Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 204 del 10/02/2011

IL CASO Fermento Etna, durerà?

10 Febbraio 2011
etna etna

IL CASO

Cantine che spuntano come funghi, prezzi delle uve più alti che nel resto della Sicilia. Eppure c’è il timore che l’assenza di una coesione tra le cantine alla fine penalizzi il territorio e il vino. E perderemo un’altra occasione

Fermento Etna, durerà?

Non c’è una zona della Sicilia enologica così piena di fermento come l’Etna. Le cantine spuntano come funghi.

Ai nostri occhi non sfugge che ogni anno, prima dell’organizzazione di Sorsi dell’Etna – la più grande degustazione di vini di questo territorio mai organizzata fuori dalla provincia di Catania che anche quest’anno si svolgerà con il Telimar a Palermo – ci ritroviamo aziende nuove, nuovissime, mai viste prima d’ora. Non c’è un territorio siciliano al momento che può vantare questo primato. Anzi da altre parti arrivano voci di crisi mai superate e di tanta voglia di estirpare i vigneti. Certo, le condizioni orografiche del territorio etneo favoriscono il proliferare di tante micro cantine, ma è un dato che anche in questi momenti difficili c’è chi vuole scommettere sul vino. A parlare con Giuseppe Mannino, presidente del consorzio che raggruppa oggi 65 cantine, c’è la conferma del ragionamento. Lui stesso racconta che solo alcuni anni fa le aziende erano un bel po’ di meno e che questo exploit non si arresta. Ed oggi, compreso chi non fa parte del consorzio, le cantine presenti nel territorio della Doc raggiungono quasi quota 90. E una produzione di bottiglie che si attesta sui due milioni di pezzi. Per non parlare dei prezzi delle uve durante l’ultima vendemmia. Un chilo di Nerello mascalese a 50 centesimi, uno di Carricante a 70, prezzi bassi probabilmente, ma nel resto della Sicilia nessuno riesce a spuntare queste quotazioni. E questo per i viticoltori è un bene anche se coltivare sull’Etna non è facile per niente e il rischio che tutto vada in fumo per una grandinata è altissimo. Eppure nonostante i vantaggi non c’è allegria, né ottimismo a piene mani. Secondo Mannino sull’Etna, nonostante le belle parole e il vessillo della biodiversità (sul vulcano si vendemmia a fine ottobre e c’è un clima continentale), manca ancora quell’atout che farebbe decollare il vino. Si parla di cantine piene di vino invenduto degli anni passati, di difficoltà di commercializzazione, di scarsa coesione tra produttori. C’è in ballo la modifica del disciplinare della Doc che potrebbe fissare nuove regole e forse risolvere qualche problema ma tutto va a rilento, forte rilento. Non c’è una strategia comune. E talvolta solo un sinistro senso di indolenza.

F. C.