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Presìdi Slow Food

Il Matese entra nella rete Slow Food: riconosciuti i mieli di montagna

14 Ottobre 2025
Un'ape Un'ape

Cinque apicoltori campani premiati per la tutela della biodiversità a oltre seicento metri d’altitudine

Cinque apicoltori del versante campano del Matese entrano ufficialmente nella rete dei Presìdi Slow Food con i loro mieli di montagna. È il riconoscimento a un lavoro che tutela la biodiversità e valorizza un territorio appena divenuto Parco nazionale.

Gli alveari si trovano sopra i seicento metri di altitudine, tra le province di Caserta e Benevento. Qui il paesaggio alterna prati umidi, doline e boschi di faggio e leccio, in un ambiente dove la presenza umana resta limitata e la natura domina. “Il Matese è un massiccio carsico ricco di acque sotterranee e pascoli naturali. È un luogo ideale per un’apicoltura rispettosa e sostenibile”, spiega Vincenzo D’Andrea, referente Slow Food del Presidio.

Il disciplinare stabilisce regole precise: altitudine minima di seicento metri, massimo venticinque alveari per produttore e una distanza di almeno cinquecento metri tra gli apiari. Scelte che servono a evitare la competizione tra api domestiche e impollinatori selvatici come bombi e farfalle.

Antonella Eduardo, referente dei produttori, conduce la sua azienda a circa novecento metri di quota. “Le api qui si nutrono solo di nettare selvatico. Non pastorizziamo il miele, per conservarne le qualità naturali,” racconta. Laureata in Beni culturali, ha trasformato una passione nata per curiosità in una piccola impresa agricola. “Pratichiamo un’apicoltura orizzontale: apriamo solo porzioni dell’arnia, per non disturbare le api. È un metodo più lento, ma le mantiene in equilibrio.”

Il Presidio Slow Food dei mieli dei prati del Matese si affianca a quello dei prati stabili e dei pascoli, già attivo nella zona. L’obiettivo è comune: proteggere un sistema ecologico delicato, fatto di fioriture spontanee e di saperi tradizionali.

“Vogliamo preservare un paesaggio e una cultura agricola che rischiano di scomparire”, aggiunge D’Andrea. “Questi mieli raccontano un territorio ancora autentico, dove la montagna è parte della vita quotidiana. (…) Abbiamo voluto favorire l’apicoltura stanziale e i produttori locali, per questo abbiamo scelto di coinvolgere solo chi ha l’azienda nei comuni dell’area protetta. Per non depauperare la risorsa floreale che in altura è ridotta, abbiamo stabilito anche che ciascun apiario non possa avere più di 25 alveari e che tra un apiario e l’altro vi siano almeno cinquecento metri di distanza. Non possiamo permetterci di innescare una competizione tra le api mellifere e gli impollinatori selvatici: bombi, osmie e farfalle sopravvivono grazie al nettare e al polline proprio come le api». Guai a trasformare l’apicoltura in una pratica intensiva, il suo monito: anzi, la speranza è che il nuovo Presidio Slow Food dei mieli dei prati dei Monti del Matese possa «incoraggiare a tornare a un approccio estensivo anche chi, sull’Appennino, alleva ovini, caprini e bovini».