Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 32 del 25/10/2007

IL PERSONAGGIO Mister Vastedda

24 Ottobre 2007
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    IL PERSONAGGIO

vastedda_hp.jpgNino Cangemi nella Valle del Belìce produce il formaggio che ha ottenuto il riconoscimento Dop. E difende le tradizioni: «Dobbiamo proteggere i pastori e farne scuola. Un bimbo sente belare l’agnellino, non il videogioco»

Mister Vastedda

Cinquecento pecore al pascolo tra le rocche Giriffittino e la zona più vitata nella valle del Belìce. Un panorama, sembra Eden, la valle a cucchiaio che apre come un incantesimo i suoi confini. A Donzelli Girifittino Nino Cangemi è il pastore.

vastedda.jpgNel consorzio per la tutela del formaggio Vastedda della Valle del Belice, Nino è un diamante delle pecore autoctone siciliane.
Una volta veniva prodotta solo nel periodo estivo, ora vista la grande richiesta, la produzione si è estesa a tutto l’anno. Mister Vastedda nel caseificio non è solo. La signora Giovanna è una perfetta organizzatrice e poi c’è la figlia Giusi. Vincenza si occupa degli aspetti commerciali del prodotto.
Dove arriveranno i Cangemi? In Giappone le attrezzature storiche della vastedda le copierebbero subito. La “rotula”, la tina di legno, il bastone di legno per la filatura, le fiscelle di giunco, la caldaia di rame stagnato. «Ma i pastori sono nostri – dice Nino Cangemi -, li dobbiamo proteggere, e fare scuola della pastorizia. Un bimbo sente belare l’agnellino non il videogioco». La vastedda dalle radici della cultura popolare nasce dal latte che coagula nella tina di legno a 36/40 gradi insieme col caglio in pasta di agnello. Il caglio è lo stomaco degli agnellini, la morte dei piccoli rigenera nella vastedda, dono dei pastori. Nino Cangemi realizza con arte il formaggio quando rompe la cagliata con la rotula di legno, la rimesta, gira e solleva, aggiunge la scotta, l’acqua calda, l’impasto si compatta, scivola sempre di più e fila come fosse oro bianco.
famiglia_cangemi.jpgPoi Nino la estrae aiutato dalle sue donne che equipaggiano il tavolo di ciotoline, le mettono in fila come soldatini. Questo formaggio unico, dalla forma ovoidale, “accuppata” conferita da questo piatto fondo, la custodisce appena fatta.
Tony Cangemi, il figlio pastore, la sua nuova casa l’ha costruita a un passo dalle greggi. Lo riconoscono e lo circondano in cinquecento: «Ormai si sono abituate a me, conoscono i miei orari», dice. Il numero cresce dai tempi della guerra; una vacca e una capra poi aumenta passo passo, dieci pecore alla volta fino a contarne cento, duecento… cinquecento pecore. Un’orchestra compatta corre improvvisamente come una diga appena aperta. La roccia giallo ocra, è un fondale che spicca e il gregge scorre in salita appena il piccolo rumeno apre il recinto.
«Il pastore è il curatolo – dice Tony – dedizione assoluta alla cura della pastorizia. Il termine siciliano deriva dal latino: chi si prende cura delle greggi. Per essere un buon pastore, devi essere un buon agricoltore; fare il fieno nel periodo giusto», aggiunge con un sorriso.
Calogero Cangemi nipote di Mister Vastedda ha solo 10 anni e già le pecore le sa contare.

Gianfranca Cacciatore