Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 11 del 31/05/2007

L’INCHIESTA: Il caldo cambia la geografia del vino

30 Maggio 2007
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    L’INCHIESTA

scienza_0.jpgParla Attilio Scienza, esperto di viticoltura e docente alla Statale di Milano. “Più che un clima mediterraneo, in Sicilia, sembra esserci un clima sub tropicale. La vitivinicoltura dell’Isola sarà costretta ad emigrare verso le alte quote

Il caldo cambia
la geografia del vino

Effetto serra o no, il clima in Sicilia sta cambiando. È più piovoso, più umido, in una parola meno mediterraneo e più tropicale. Fateci caso: anche in questi giorni di fine maggio in Sicilia ha piovuto molto e l’umidità è così alta da aver scatenato un’invasione di peronospora (ne parliamo in un altro articolo).


vigneti.jpgUn cambiamento di clima che già dura da qualche anno, da almeno due lustri. C’è da chiedersi se questo mutamento cambierà la geografia del vino in Sicilia. Attilio Scienza, grande esperto di viticoltura e docente alla Statale di Milano ne è convinto. Sarà un mutamento lento, come vuole la natura, però nulla di preoccupante. È necessario solo attrezzarsi in tempo.
“Non ho dati relativi ai millimetri di pioggia caduti in Sicilia negli ultimi anni – afferma Scienza – però le estati siccitose e prive di pioggia si verificano sempre meno. Le precipitazioni prima erano concentrate in primavera e in autunno, ora assistiamo a temporali estivi violenti e sempre più frequenti”.
Conseguenze immediate?
“Credo che la vitivinicoltura in Sicilia sarà costretta ad emigrare verso l’alto, almeno per quanto riguarda i vitigni a bacca bianca, a quota 700 metri sul livello del mare. Penso all’Etna ma anche a tutte quelle zone di alta collina dove ci sono le condizioni per fare vini bianchi con acidità sostenuta, di rara finezza ed eleganza”.
Anche il dilagare della peronospora è un segnale del cambiamento del clima?
“Certamente è la prova di una forte umidità. Quello che sta accadendo negli ultimi anni dal punto di vista climatico in Sicilia smentisce i timori di una prossima desertificazione. Semmai è vero il contrario: piogge violente e anche estive, inverni miti e discretamente piovosi. Più che un clima mediterraneo sembra sub tropicale”.
Cosa possono fare i viticoltori?
“Devono prendere in considerazione le piogge violente. Preparare i terreni, evitare che le coltivazioni subiscano danni notevoli. Ripeto, nulla di allarmante ma in agricoltura si deve preparare oggi quello che serve domani”.
Lei parlava di vitigni a bacca bianca favoriti da questo clima più umido. E i rossi?
“Vedo favoriti i nerelli, il Pinot nero. Certo, vicino al mare diventerà più difficile coltivare la vite. Ma anche questo problema si può risolvere. Sui rossi bisognerà lavorare su vitigni tardivi, meno su quelli precoci. Potrebbe essere un’occasione per creare nuovi incroci tra vitigni. Penso
a un merlot e un nero d’Avola, o un Cabernet e un nero d’Avola. È possibile creare nuovi vitigni a bacca rossa che si adeguino meglio al cambiamento del clima. In fondo il Grillo non è l’incrocio tra il carricante e lo zibibbo? Non sappiamo quando questo è avvenuto ma sappiamo che è avvenuto. Oggi abbiamo gli strumenti per creare nuovi vitigni in laboratorio. È un’occasione da sfruttare se si vuole rendere la vitivinicoltura adeguata al passo coi tempi”.
E il surriscaldamento del pianeta?
“Può darsi che ci sia. Non sono un esperto in questo campo. Quel che so è che ciclicamente il clima cambia. Però è giusto sapere che alcuni secoli fa il limite della vite in Europa era molto più in alto tanto che si produceva vino anche in Scozia e le valli alpine erano piene di vigneti molto più di
oggi. Come dire, nulla di nuovo e il caldo di oggi non è preoccupante”.

Fabrizio Carrera

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