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Le grandi verticali

Kurni, vino “patrimonio dell’umanità”, una verticale lunga 16 anni

19 Marzo 2015
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Di Vignadelmar, DoctorWine

Una verticale, oseremmo dire immensa, ma tanto affascinante. E doverosa di due capitoli. Con le annate più recenti (2012-2005) e quelle un po’ più vintage (2004-1997).

Si tratta della verticale del Kurni, un vino che, secondo doctor Wine, dovrebbe essere dichiarato “Patrimonio dell’Umanità”. E di seguito, trovate il racconto di questo che possiamo definire un vero e proprio evento.

“Per i lettori di Doctor Wine, per chi mi conosce personalmente o ha letto negli anni ciò che ho scritto, sa che per me il Kurni è un vino che dovrebbe fregiarsi del titolo di “vino patrimonio dell’Umanità” e che negli anni ne ho bevute decine e decine di bottiglie. Rivendico con forza questo mio ruolo di scrittore appassionato e passionale, non distaccato, che chiarisce da subito le proprie predilezioni. Alcuni di voi potrebbero pensare che queste ultime mi possano far perdere l’obbiettività, per vostra fortuna i pezzi prima di vedere la luce vengono vagliati da una Caporedattrice e da un Direttore, che qualcosa nella vita hanno bevuto….

Già quasi dieci anni fa, quando avevo la mia osteria, organizzai la prima verticale completa di 10 annate, oggi sono a raccontarvi della verticale completa di 16 annate: dalla 1997 alla 2012. Su questo vino, sui suoi creatori, Marco ed Eleonora Casolanetti, potrei scrivere pagine e pagine. Ad esempio dicendovi che per la loro azione ed il loro esempio sono i responsabili della rinascimento enologico ed oleario di questa larga porzione di territorio. O che Eleonora è anche una cuoca formidabile, che ci ha deliziato con un pranzo ed una cena di livelli stratosferici.

Il Kurni è fatto con sole uve montepulciano, il quel di Grottammare (AP), con sistemi colturali estremi e protocolli di vinificazione ed invecchiamento davvero unici. Potrei parlarvi di fittezze d’impianto esasperate – l’ultimo vigneto recentemente messo a dimora ha 44.000 piante per ettaro – così da stimolare al massimo la competizione fra le loro radici nella ricerca in profondità delle sostanze nutritive. Potrei stupirvi dicendovi la ridicola resa di uva per pianta, assicurandovi sulla totale ed assoluta naturalità delle azioni in vigna, dove quasi tutto è fatto a mano. In un tempo dove i neo enotalebani aborrono e brucerebbero sul rogo chiunque osi usare le barrique, in questa cantina il vino riposa 12 mesi in una barrique nuova, per poi essere travasato in un’altra barrique nuova per altri 8 mesi. Barrique francesi, frutto di anni ed anni di studio, con legni a forte tostatura e dal lungo invecchiamento. Passaggi in legno che però, guarda il caso, non lasciano traccia nel vino”… (continua)

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