Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 205 del 17/02/2011

IL CONCORSO “Vota il ristorante…”, ecco chi vince a febbraio

17 Febbraio 2011
vincitori-febbraio vincitori-febbraio

IL CONCORSO

Si aggiudicano sei bottiglie a testa Doc Cirò riserva Duca di San Felice 2008 dell’azienda Librandi di Cirò Marina in provincia di Crotone

“Vota il ristorante…”,
ecco chi vince a febbraio


Da sinistra Marco Berrettini, Tania Gandolfo e Daniela Larice

Tre nuovi vincitori di “Vota il ristorante e vinci il vino”. Sono Marco Berrettini, Daniela Larice e Tania Gandolfo. Si aggiudicano sei bottiglie a testa Doc Cirò riserva Duca di San Felice 2008 dell’azienda Librandi

di Cirò Marina in provincia di Crotone.

Ecco le loro recensioni.

Trattoria “Amici miei” – Milano
Un tempo lì c’era un ristorante cinese, tra Porta Romana e i Navigli, a due passi dall’Università Bocconi. Via Bligny, centro città, ma con le caratteristiche di un paese, la Vecchia Milano insomma. Paolo aveva lasciato un bar in Corso Italia e si era trasferito in un piccolo locale lì di fronte, un’enoteca. Sperava in un po’ di riposo dopo anni affannosi tra caffè all’alba, pranzi fino alle tre e aperitivi senza fine quando ormai per strada non c’era più nessuno. Apertura alle dieci, chiusura pomeridiana e alla sera si potevano tirare le due, ma non aveva tenuto conto dei clienti! Dopo pochi giorni già fu costretto a preparare qualche tagliere: formaggi ricercati di piccoli produttori lombardi e salumi selezionati del parmense, un mese dopo la chiusura pomeridiana saltava e fino alle due potevi trovare, in abbinamento ai vini, pasta fresca e zuppe. Un anno e non ci fu più niente da fare: o invitare tutti i clienti a casa o trovare uno spazio più grande dove accontentarli. Così, inaspettatamente, subentrò al ristorante cinese, in controtendenza con quanto accadeva in città. Per un po’ di pace ora Paolo attraversa gli oceani, ma anche in quei giorni noi, suoi clienti, rimaniamo in buone mani: quelle di suo fratello Giacomo e di Mamma Matilde in cucina e lo chef Enrico. Taglieri, capricciosa, fagioli e cipolla, crostoni e uno spumante per aprire, poi pappardelle, pansotti, pasta e fagioli, risotti, zuppe, cucina lombarda, qualche variazione e 350 etichette di vino. Io, sarò monotono, ma ordino sempre cotoletta alla milanese, voi scegliete pure: trippa, brasati, ossibuchi, polenta, bolliti, cassoeùla. Per chiudere: dolci fatti in casa da Mamma Matilde. Tiramisù, torta di pere e cioccolato, panna cotta. Prezzi contenuti, si può bere a bicchiere. A pranzo massimo quindici euro, è sempre affollato e si patisce un po’ lo sguardo di chi aspetta il tuo posto, ma alla sera l’atmosfera è ideale. Quasi obbligatoria la prenotazione, ma Paolo qualcosa s’inventa sempre.
Voto: 3 stelle – Marco Berrettini

Antica Trattoria del Monsù – Palermo
Alle spalle del teatro Massimo, dietro l’insegna poco visibile, nascosta tra le fronde degli alberi che costeggiano la via Volturno, si cela un locale piccolo ed intimo, che racconta, attraverso le foto in bianco e nero appese sui muri, le tradizioni e gli usi di un passato ormai dimenticato. Entrando, la prima impressione, è stata di trovarsi in una trattoria tradizionale, ma subito dopo, quando il titolare, il sig. Massimo Guardì si è avvicinato al nostro tavolo, ci siamo sentiti accolti in modo così gentile e educato, mai invadente, tanto da prepararci ad assaporare con gusto le piccole prelibatezze della cucina siciliana fatta in casa. Il menù comprendeva portate di antipasti, cucinati come ai tempi delle nostre nonne, fra i quali: le focaccine con acciughe e fettina di limone, le panelline e broccoletti in leggerissima pastella, un “superbo” macco di fave e finocchietto accompagnato da crostini di pane, una delicata caponata, le immancabili olive verdi e pomodori secchi, ecc. Dopo un equilibrato intervallo, calcolato ad arte per assaporare e commentare i piatti appena portati, ecco arrivare le cassatelle di pasta fresca ripiena di ricotta freschissima, proveniente da Belmonte Mezzagno, e zucca rossa, il tutto guarnito con pomodorini. Che dire, una vera delicatezza. Ad accompagnare le pietanze, un corposo buon vino rosso della casa. Già satolli, rinunciando ad una serie di prelibatezze, non poteva mancare il dolce. I cuddureddi con crema di ricotta e miele, per me, una sfoglia pasticciera, imbiancata da un velo di zucchero, con crema di caffè e cioccolato, per mio marito. Dulcis in fundo, un allorino, il cui aroma e profumo farebbe impallidire la migliore delle nonne. E’ stata un’esperienza sicuramente da ripetere, che ci ha permesso di vivere e trascorrere una serata lontano dai soliti circuiti per scoprire in pieno centro storico di Palermo questa gradita sorpresa.
Voto: 4 stelle – Tania Gandolfo

Ristorante Andreina – Loreto (Ancona)
Il nome è quello della cuoca che per 50 anni ha gestito questo locale a Loreto, inizialmente una vera e propria trattoria dove si poteva mangiare la cacciagione portata dai cacciatori del luogo e i piatti della cucina tradizionale marchigiana. Negli ultimi anni è avvenuto il passaggio generazionale tra la nonna e il nipote, Errico Recanati, e si è verificata una naturale evoluzione che ha trasformato la trattoria, lasciando però il simbolo iconico del ristorante: uno spiedo sempre in funzione, che accoglie i clienti all’ingresso. Gli spazi interni sono eleganti perchè arredati con sobrietà e prevalenza del colore chiaro. Vasi di vetro riempiti di frutta o verdure fresche di stagione, usati come centrotavola, spargono macchie di colore nell’ambiente. La carta del menù è definita dalle stagioni e propone degustazioni “tematiche” modulabili per soddisfare le richieste dei clienti: un menù degustazione vegetariano, uno a base di baccalà, uno con i piatti della tradizione marchigiana e un menù con piatti di cacciagione, presentato solo in stagione. I piatti di Errico riescono con efficacia a saldare la tradizione al cambiamento dei tempi perchè la sua creatività trae forza dalla memoria. Ne sono un esempio i ravioli di pollo in potacchio o gli strozzapreti di frascarello con fondente di porro e starna o la fagianella cotta nell’olio al limone con caccialepri, nocciole e creme bruleè di cachi. Le tagliatelle fatte a mano al ragù, le pappardelle al sugo di lepre e maggiorana o il maialino allo spiedo ci fanno sentire a casa e riportare alla memoria quei sapori che spesso abbiamo paura di perdere per sempre. La crostata di gianduia e burrata con salsa di zucca gialla e gelato di amaretti o il parfait ghiacciato al pralinato di mandorle e nocciole e gelato di anice stellato, svelano la sua particolare predisposizione per la pasticceria, nella quale Errico riesce con lodevole maestria a declinare stupore e piacere. La cantina è all’altezza del locale.
Voto: 5 stelle – Daniela Larice