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Vinitaly 2009

Nero d’Avola a prova di desertificazione

02 Aprile 2009

Nero d’Avola a prova
di desertificazione

La desertificazione avanza ed il Nero d’Avola migliora. È stato questo il primo risultato ottenuto da un progetto di ricerca triennale, avviato nel 2007 ed ancora in corso, condotto dall’Istituto regionale della Vite e del Vino in collaborazione con l’Università di Palermo -  Dipartimento di Agronomia ambientale e territoriale. “Salinità pedologica, risposte vitivinicole ed enologiche del Nero d’Avola” il titolo dello studio che spiega  le basi da cui è partita la sperimentazione:  la valutazione dell’adattabilità e la risposta quali-quantitativa della vite all’evoluzione di terreni  sempre più caratterizzati da un elevato contenuto di salinità per effetto del cambiamento climatico in atto.

E ne spiega anche l’urgenza e l’importanza dato chela Sicilia  è tra le regioni meridionali più a rischio di desertificazione e detentrice di un patrimonio vitivinicolo unico al mondo.  Le finalità del progetto sono quelle di individuare le possibili strategie di adattamento per salvaguardare le varietà autoctone siciliane e sostenere la proposta enologica. Come oggetto di studio è stato scelto il vitigno Nero d’Avola, mentre il programma di ricerca si articola in un test incrociato di vino proveniente da tre suoli con differente grado di salinità e trattato secondo un medesimo protocollo di trasformazione delle uve. A effettuare la vinificazione è stata la cantina di micro vinificazione “G. Dalmasso” dell’Irvv a Marsala. Il risultato è stato sorprendente.
Il vitigno principe della Sicilia sembra essersi ben adattato ai suoli più salini presentando addirittura un quadro aromatico migliore. “Abbiamo scelto di studiare il Nero d’Avola  perché è la varietà autoctona più prestigiosa della Sicilia e perché pensiamo che i risultati possano aiutarci a differenziare le numerosissime produzioni di Nero d’Avola della regione, in vista di una collocazione più specifica dal punto di vista qualitativo”, spiega Antonio Sparacio, agronomo del settore tecnico sperimentale dell’Irvv a cui è stato affidato il coordinamento della parte enologica della ricerca. “Questi primi risultati  sono ancora parziali ma significativi, perché già ci mostrano l’elevato  grado di resistenza e di adattabilità di questo vitigno.  Abbiamo analizzato però solo i dati provenienti dalla vendemmia del 2007, stiamo ancora elaborando quelli del 2008 ma completeremo il quadro con la vendemmia del 2009. Questo studio vuole essere solo una prima tappa, poiché nostra intenzione è quella  di estendere l’osservazione anche alle varietà a bacca bianca”.
Più che un panorama apocalittico si delinea così una prospettiva incoraggiante per il futuro dei vini siciliani. Intanto, i campioni di Nero D’Avola “salino” e “mediamente salino”  sembrano aver e affrontato questo primo esame con eccellenti risultati: rispetto agli altri vini rossi contiene una maggiore quantità di sostanze che fanno bene al cuore. Mentre all’analisi organolettica hanno presentato una maggiore intensità di colore, di riflessi violacei, di sentori di frutta sotto spirito e frutta secca, maggiore sapidità.

Manuela Laiacona