L'INTERVISTA
Lo storico inglese John Dickie ospite a Marsala racconta il suo amore per l’Isola e parla del suo ultimo libro. “Il mio cibo preferito? Pasta con l’anciova”
“La mia Sicilia”
Giovedì 24 gennaio. Troviamo lo storico inglese John Dickie, seduto dinanzi a una folta platea di marsalesi e non solo, completamente rapiti dalle sue parole.
Proprio noi abbiamo bisogno di farci spiegare la Sicilia da un inglese? Qualcuno potrebbe domandare, con accento siciliano molto marcato. E forse è il caso di rispondere di sì. Perché John Dickie la Sicilia non l’ha raccontata solo ai suoi connazionali, ma al mondo intero e in buona parte a noi siciliani. Ciò spiega i numeri, ciò spiega l’interesse di chi quel giorno si trovava a Marsala alle Torri Pellegrino.
Invitato dalla condotta di Slow Food Marsala, in collaborazione con la libreria Pellegrino, con l’omonima azienda vinicola e i Paladini dei vini di Sicilia, per presentare il suo ultimo libro “Con gusto. Storia degli italiani a tavola”, Dickie si è presentato semplicemente raccontando la sua storia, in un perfetto italiano, e per questo è stato apprezzato, coccolato e adottato.
Al termine dell’incontro ci ha rilasciato un’intervista.
Come nasce il suo amore per la Sicilia?
“Il mio non è solo un amore per la Sicilia, ma per l’Italia intera. Soltanto qui ho compreso il profondo legame che esiste tra il cibo e la cultura di un paese. L’ho vissuta l’Italia, prima a Torino, poi a Roma e in ogni luogo ho capito quanto siete diversi anche attraverso il vostro cibo. Non esiste nulla di paragonabile al mondo”.
Quando si è avvicinato alla nostra realtà?
“Venni in Sicilia per la prima volta in vacanza e ne rimasi colpito. Insegnando storia italiana all’università di Londra, poi, ho avuto modo di approfondire la mia curiosità, e da lì è nata l’esigenza di raccontare, attraverso il mio libro ‘Cosa Nostra. Storia della Mafia siciliana’, a tutti gli inglesi di questo fenomeno”.
Come mai ti sei interessato di cibo dopo?
“È stato vivendo la Sicilia, nella sua ospitalità, nei suoi colori e nei piatti che non ho potuto fare a meno di documentarmi anche su quello, trovando moltissimo materiale e numerose leggende che nel mio libro ‘Con gusto. Storia degli italiani a tavola’ poi arrivo a sfatare”.
Come quella della Cassata?
“Sì. Quella della cassata ne è un esempio. Sono partito da un documento rinvenuto a Linguaglossa e attraverso le mie ricerche ho scoperto che non è araba. In realtà sarebbe bello pensarlo, invece la cucina non è l’identità di un solo popolo, di una sola dominazione, bensì di molte. La cassata è il risultato di più dominazioni, di più culture, così come quasi tutti i piatti. La storia della cucina è storia di inquinamenti”.
Questa sua idea della cucina è valida anche in Inghilterra?
“Certo. Infatti quando moltissimi indiani emigrarono in Gran Bretagna una delle cose che, come raccontano molti, offendeva maggiormente il rigore anglosassone era l’odore della cucina indiana, così speziata, quei profumi sprigionati dalle pentole erano invadenti, erano violenti come dei pugni in pieno viso”.
Il libro ha avuto più successo in Italia o in Gran Bretagna?
“È stato apprezzato in due modi diversi qui e lì, secondo me. Era stato concepito per gli inglesi, ma per me è un onore che sia stato letto da molti italiani che mi hanno preso sul serio, questo è stato un vero successo”.
Quali sono i suoi piatti siciliani preferiti?
“Gli spaghetti con i ricci di mare mi mandano in visibilio più di qualunque cassata. La pasta con l’anciova (acciuga, ndr) e la mollica, ma anche il macco di fave”.
Siamo seduti davanti a un bicchiere di Marsala e siamo dentro le cantine Pellegrino, lei è inglese, non posso che chiederle se in Inghilterra impazziscono ancora per questo vino.
“Io lo amo molto, ma loro si sono stancati da un po’ di tempo a questa parte, in generale preferiscono bere più secco”.
E il prossimo libro?
“Tornerò a scrivere di criminalità organizzata. Lascio parlare di cibo a chi ne ha più passione di me”.
Laura Di Trapani