Per quanto ancora lontano, quello di una pace in Terra Santa resta un orizzonte al quale la Palestina e la sua gente non possono permettersi di rinunciare. Ciascuno nei modi che gli sono consentiti, naturalmente: anche, per esempio, continuando a produrre birra. Ed è esattamente ciò che, a Taybeh — villaggio della Cisgiordania situato cinque chilometri a nord-est di Gerusalemme e dodici a nord-est di Ramallah — la famiglia Khoury fa ormai dal 1994. Nonostante tutto: prima l’occupazione, poi, dal 2023, il conflitto aperto.
Siamo nell’unica comunità palestinese interamente cristiana. Una piccola comunità: circa 1.350 persone. Qui l’avventura dell’alchimia tra orzo e luppolo è iniziata sull’onda dell’ottimismo seguito agli accordi di Oslo del 1993, e la storia imprenditoriale della Taybeh Beer è oggi giunta alla seconda generazione. I fondatori, i fratelli David e Nadim, hanno infatti ceduto il timone ai figli di quest’ultimo, Madees e Canaan (36 anni il primo, 33 il secondo), dando linfa e futuro a una visione fortemente voluta dal loro nonno paterno.
I Khoury vivevano negli Stati Uniti, dove erano emigrati dopo la Guerra dei Sei Giorni (5-10 giugno 1967) e dove, a Brookline (Massachusetts), gestivano un negozio di liquori. Nadim, da studente, aveva però già cominciato a cimentarsi con l’homebrewing nella sua stanza del campus, durante gli anni del college a Boston. Una volta conseguita la laurea in Economia, suo padre insistette affinché rientrasse in Palestina, per dare il proprio contributo alla vita e ai sogni della sua terra.
Così nacque la Taybeh Beer, il primo marchio brassicolo palestinese. I suoi esordi furono rocamboleschi, potendo contare solo su fondi raccolti autonomamente e quindi su risorse limitate. Da allora la sua esistenza si è dipanata faticosamente tra i mille ostacoli di una regione sotto controllo militare: dall’approvvigionamento dell’acqua — ridotto a quattro litri per ogni litro di birra prodotta, contro una media mondiale di otto-dodici — alla commercializzazione dei prodotti, spesso resa possibile solo trasportando fusti e bottiglie su asini, per superare i numerosi posti di blocco.
Già prima di questi ultimi anni, una fase duramente critica fu quella della seconda intifada (2000-2005), segnata da una stretta israeliana sempre più rigida e da un parallelo irrigidimento ideologico e religioso in Palestina, che limitò fortemente il commercio di alcolici. Tuttavia, proprio combattendo contro queste continue difficoltà, il birrificio è diventato per la comunità locale non solo una risorsa economica — arrivando a impiegare fino a venti dipendenti, tra cui anche alcuni musulmani praticanti — ma soprattutto un simbolo di appartenenza e di tenace orgoglio popolare.
Popolare, sì: perché in una situazione come questa, ogni gesto, anche il più semplice, come andare a scuola o bersi una pinta, diventa un atto di resilienza. E di autentico coraggio, qui a Taybeh, un villaggio che — pur essendo l’unico interamente cristiano in Palestina — resta esposto alle scorribande dei coloni. Come quella del 25 agosto scorso, quando un raid seminò il panico nel paese al grido di “Via gli arabi o morte”.
Eppure, nonostante tutto, contro l’aberrazione della violenza si oppone la resistenza silenziosa delle attività quotidiane. Gli affetti, il lavoro. Già, il lavoro. Per un’impresa che produce beni di consumo significa anche venderli. E il catalogo della Taybeh Beer è ampio: vi figurano la Golden (Pale Lager da 5 gradi), la Dark (Dark Lager da 6), la Amber (Märzen da 5,5), la White (Witbier da 3,8, con coriandolo e scorza d’arancia amara), la IPA (American IPA da 6,6), la Winter Lager (Spiced Beer da 7,5, con zenzero, miele, cannella, noce moscata e chiodi di garofano) e la Nonalcoholic, a bassa fermentazione.
Proprio le etichette firmate dai Khoury sono state adottate, l’estate scorsa, dai supermercati britannici Co-op, marchio storico del sistema cooperativo del Regno Unito. Un traguardo non facile, date le complicazioni logistiche ed economiche: dalle lungaggini doganali all’aumento costante dei costi di gestione. Ma la quadratura è arrivata grazie alla collaborazione con il birrificio scozzese Brewgooder, che ha ospitato la produzione dei colleghi mediorientali rispettandone le ricette, consentendo così alla Taybeh Beer di rifornire con continuità il mercato britannico. Dal sodalizio è nata anche una birra a quattro mani: la Sun & Stone, una Lager da 4,5%, disponibile sul portale di Brewgooder.
Infine, alcune etichette della gamma palestinese sono reperibili online, attraverso piattaforme come A la cave, Wine-Searcher e Beertasting. Da Taybeh, un messaggio liquido di speranza: quella che si fa forza e resiste.
Taybeh Beer
Main rd. Taybeh
Ramallah – Palestine
tel.+970-2-2898868
taybehbeer.com