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“U viaggiu” di Cosma e Damiano e i dolci di pasta melata

27 Settembre 2013
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Palermo, da sempre caratterizzata da una forte identità di città marinara. Ha raccontato e affermato nei secoli il suo profondo rapporto con il mare, esprimendolo attraverso la devozione nei confronti dei santi e martiri Cosma e Damiano, protettori di pescatori e marinai (e di medici, chirurghi, farmacisti, barbieri).

Appartiene all’immaginario collettivo della città ed è stata raccontata più volte da storici e viaggiatori la festa grande celebrata in loro onore, il 27 di settembre, per volontà dei pescatori e marinai dei borghi di S. Pietro, S. Lucia e Kalsa. Una tradizione di grande partecipazione popolare e di forte emotività che è rimasta integra anche quando la venerazione e i festeggiamenti in loro onore si sono spostati nella vicina borgata marinara sorta presso la Tonnara e il Golfo di Sferracavallo. 

Un festeggiamento molto scenografico, con prove di destrezza come l’Antinna a mari, gare di resistenza nel portare per molte ore in giro la Vara dei Santi, e completato da una coreografia di suoni, colori, odori, sapori, nella più ortodossa delle tradizioni siciliane. Il tutto per garantire l’intercessione dei Santi presso il Divino, ringraziarli per i pericoli scampati in mare, e propiziare navigazioni sicure e abbondanti pescate. Santi scelti non a caso per ottenere questi favori perché il terribile racconto dei loro molti supplizi e altrettante resurrezioni sembra rievocare i riti della rinascita della natura della tradizione egea legati al mito di Demetra e Persefone, e fa comprendere come, anche questa volta non a caso, la religione cristiana abbia inserito la festa in loro onore in prossimità dell’Equinozio di Autunno, giorno dell’equilibrio tra luce e oscurità, momento fondamentale nella ciclica rigenerazione della natura. A raccontare questi simboli nel culto di Cosma e Damiano sono anche i dolci di pasta melata che nei secoli si sono prodotti nei giorni della festa in loro onore. 


Vara di Cosma e Damiano

Ad evocare il ruolo sacro della Grande Madre sono infatti i pupiddi nanau, dolci di pasta melata ormai scomparsi in forma di figure femminili che a Palermo si dedicavano a Cosma e Damiano, con un nome evocativo di complessa derivazione. Secondo alcuni  dal termine dialettale na-nai con cui si richiamavano gli animali dispersi al pascolo; secondo altri dall’altro termine dialettale nanava con il quale è chiamata la bisnonna. Di un colore rosso fuoco con gonna lunga e mani sui fianchi ricordano le statuette votive in onore di Demetra e testimoniano la diffusione da Oriente per tutto il Mediterraneo di una cultura sopravvissuta nel Cristianesimo, a fianco delle iconografie cristiane. Dei pupiddi nanau resta un pallido ricordo, mentre si producono ancora i Santi, dedicati alla devozione di Cosma e Damiano. Miraculusu è stu santu, miraculusu! L’unicu santu ca si mancia, ch’è miraculusu!. E’ la banniata con cui i turrunari invitano all’acquisto di questi dolci, posti in bella vista accanto alle tradizionali cubbaite, petrafennule e ai bummuluna. I Santi sono realizzati con un impasto di pari farina e miele, lavorato e steso in stampi di gesso rivestiti internamente in zolfo e infine cotto ad assumere un colorito dorato. Questi dolci, che riproducono l’esatta iconografia dei Santi Cosma e Damiano, appartengono alla millenaria tradizione dei pani e dei dolci teofagici in forma di santi e divinità, mangiati in occasione di festività accompagnati dal segno della croce e da un’invocazione, per entrare in sintonia con il divino e riceverne protezione.

