DIARIO GOLOSO: nella capitale francese ben sei tra i 50 migliori ristoranti al mondo. L’Astrance è il locale più gettonato del momento e per cenare è necessario prenotare due mesi prima. Da Pierre Gagnaire il conto non scende sotto i 200 euro
Parlando di cucina francese gli italiani hanno sempre storto la bocca, più o meno quanto i francesi davanti a quella italiana. Si potrebbe discutere di standard, di diffusione del mangiare bene, di radici gastronomiche e di molte altre ragioni che rendono unica la nostra tavola. I cromosomi ci assistono e, in fondo, ne siamo compiaciuti. Quando però la critica internazionale riconosce a una sola città sei ristoranti tra i 50 migliori al mondo e ben dieci “tre stelle”, conviene togliersi il cappello e ascoltare.

Pierre Gagnaire (www.pierre-gagnaire.com, 6 Rue Balzac, Tel. +33 1 58 36 12 50, 8° Arrondissement) è oggi “la” stella di Parigi. In molti scommettono che, in un confronto diretto con Ferran Adrià, potrebbe perfino prevalere. Nel menu degustazione, creativissimo, compaiono piatti come “champignons de Paris grillés-séchés à l’huile de truffe blanche d’Alba”. La cattiva notizia è che neppure a pranzo si salva il portafogli: da 200 euro in su. Gaya Rive Gauche è il suo secondo locale, chic, più informale e con prezzi più umani.
Joël Robuchon è una vecchia volpe della ristorazione parigina. In Francia Gault Millau lo ha proclamato “cuoco del secolo”, mentre l’International Herald Tribune lo definì “miglior cuoco al mondo”. A L’Atelier (www.robuchon.com, 5 Rue de Montalembert, Hôtel Pont Royal, Tel. +33 1 42 22 56 56) propone una formula nuova per Parigi: un menu gourmet degustato seduti attorno alla cucina a vista, come in un winebar o in un ristorante giapponese, con cui condivide un certo istinto. Porzioni piccole, selezione magistrale. L’équipe di cuochi lavora sotto gli occhi del cliente. Il successo è stato immediato: oltre 200 coperti al giorno.
Alain Ducasse è lo chef e anche uno dei cinque ristoranti del lussuoso Hotel Plaza Athénée (www.alan-ducasse.com, 25 Avenue Montaigne, Tel. +33 1 53 67 66 65). Ducasse sostiene che “la cucina è il 40% tecnica” e che tra ricetta e realizzazione accade qualcosa di magico. Il menu oscilla tra radici antiche e slanci moderni, mentre la sala in stile Luigi XV colpisce per un lampadario Swarovski composto da migliaia di pezzi e un orologio senza la lancetta dei minuti. Davanti al suo foie gras con gelatina al tè verde il concetto di tempo, in effetti, diventa un dettaglio. Carta dei vini straordinaria.
Per cenare a L’Astrance (4 Rue Beethoven, Tel. +33 1 40 50 84 40, 16° Arrondissement) serve un preavviso di un paio di mesi. Il locale è piccolo, 25 coperti, ma la gamma di piatti è ampia. È il ristorante più conteso del momento. La cucina moderna di Pascal Barbot, 33 anni, ha convinto critici e pubblico: nel 2005 ha ricevuto il premio Gault Millau come miglior cuoco di Francia. In cucina usa olio extravergine, pochissimo burro, zero panna e niente sale. Il “Menu déjeuner” costa circa 120 euro; il menu sorpresa, obbligatorio a cena e con vini inclusi, arriva a 250 euro. Non pochi, ma venti portate nemmeno.
Chi cerca creatività può saltare questo tempio della tradizione. L’Ambroisie (9 Place des Vosges, Tel. 01 42 78 51 45), di Bernard Pacaud, è forse il meno noto dei tre stelle parigini, ma tra i gourmet di professione è un mito. Pacaud, riservato e appassionato, passa le giornate in cucina nell’antico atelier-gioielleria che ora ospita il ristorante, uno degli angoli più suggestivi di Place des Vosges. Chi ha letto Maigret avvertirà un brivido. L’ambiente è classico e, a lume di candela, fra i più romantici.
Lievemente in calo nelle quotazioni internazionali Le Cinq (www.fourseasons.com/paris, Hotel Four Seasons, 31 Avenue George V, Tel. 01 49 52 70 00) di Philippe Legendre, forse per un suo possibile trasferimento. Resta un tre stelle e il 29° al mondo. L’ambiente è monumentale: colonne di marmo, luce naturale, palme, uno sfarzo che più francese non si può. Splendido anche il giardino-terrazza con vista sulla Tour Eiffel. Carta vini immensa, sommelier premiati, servizio impeccabile.
A L’Arpège (www.alain-passard.com, 84 Rue de Varenne, 7° Arrondissement, Tel. 01 47 05 09 06) Alain Passard combatte l’omologazione dei prodotti acquistando nel 2002 Château du Gros Chesnay, tenuta con giardino biologico da cui arrivano gran parte degli ingredienti. Creativo e rigoroso, firma piatti come l’astice all’agrodolce con petali di rapa e rosmarino, vinaigrette di miele d’acacia e aceto di Xérès. Molto costoso.
Taillevent (www.taillevent.com, 15 Rue Lamennais, Tel. 01 44 95 15 01) è tra i locali più eleganti e costanti di Parigi, tradizionale nella cucina e saldo nella reputazione. Si trova nell’8° Arrondissement, vicino agli Champs-Élysées. Dalla sua “scuola” sono usciti numerosi chef oggi protagonisti sulla piazza, compreso il responsabile de Le Cinq. Il nome richiama Guillaume Tirel, detto Taillevent, autore del primo manoscritto di cucina francese: assunto come sguattero nel 1326, arrivò a diventare chef di re Filippo VI.
Jean-François Piège, 36 anni, dopo quindici trascorsi accanto a Ducasse, è oggi l’anima del ristorante Les Ambassadeurs (www.crillon.com, Hôtel Crillon, 10 Place de la Concorde, Tel. 01 44 71 15 00). Di sé dice che la sua cucina è “tradizionale e permissiva allo stesso tempo”. Eletto cuoco dell’anno da Gault Millau, firma piatti diventati celebri: tra questi il bianco mangiare d’uovo con l’uovo nascosto e l’astice servito con spaghetti alla carbonara.
Francesco Pensovecchio
(1. continua)