LA PROVOCAZIONE
Amara analisi sullo stato dei locali. Mentre la Michelin si accorge del capoluogo siciliano, non ci resta che il cibo di strada
Come si mangia a Palermo?
di Fabrizio Carrera
Come si mangia a Palermo? Giuro che da qualche tempo questa domanda mi mette in crescente imbarazzo. Non riesco a rispondere. Lasciando un po’ stupiti i miei interlocutori. E’ inutile nascondersi, dietro a questa domanda c’è tutta una città. La sua voglia di stare al passo coi tempi, il suo tasso di creatività, lo stato di salute economico, la difesa delle proprie tradizioni. Di tutto, insomma. Torniamo alla domanda iniziale. Come si mangia a Palermo?
Neanche tra queste righe mi sento di dare una risposta. Ma non voglio avvalermi della facoltà di non rispondere. E’ solo che non trovo stimoli o spunti per poter affermare qualcosa. Se provo a rispondere che a Palermo si mangia male, sarebbe un po’ inesatto. Due o tre indirizzi si possono ancora conservare. Senza strafare. L’importante è sapere cosa vuoi mangiare: carne, pesce, un primo fatto bene, un locale dove c’è la carta dei vini imponente, un panino per uno spuntino veloce. Ecco, per limitare i danni al vostro palato e al vostro portafoglio, l’importante è sapere cosa si vuole. E cercare di mettere d’accordo tutti i commensali. Tralasciamo poi la parola “location” o la parola “servizio” perché siamo ancora all’anno zero. Suggestioni tra i tavoli o attenzioni per il cliente sono concetti ancora molto lontani dalle teste di chi gestisce un ristorante a Palermo. Le quali sono sempre governate dal concetto di quantità che resiste a ogni moda e a ogni tempo. Numeri, coperti, incassi.
Quello che non si può nascondere è che l’offerta del mangiar fuori non registra da anni novità di rilievo. Tasso di creatività o fantasia uguale a zero virgola qualcosa, la maggior parte vivacchia lamentandosi senza fine o parlando male del vicino, va meglio chi difende le tradizioni o chi propone formule molto moderne come l’aperitivo rinforzato o cene fatte da piccoli snack magari con un calice di vino appropriato. Ma col mangiar bene non c’entra nulla. Sarà colpa anche della crisi economica, girano pochi soldi. I locali che aprono i battenti non mancano ma nulla di emozionante, nulla da poterci far dire che Palermo sta crescendo.
Eppure in questo grigiore assoluto potrebbe accadere qualcosa di importante. Gira voce che la Guida Michelin starebbe per assegnare una stella a un locale. Un paio i nomi in lizza e sarebbe un testa a testa. C’è il nome noto e l’outsider ma non vi diremo di più. Chissà che questo non serva a smuovere le acque immobili della ristorazione palermitana. Chissà che qualcuno di voi ci segnali un posto che metta in discussione la nostra amara analisi. Per consolarci annotiamo che quello di cui andar fieri a Palermo è il cibo di strada: panelle, pane con la milza, sfincioni, stigghiole, polpi bolliti e altre leccornie restano un motivo d’orgoglio. Senza pretese, cibo povero (i polpi ormai un po’ meno) ma dignitosissimo, sono una bandiera del nostro mangiar bene. Forse dobbiamo rintanarci lì, tra padelle zeppe di olio e graticole fumanti per poter dire che a Palermo si mangia ancora bene.