VIVERE DI VINO
Stefano Chioccioli, enologo racconta la sua passione per le bollicine francesi dell’annata ’96. “L’Isola? Dobbiamo avere pazienza, l’unica cosa che le manca è il tempo”
Il toscano
tutto Sicilia
e Champagne
Chioccioli, oltre ad una serie di consulenze in giro per l’Europa, ha iniziato nel 2007 anche l’avventura nell’azienda di Salvatore Ajello di Mazara del Vallo (Trapani), e prima ancora con Feudo Santa Tresa, nel Ragusano.
Da dove viene la passione per il vino e la scelta di fare il wine maker?
“Wine maker è un’espressione che abbiamo preso in prestito dall’inglese. Io sono per prima cosa un agronomo e poi un enologo. La mia scelta nasce da una consapevolezza, dal fatto che l’enologia, attraverso il vino, possa esprimere come poche altre cose un territorio”.
E in Sicilia che tipo di esperienza sta portando avanti?
“Sono qui dal 2001, anche se continuo ad avere consulenze anche con molte altre aziende. La novità di quest’anno è un rosato”.
Perché il rosato?
“Per valorizzare alcune uve a bacca rossa che magari trovavano poco spazio nella realizzazione di rossi con una maggiore struttura. E poi per aumentare l’offerta”.
Torniamo alla Sicilia del vino.
“Lavoro e tenacia sono due sostantivi che si adattano bene all’Isola. La Sicilia è un territorio vocato a 360 gradi che ha subito, in positivo, grandi cambiamenti orografici ed evoluzioni del territorio”.
Ma non sono tutte rose e fiori.
“Certamente no, ci sono ancora grandi potenzialità inespresse. Ma se pensiamo a quando vitigni come Cataratto e Inzolia venivano mortificati, possiamo dire che strada ne è stata fatta tanta”.
Cosa manca ancora?
“Il tempo ma bisogna essere pazienti”.
L’argomento più caldo del momento è la Doc Sicilia. Che ne pensa?
“È un argomento complesso. Creare una denominazione unica può essere risolutivo per sciogliere i nodi relativi all’imbottigliamento lontano dalla regione. Ma i piccoli produttori e i piccoli territori rischiano di subire danni pesanti, con il rischio di una pericolosa omologazione”.
C’è una strada alternativa?
“Preferisco le piccole Doc. La forza di un territorio, e della Sicilia in particolare, sono le diversità, le tante identità. Vedo bene una Doc unica solo se sarà d’aiuto a volare ma non deve diventare uno svantaggio per qualche categoria”.
Confessi l’amore per un vino.
“Da enologo amo i grandi rossi, soprattutto Bordolese. Da uomo sono un grande amante dello Champagne, annate ’96 delle piccole maison. Grande annata il 1996”.
Marco Volpe