Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 121 del 09/07/2009

IL PRODOTTO La rossa dell’Etna

09 Luglio 2009
ciliegia ciliegia

IL PRODOTTO

Fino alla fine di luglio la raccolta della ciliegia Dop. Ottima la qualità, ma quest’anno è diminuita la resa per colpa di pioggia e umidità

La rossa dell’Etna

Si inizia ad aprile e si continua fino alla fine di luglio. Si comincia dal basso, dal litorale, procedendo via via verso l’alto, verso “a muntagna ri fuoco”, tra i tipici terrazzamenti delimitati dai muretti di pietra lavica, raggiungendo anche i mille metri d’altezza.

La raccolta della ciliegia dell’Etna può davvero definirsi “scalare”, non solo per i periodi di raccolta ma anche per le zone dove questa si effettua: un vero vantaggio per l’autoctona rossa che può soddisfare così il consumatore in un ampio arco di tempo. Consumatore locale, precisa il presidente del Consorzio di tutela della Ciliegia dell’Etna, Salvino Barbagallo, anche perché la cerasicoltura interessa circa 600 ettari di terreno e pertanto non si hanno grandi quantitativi. Quest’anno poi la produzione in termini di resa è stata particolarmente compromessa a causa del clima: la cosiddetta “lupa di mare”, ossia la nebbia mista a salsedine, nonché la pioggia e l’umidità dei mesi scorsi  hanno danneggiato i fiori nel periodo dell’impollinazione che dura tra l’altro solo cinque giorni. A ciò si sono aggiunti gli attacchi fungini che hanno causato la cascola. Di meno dunque i frutti raccolti quest’anno anche se la qualità è sempre eccellente. La Mastrantoni, la Napoleone, la Raffiuna, la Maiolina, le varietà per le quali è stata ottenuta, anche se in modo ancora transitorio, la Dop, non possono nemmeno paragonarsi per il gradevole gusto e consistenza a quelle nordafricane o turche spesso spacciate per ciliegie dell’Etna.
Gli alberi di ciliegio che riempiono di colore in questo periodo il paesaggio, da Giarre sino a Linguaglossa, tinteggiando il territorio di ben 12 comuni, hanno trovato in questo areale le condizioni ideali per la produzione di frutti unici la cui riscoperta è avvenuta alcuni anni fa grazie ad alcuni produttori, e tra questi lo stesso Barbagallo, che pur occupandosi d’altro, hanno voluto mettere a frutto i propri terreni. Nel 2003 tali operatori, nemmeno una trentina, hanno deciso di riunirsi dando vita ad una associazione al fine di unire le proprie forze per poter incidere di più sul mercato. Ad affiancarla è il Consorzio per la tutela della Ciliegia dell’Etna, costituito nel marzo 2004, tra i cui obiettivi c’è soprattutto quello di tutelare il consumatore. Di recente ha voluto che si realizzassero delle cassettine in cartone per il confezionamento riportanti tutti i dati che possono servire a chi acquista le ciliegie per riconoscere il prodotto il quale purtroppo teme la concorrenza sleale degli altri paesi, che grazie a costi di produzione irrisori riescono a vendere a pochi euro. La ciliegia dell’Etna ha infatti costi che si aggirano attorno ai 5 euro al chilo, costi legati soprattutto alla manodopera impiegata per la raccolta: ogni frutto viene staccato manualmente, uno ad uno, salendo e scendendo sulle scale in legno appoggiate ai grandi tronchi i cui rami possono toccare anche i 10 metri di altezza. Ma il consumatore attento sa riconoscerle: basta portarle in bocca e si percepirà subito quel sapore croccante e deciso, difficilmente riscontrabile in altre.

Gianna Bozzali