Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 97 del 22/01/2009

L’ANALISI Vino siciliano, il nodo dell’export

22 Gennaio 2009
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L’ANALISI

L’Isola ancora indietro nei mercati stranieri. L’Istituto per il commercio estero: nel 2007 passi avanti ma con lentezza

Vino siciliano,
il nodo dell’export

Il vino siciliano c’è ma non si vede. Si produce ma non si esporta a sufficienza e questo determina un ritardo nell’accesso ai mercati internazionali.

Parola di Stefano Raimondi, responsabile della linea vini, alcolici e bevande dell’Ice, l’Istituto per il commercio estero, ente pubblico che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l’estero.   
I dati relativi al 2007 lasciano intendere che qualcosa nell’isola si sta muovendo, ma la Sicilia è ancora troppo indietro rispetto ad un mercato dell’export guidato da Veneto, Toscana e Piemonte.
Nel 2007 l’Italia ha esportato vino per 3.5 miliardi di euro, la Sicilia per 85 milioni di euro. “Questa quota – spiega Raimondi – è molto ridotta rispetto alla capacità produttiva dell’isola che ammonta a 6 milioni di ettolitri, a fronte di una produzione nazionale di 44,2 milioni di ettolitri. La Sicilia rispetto al passato sta recuperando, ma con estrema lentezza. Nell’isola sono circa un centinaio le aziende in grado di essere competitive sul mercato internazionale e suscettibili di crescita – continua Raimondi – ma è necessario che si creino al più presto delle piattaforme produttive, che si ragioni in termini di filiera, altrimenti sarà difficile colmare il gap con le altre regioni d’Italia che, invece, hanno maturato già da tempo rapporti con la grande distribuzione”.
Parte del recupero nell’export dell’Isola, secondo il responsabile della linea vini dell’Ice, è da attribuire al fatto che grandi aziende nel nord Italia decidono di investire al sud e di utilizzare, quindi, i propri canali commerciali o, ancora, al fatto che alcune aziende isolane commercializzino il proprio prodotto tramite imprese del settentrione. “Un meccanismo, questo, che fa perdere potenzialità economiche. Ciò che è importante in questo momento, invece – precisa Raimondi – è che si crei una politica del prodotto siciliano dando a questo un’ identità più forte e incrementando  anche la quantità di imbottigliato che oggi si attesta intorno al 14%”.
Un plauso va alle aziende siciliane che, secondo Raimondi si stanno muovendo bene, con successo, “ma perché il successo sia reale, deve trasferirsi all’intero territorio e perché il vino non diventi un’occasione perduta per la Sicilia, è necessario che gli enti locali si diano da fare per colmare i deficit strutturali che fanno lievitare i costi per le aziende, creando seri progetti che leghino la produzione all’export”. 
 

Clara Minissale