Un vero ponte gastronomico tra due regioni e due identità, unite da un matrimonio che divenne evento nazionale.
Il momento del taglio vide lo stesso Nuccio presente, al fianco di Baudo e Ricciarelli. Pippo, racconta il maestro, appariva inizialmente teso per l’enorme affluenza di ospiti e per la sicurezza dell’evento, ma riuscì a rilassarsi solo davanti alla sua fetta di torta. Katia, invece, da vera amante dei dolci, gustò con piacere la sua porzione generosa di circa 700 grammi.
Il giorno successivo, la foto della monumentale cassata fece letteralmente il giro del mondo: da Londra a Palermo, da Roma a Milano, la stampa e le televisioni parlarono del matrimonio e della torta “dei record”. Ironia della sorte, la stessa immagine tornò a fare il giro dei giornali anche anni più tardi, in occasione del divorzio della coppia.
Da quell’esperienza, la Pasticceria Daidone conquistò un’eco mediatica senza precedenti. Ancora oggi, Nuccio ricorda quelle giornate con emozione: “All’inizio ero titubante, ma per me quella richiesta fu una sfida. Sono sempre stato una macchina da guerra nel lavoro. Abbiamo stretto i denti, lavorato senza tregua, e alla fine ci siamo riusciti. Quella cassata è diventata il simbolo di un evento che ancora oggi molti ricordano“.