Una sorta di pancetta (a volerne semplificare la natura): ma ottenuta da tagli di carne diversi; e poi in versione pachiderma, relativamente alle dimensioni. È la Tarese del Valdarno, specialità storica dell’Aretino, radicata in particolare nei comuni di Montevarchi, San Giovanni, Bucine, Terranuova Bracciolini e Loro Ciuffenna. Per prepararla, servono suini adulti di proporzioni decisamente poderose: non meno di 180-210 chili. Una stazza insomma davvero non comune. Difficile trovare capi con quei requisiti; tanto da aver portato a inserire il salume che se ne ricava negli elenchi dei presìdi Slow Food: le comunità locali di operatori impegnate appunto nella difesa di tecniche artigianali e tipicità gastronomiche a rischio di estinzione. Inclusa, per lo stesso motivo, nei registri delle PAT (Prodotti agroalimentari tradizionali) adottate dalla Regione Toscana, la tarese è la protagonista di questo nostro approfondimento lungo le strade del gusto.
LA LAVORAZIONE
La gestazione della tarese segue a grandi linee quella, dicevamo, di una pancetta tesa. Ovvero porzionando le carni suine a blocchi, per poi salarle, speziarle e avviarle infine ad asciugatura. Nel nostro caso, però, il taglio impiegato non è solo quello ventrale: le zone anatomiche interessate riguardano quasi metà dell’animale: partendo, sì, dalla pancia, ma per arrivare fino all’arista (l’area dorsale posizionata al di sopra opra le vertebre lombari, dietro alla coppa), escludendo coscia e spalla. Il pezzo finito, per capirci, può raggiungere ordini di grandezza pari a 70 x 90 centimetri, con un peso superiore ai 20 chili. Quanto al metodo di preparazione, in sintesi è così che procede: le parti incluse nella lavorazione vengono disossate (rifilando le porzioni in eccesso); le loro fibre proteiche e grasse vengono massaggiate con pepe, aglio rosso e altre spezie (ginepro, ad esempio); quindi tenute sotto sale grosso tra i 10 e i 15 giorni; poi di nuovo speziate e infine poste in stagionatura per un periodo dai 2 a i 3 mesi.
IL PROFILO SENSORIALE
All’assaggio, la consistenza è compatta ma tenera e la massa grassa non eccessiva: siamo attorno al 6%. La tendenza gustativa risulta in equilibrio tra dolcezza e sapidità, accogliendo ovviamente anche delicate incursioni piccanti. Le direttrici olfattive presentano un articolato intreccio fra le ovvie note di tipo carneo-animale e le tematiche, altrettanto prevedibili, conferite dal trattamento aromatico: con l’aglio e il pepe in bella evidenza. Insomma, partendo da queste ultime annotazioni, si tratta di una personalità organolettica che, in abbinamento, richiede un bicchiere dotato di alcune prerogative ben chiare: una certa acidità (in parte per gestire la pur contenuta frazione lipidica del salume, in parte per mitigarne le rusticità odorose); un orientamento nasale improntato a sensazioni in grado di dialogare con quelle della tarese (ad esempio cercando affinità con le sue speziature); un impianto gustativo morbido-dolce, così da andare in contrasto armonico con il tratteggio sapido-piccante del boccone. Questa l’equazione da svolgere: eccone tre soluzioni possibili.
CON LA HELLES
Dorata e pulita, la H-Sweet-H targata Gimme More (marchio artigianale operante a Segrate, in provincia di Milano) risponde già ai requisiti sopra elencati: quantomeno ad alcuni. La sua curva gustativa, refrattaria all’amaro, liscia per il verso del pelo il caratterino sale e pepe della tarese; mentre i 4 gradi e 2 della sorsata, insieme alla sua bollicina, costituiscono un arsenale di gestione della materia lipidica del tutto sufficiente alla bisogna, in questa circostanza. Infine le interazioni olfattive: su questo piano il boccone prevale, è oggettivo; eppure le tematiche panificate della birra, pur collocandosi in posizione gregaria rispetto alle esuberanze del salume, riescono (come volevamo) a dialogare con i suoi aromi carnei, evocando familiari sensazioni da merende contadine.
CON LA BOCK
Su un binario assai simile procede il secondo test di abbinamento: che vende sul quadrato la Winter Beck della scuderia Leder (a Ledro, in provincia di Trento). Ovvero una Dunkles Bock: che spinge ancora di più sul pedale della dolcezza (ottimizzando le armonizzazioni con il profilo sapido-piccante del boccone); che sfodera una gradazione superiore, salendo al 6.5% (governando ancor meglio la materia grassa del salume); e che, pur con maggiori tostature, torna a proporre una piattaforma olfattiva comprendente quei temi panificati la cui idoneità verso la tarese sono stati già collaudati sorseggiando la H-Sweet-H.
CON LA BELGIAN BLOND ALE
Si cambia registro con il terzo round: almeno relativamente alla tipologia della birra in pista. Abbiamo infatti una Belgian Blond Ale: la Furore firmata a Peccioli (Pisa) dal marchio agricolo Poggio Rosso. Dorata e leggermente velata, fa valere i suoi 6.8 gradi alcolici ricalcando – per quanto concerne la gestione della materia grassa in dote al boccone – i risultati prodotti dalla Winter Beck. Poi, sul piano gustativo, la bevuta segue le orme lasciate da entrambe le precedenti: offrendo essa stessa contenuti di morbidezza e tendenziale dolcezza che, come ampiamente appurato, compensano armonicamente il profilo sapido-piccante del salume. Infine, sotto il profilo olfattivo, oltre a note di panificato chiaro (simili nella natura e negli esiti di abbinamento a quelle proposta dalla H-Sweet-H), quest’ultimo bicchiere manifesta anche delicate speziature (pepe, chiodo di garofano): tali da agganciare, in affinità, quelle della tarese.
BIRRIFICIO POGGIO ROSSO
Azienda Agricola Fernando Campana,
Via della Bonifica, 158, Peccioli (Pisa)
347-1145291
www.birrificioagricolopoggiorosso.it
info@birrificioagricolopoggiorosso.it
www.busadeibriganti.com
BIRRIFICIO LEDER
Via Nuova, 11, Ledro (Trento)
346-0127572
info@birrificioleder.it
www.birrificioleder.it
BIRRIFICIO GIMME MORE
Via Rivoltana 31, Segrate (Milano)
info@gimmemore.it
www.gimmemore.it