Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 112 del 07/05/2009

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07 Maggio 2009
bottiglie bottiglie

Quel fungo che rovina il vino

Le sopracciglia si alzano. Il naso percepisce un leggero, sgradevole sentore di muffa e cartone bagnato. Tristezza e senso di spossatezza pervadono il degustatore che, con un sospiro più simile ad un gemito, dice: “Tappo”. La bottiglia è irrimediabilmente rovinata e, se è stata acquistata o ci si trova in un locale pubblico, può (meglio sarebbe dire, deve!) essere sostituita.
Quando si apre una bottiglia bisogna fare caso ad alcuni particolari del tappo: lunghezza, elasticità, odore. Un tappo lungo garantisce una migliore tenuta. Normalmente quattro centimetri sono sufficienti, ma sui vini importanti si arriva anche a sette. Pressandolo tra le dita se ne verifica l’elasticità. Un buon sughero non deve essere né duro né morbido. L’odore: annusando il tappo dalla parte a contatto col vino, si dovrebbe avvertire l’aroma stesso del vino. In questa fase, se c’è “tappo”, lo si avverte nel 70% dei casi. Il vino va poi assaggiato per assoluta certezza.
Un passo indietro. Il sughero, la forma ideale per tappare le bottiglie di vino compreso lo Champagne, si ricava dalla Quercus Suber. È costituito da cellulosa nella parte interna, da legnina nella parte esterna – che è l’anello più debole in quanto è la prima ad essere attaccata dal terribile fungo di cui diremo tra poco – e da suberina nella parte intermedia. Sono le proprietà di quest’ultima, e cioè resistenza, impermeabilità, flessibilità, aderenza, durata e facilità di trasformazione a rendere il sughero così adatto ad essere utilizzato nel vino. Un tappo, in condizioni ideali, può reggere anche per 30 anni.
Il principale responsabile del sentore di tappo è l’Armillaria mellea, un fungo parassita della quercia da sughero che provoca anche il marciume radicale della pianta. In sostanza, il fungo si insinua tra il tessuto corticale e il tessuto legnoso staccando la corteccia dal legno sottostante. È un fungo talmente vigoroso che l’albero deve essere estirpato e la buca disinfettata con prodotti chimici.
Quando il fungo si sviluppa nel tappo si ha appunto il cosiddetto “sentore di tappo”. Questo odore sgradevole è dovuto ad una sostanza chimica prodotta dal fungo chiamata tricloroanisolo (la sigla è Tca) che può essere descritto come un sentore di muffa somigliante a quello di un giornale o di un cartone ammuffito o anche di cantina umida. Il fungo si sviluppa in ambienti umidi e freddi, tanto che quelli che rimangono a lungo in frigorifero ne sono più soggetti. Si deve però precisare che il difetto nasce ab origine, quindi a poche ore dall’imbottigliamento.
La stima dei tappi attaccati da questa muffa oscilla tra il 3 ed il 10%, una percentuale abbastanza alta, ma solo pochi appassionati lo riconoscono e rimandano indietro la bottiglia. Alcuni poi lo riconoscono e non hanno il coraggio di contestarla.
Ma l’Armillaria non è la sola causa. Recenti studi hanno evidenziato che esistono altri batteri e funghi, naturalmente presenti in cantina, capaci di produrre composti quali il tricloroanisolo, il pentacloroanisolo ed il guaiacolo (odore di farmaco) attaccando le componenti del sughero.
Se il tappo della bottiglia è stato attaccato dal fungo, il vino è irrimediabilmente rovinato e non può più essere utilizzato nemmeno per usi di cucina. Potremmo citare episodi tra il divertente e il drammatico dove, in una rinomata (e costosa) trattoria di pesce, per sfumare dei frutti di mare si era usato un vino che sapeva di tappo e mandato indietro da un cliente. Lo chef, pensando di poter riciclare il costoso vino, lo aveva utilizzato in cucina. Risultato: spaghetti alle vongole respinti… perché sapevano di tappo. E si sentiva tutto.
 

Francesco Pensovecchio