IL PERSONAGGIO
Influenze straniere e tradizioni nostrane nell’arte della Bowerman, al ristorante stellato Glass a Trastevere. “Bisogna valorizzare i buoni sapori di ogni Paese e imparare la filosofia che vi sta dietro”
La cucina globale di Cristina
E’ una cucina diversa quella di Cristina Bowerman. E’ lei stessa a definirla tale e ad individuare nella particolarità la sua forza. La gente a fine pasto è felice e soddisfatta di aver assaggiato “qualcosa di non comune, in un locale differente”.
Il ristorante è Glass a Trastevere, Roma, una stella Michelin. Alla fine del vicolo del Cinque, nella piazzetta opposta a piazza Trilussa, tra le tovaglie a quadri bianchi e rossi delle osterie vicine e i fiori alle finestre delle vecchie case medievali, si apre una grande vetrata. All’interno, legno, pietre, ferro e vetro compongono il locale armonicamente, creando un ambiente al tempo stesso caldo, elegante e raffinato. Materiali diversi sono accostati alternando tradizione a sperimentazione, come nel menù, dove si trovano interiora e bok choi, ravioli all’amatriciana e tobiko giapponese. Un suo piatto può nascere da un’improvvisa ispirazione, ma il più delle volte richiede tempo, prove e assaggi. Dopo aver scelto l’ingrediente principale, vengono testati gli accostamenti e le cotture. Si passa quindi all’assaggio ufficiale con i colleghi e se tutto è perfetto il piatto entra nel menù come antipasto prima e come portata principale poi.
“Uso ingredienti diversi ma riconoscibili – dice Cristina – non voglio creare confusione o nascondere sapori in salse e pate’. Le animelle per esempio sono sempre nel mio menù e chi assaggia sa perfettamente quello che sta mangiando”. Quando era piccola, ricorda Cristina, la lingua o la testina di vitello erano spesso in tavola e il padre giocava invitando la figlia a cercarvi all’interno i denti cariati. Anche la trippa era piatto comune. Oggi invece il quinto quarto spesso si butta. “Bisogna studiare la tradizione, la cucina deve partire dai libri”, continua. Lei ne regala sempre qualcuno ai “suoi ragazzi”, quelli che vengono a imparare tra i fornelli di Glass. “In Italia non tutti sono convinti che una buona pratica debba essere anticipata da un’attenta lettura, ma per fortuna gli altri grandi chef la pensano come me. Bisogna conoscere la tradizione, sapere ad esempio che il piccione coi mirtilli o il maiale con le castagne non sono mie invenzioni, ma sono piatti ripresi dal passato”.
E nello stesso tempo, è necessario confrontarsi con culture diverse. Per Cristina tutte le cucine sono le migliori del mondo, non ce n’è una che può essere definita tale, italiana compresa. Bisogna valorizzare i buoni sapori di ognuna e imparare la filosofia che vi sta dietro. La giapponese, la sua preferita, ha delle zuppe buonissime, elaboratissime sotto il profilo tecnico; non è una cucina piatta, ma esalta i contrasti, uno tra tutti il sale nel cioccolato; la vietnamita fa invece ampio uso di erbe fresche, la cinese di salse fermentate. Influssi orientali si ritrovano negli antipasti di Glass: calamaro con kombu e bok choi o tartare di filetto con tobiko e salsa al wasabi ne sono alcuni esempi. Per quanto riguarda i primi invece, pasta e ravioli sono i protagonisti: “La pasta è italiana e su quella non ti puoi sbizzarrire snaturandola”.
La sua è una cucina globale con particolare riguardo per le tecniche di cottura, che non devono alterare i sapori delle materie prime, ma valorizzarli. Influenze straniere e tradizioni nostrane che ritornano nei piatti come nella sua vita, divisa tra Italia e il melting pot statunitense. Nata in Puglia, si è trasferita in California prima, in Texas poi, dove si è laureata in arti culinarie. Dopo il diploma ritenne importante inserire nel curriculum un’esperienza in un bel ristorante italiano e approdò a Roma, al Convivio Troiani, con in testa il progetto di un breve periodo in Italia e poi il ritorno negli Stati Uniti. Avviò nel frattempo un’attività di catering e per preparare i piatti chiese di affittare la cucina di Glass durante la mattina, dato che il ristorante, allora come adesso, era aperto soltanto la sera. “Fabio Spada e Silvia Sacerdoti, i due proprietari, mi videro così lavorare e mi offrirono di dirigere la cucina per tre mesi di prova. Siamo insieme ormai da quattro anni”.
Il sogno di Cristina è aprire Glass anche negli Usa e continuare a vivere tra tradizione e innovazione, tra origini e presente. I mobili della vecchia casa americana sono coperti dal cellofan, ma stanno tutti ancora al suo posto.
I ristoranti consigliati da Cristina Bowerman
In Italia, oltre ai grandi nomi, Al Pont de Ferr a Milano.
Nel mondo, Cyrus in California e Alinea a Chicago.
Prossimo ristorante che vuole provare: Locanda Toscano, in Calabria.
Bianca Mazzinghi