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Birra della settimana

Il 2025 del birrificio Luppolajo: quando la provincia piccola pensa in grande

07 Dicembre 2025
Birrificio Luppolajo Birrificio Luppolajo

Il marchio agricolo di Castel Goffredo sfida la crisi chiudendo un’annata di investimenti e di crescita

In tempi di vacche per niente grasse (se non decisamente magre) come quelli che la birra artigianale italiana si trova ad attraversare in questa fase del proprio cammino, c’è chi guarda verso l’attuale orizzonte a tinte grigie con il piglio della sfida. Ovvero investendo risorse e puntando a rilanciare. Una scelta, per giunta, operata non in un contesto metropolitano, bensì immerso nella profonda provincia rurale del Paese. Per l’esattezza nelle campagne di Castel Goffredo, comune da 13mila abitanti scarsi in provincia di Mantova, ma a un tiro di schioppo da quella di Brescia: in tutto e per tutto una terra di confine e di contaminazioni.

Qui, dal 2012 ormai, al civico 13 della Strada Carpenedolo, campeggiano le insegne del marchio Luppolajo: ramo brassicolo di un’azienda agricola battezzata con il nome del suo stesso proprietario, Enrico Treccani. Un agricoltore figlio (unico) di agricoltore (il padre Rinaldo). Un ragazzo che ha assunto le redini dell’attività nel 2008, ad appena 24 anni, e che nel frattempo si era appassionato alla pinta, facendo una solida gavetta da homebrewer. Quindi, una volta preso in mano il timone dell’impresa di famiglia, ne ha orientato la rotta anche verso l’economia degli orzi e dei luppoli. E ora, giunto alle sue 41 candeline, si può ben dire che abbia vinto la propria scommessa: tanto da aver costruito le condizioni per poter oggi, appunto, crescere nelle dimensioni e incrementare la produzione.

Una realtà orgogliosamente agricola
Luppolajo è un marchio ovviamente agricolo: non a caso si qualifica come farmhouse brewery. Un birrificio (con piccolo luppoleto annesso) incastonato in una proprietà da 27 ettari, tutti a seminativo (escluse le colture da rotazione). Ciò permette a Enrico di mietere in autonomia i cereali (frumento, avena e soprattutto orzo) necessari ad alimentare l’impianto di brassaggio, il cui funzionamento assorbe oggi ben il 50% delle granaglie totalmente raccolte nei campi di famiglia.
Alla maltazione dei chicchi provvede, attualmente, la Stamag di Vienna: dai suoi forni esce il Pils che costituisce la dorsale di tutte le ricette firmate da Enrico, comprese quelle delle scure presenti in catalogo (come la Calì imperial stout). A proposito del campionario: la gamma della casa si qualifica per una notevole varietà di indirizzi e riferimenti stilistici (tra Germania, Belgio, Gran Bretagna, Stati Uniti e tipicità a base di ingredienti locali). Un listino davvero ampio, in cui si riflette una delle molle più significative del lavoro di progettazione che sta alle spalle di tanto assortimento: il piacere di elaborare, il divertimento nello sperimentare.

Le ragazze del podere
Tra le creature di Enrico troviamo, ad esempio, una german ale, la Bucolica: ispirata alle Kölsch di Colonia; attestata sui 4,5 gradi alcolici; luppolata giudiziosamente con gettate di Saaz e Saphir; caratterizzata da un naso sottilmente minerale e da una beva notevole. Sul fronte modernista troviamo etichette come l’Eneide: una robusta red IPA color ramato carico, il cui calore etilico (siamo sul 7%) trova ideale contraltare nelle freschezze agrumate, resinose e balsamiche garantite da tre vigorosi luppoli nuovomondisti: Cascade, Chinook e Sorachi Ace. Mentre nel segmento delle referenze d’impronta territoriale non poteva mancare una pumpkin ale: l’ambrata Mantua, preparata con la ben nota varietà di zucca locale, la Delica, le cui polpe (calcolate al 20% sulla massa totale del mosto) vengono prima avvolte in alluminio e tostate al barbecue, quindi aggiunte in tre fasi: un terzo in ammostamento, un terzo a fine bollitura e un terzo durante il trasferimento caldaia–fermentatore lungo lo scambiatore di calore.

La cucina, il presente, il futuro prossimo
Altra scelta strategica del Luppolajo è quella della saldatura con la cucina. La tap-room, giusto di fianco all’impianto, offre spazi accoglienti, informali e caldi; oltre a un’offerta gastronomica assai distante dagli standard che contraddistinguono i menù della maggioranza di pub e brewpub. La plancia di comando, qui, è affidata a una figura dedicata: Alberto Malafico, che esercita il suo ruolo di direttore tra i fornelli optando per ingredienti locali (oggi coprono circa l’80% del fabbisogno) e per piatti di livello ambizioso, a partire dalla scelta di cuocere rigorosamente solo al fuoco di legna.

Così, in carta, troviamo: un prosciutto affumicato in proprio (il fiore all’occhiello di un’attenta selezione tra salumi e formaggi); un ampio ventaglio di portate a base di carne (bistecche, roast beef, stracotti, lingua); comprimari golosi tra patate, funghi, polente, cavolo e verdure di stagione; ricette con al centro lo storione, fornito dal vicino allevamento di Goito.

Quello tra birra e tavola, insomma, si rivela da queste parti un binomio vincente; i boccali viaggiano forte ed Enrico non si fa pregare: se c’è da pestare sui pedali, lui pesta. Così, negli ultimi mesi, il suo arsenale – già dotato di imbottigliatrice e lattinatrice di proprietà – è stato irrobustito, passando per la sala cotte dai precedenti 6 ettolitri agli attuali 24; e nella batteria dei fermentatori, da un potenziale annuo di mille ettolitri a uno di tremila.

Morale: il 2025 si chiuderà con un volume di prodotto sui mille ettolitri; e nel 2026 si punta ai 1200. Di sete, questo è certo, a Castel Goffredo non si muore…

Birrificio Luppolajo
Strada Carpenedolo 13, Castel Goffredo (Mantova)
tel. 3339691724 – 3341946388
www.luppolajo.com