Questa cosaruci di meli, esatta definizione dei dolci di pasta melata, rappresenta i due  Santi in mezzo a due trionfi raggiati sormontati da un angelo. Coronati sotto una specie di pallio, gambe ignude, piedi con sandali, hanno penne con lunghe e appariscenti barbe da un lato e calamai dall’altro; secondo il popolo però, con palme alla destra e scatole alla sinistra. Con queste parole quaranta anni fa Antonino Uccello descriveva i Santi di pasta melata dedicati a Cosma e Damiano, ed è particolarmente interessante il racconto della ricetta del turrunaro palermitano Antonio Marrone, che propone una significativa variante rispetto alla tradizione attuale: ci sono le bancarelle che vendono i Santi Cosma e Damiano, dei quali i bambini sono molto ghiotti, sono fatti di farina e miele; è un miele che loro fanno con una composizione con succhi di fichi e miele naturale, mettono al forno e poi i ragazzi li mangiano. Nella sua attenta descrizione della ricetta Uccello segnala anche che la dipintura in rosso delle figure, proposta alla fine dell’ottocento, fosse caduta in disuso cento anni dopo. In questa loro variante le figure dei Santi in pasta melata si avvicinano maggiormente alla tradizione dei sussameli, dolci il cui nome significa succhiamele e si riferisce alla tradizione mediterranea, in Sicilia ora largamente in disuso, dei timballi dolci di pasta con miele, spesso legati alle più importanti festività religiose. Un nome che presenta nelle diverse parti della Sicilia numerose varianti: sussumeli, susameli, sursameli, sussa meli e altro ancora. Appartenenti alla tradizione dolciaria siciliana, ma è meglio dire a quella dei turrunari, sono biscotti che raffigurano santi, parti del corpo umano o animali simbolici e che partono da una base di impasto in farina e miele per inglobare successivamente ulteriori ingredienti: primo fra tutti lo zucchero, anche in sostituzione del miele, e poi mandorle tostate intere o frantumate, cedro candito, scorzette di arancia, vino rosso; un impasto che può essere eventualmente profumato con acqua di gelsomini, acqua di rose, cannella, chiodi di garofano.
 


Vincenzo Rosciglione e i suoi santi

Se scorriamo il calendario delle feste del mare di borghi costieri e isole siciliane osserviamo che numerose tappe, nell’ultimo secolo, obbedendo ad una esigenza di audience degli emigrati tornati per le vacanze, sono state dirottate nei mesi estivi. Rinsaldando in tal modo nelle comunità marinare il senso di appartenenza, ma spezzando di frequente il legame tra calendario festivo e cicli naturali della pesca. Non così per la festa di S. Cosma e Damiano che, nell’evocare i riti pagani del ciclico rinnovarsi della natura, è coerente con una fase annualmente critica nei processi produttivi del mare, quando provvedimenti di fermo biologico intervengono ad aiutare il ripopolamento del mare presso le nostre coste e accrescere il novellame di molte specie ittiche.

La comunità di Sferracavallo, come le altre borgate vicine, ha dovuto assistere in questi anni all’inarrestabile impoverimento del mare. Sono ormai uno sfocato ricordo le copiose pescate di asineddi, lappani, triglie, scorfani, polipi, sarde, cicirello, maccaruneddu, novellame. Ciò nonostante si sia provato nel tempo a fissare e condividere norme condivise e tramandate come u varu per garantire la stabilità dell’ecosistema marino: S’avia a ttirari quannu era carmu, s’avia a ttirari quannu c’era u suli, cu l’acqua i cielu un s’avia a ttirari, matina ca matinata un s’avia a ttirari, dopu menziornu un s'avia a ttirari picchì si nno i favuttiavanu l’animali e si nni iavanu.

Con l’impoverimento del mare la festa in onore dei Santi medici, protettori di pescatori e marinai, ha vissuto una progressiva crisi, perdendo il ricordo e la coscienza di alcune delle sue simbologie più importanti. A partire dalla chiesa del Capo, avvio della festa grande, chiusa al culto da quaranta anni ed ora spettatore muto, desolatamente nascosto da auto in sosta. Dei pupiddi nanau, della loro esatta forma e della ricetta è scomparsa ogni traccia. Negli anni settanta due panifici del Capo rifornivano di Santi i turrunari davanti alla chiesa palermitana di S. Ippolito e a quella di Sferracavallo. Quaranta anni dopo a garantire la sopravvivenza di questa tradizione è ora rimasto il laboratorio di  Vincenzo Rosciglione, maestro turrunaro di quattro generazioni, al quale si riconosce la caparbia volontà di non dimenticare.  Più di cento anni fa Giuseppe Pitrè, incaricato di curare la Mostra Etnografica Siciliana all’interno della Esposizione Nazionale di Palermo del 1891 volle esporre nella Sezione Alimenti un ricco repertorio di pani rituali siciliani e tra questi quello dei Santi Cosma e Damiano, convinto che la visione di futuro di una comunità non può prescindere dalla coscienza del passato. La scelta di entrambe è un dato su cui riflettere, ed è uno stimolo per la Condotta Slow Food di Palermo nel continuare un’opera di recupero e valorizzazione della memoria del gusto, nella sua identità palermitana e siciliana, che riteniamo indispensabile.

Roberto Garufi
Condotta Slow Food Palermo