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Vivere di vino

Andrea Delpiano, tra Etna e Langhe: “Vi racconto perché il mondo ama questi terroir”

03 Dicembre 2020

L’enologo della cantina Giovanni Rosso: “Pochi vitigni al mondo esprimono tanta ricchezza come un Nebbiolo o un Nerello Mascalese”. Gli inizi della carriera e ora l’ingresso nel cda di Albeisa. Ma tutto cominciò con un vino altoatesino…

di Christian Guzzardi

Classe 1987, cresciuto tra le colline del Barolo, Andrea Delpiano è, insieme a Davide Rosso, l’anima di Giovanni Rosso, una tra le più importanti e prestigiose cantine delle Langhe e non solo. Un percorso formativo e professionale che affonda le proprie radici in un territorio unico, conosciuto in tutto il mondo per la qualità e la ricchezza dei propri cru. Frequenta la vigna fin da bambino al fianco del nonno, poi la scuola enologica ad Alba, l’esperienza in Fratelli Martini, uno dei più grandi imbottigliatori d’Italia, fino all’incontro con Davide Rosso nella primavera del 2013. “È avvenuto per caso in un ristorante. Eravamo seduti in due tavoli molto vicini, dove senza volerlo si sentiva quello che l’altro diceva: io stavo parlando di vino”. E così, ascoltando le sue parole, Davide Rosso si incuriosisce e dopo qualche domanda gli consegna il proprio biglietto da visita: “Vedrai che a Gennaio lavoriamo insieme e faremo un bel lavoro”.

Detto fatto, il 7 gennaio del 2014, a soli 27 anni, Andrea Delpiano è a Baudana a lavorare alla cantina Giovanni Rosso per costruire un percorso di crescita che prosegue tutt’ora. “Davide aveva apprezzato il fatto che venissi dal mondo industriale – racconta – che, seppur lontanissimo dal lavoro che si fa in Giovanni Rosso, era ciò che serviva per perfezionare la macchina produttiva senza rinunciare all’identità della cantina”. Comincia così un percorso che porterà Andrea a macinare chilometri, esperienze e collaborazioni prestigiose. Lavora al fianco degli enologi Beppe Caviola e Carlo Ferrini e dell’agronomo Gian Piero Romana. Dopo neanche due mesi dall’arrivo in cantina vola in Francia, insieme a Davide Rosso e all’ importatore inglese Berry Bros & Rudd, alla scoperta dei più importanti chateau di Bordeaux. E ancora tanti viaggi in giro per l’Italia fino all’arrivo sull’Etna dove, dal 2016, a Castiglione di Sicilia, Giovanni Rosso produce i suoi Carricante e Nerello Mascalese.

“La Sicilia è stata per me un’opportunità enorme di crescita. Pochi altri miei colleghi hanno la possibilità di lavorare sia nella zona del Barolo sia sull’Etna”. Due territori così lontani, ma per certi versi così vicini, caratterizzati da una complessità e da una varietà che difficilmente si trova da altre parti. “Ci sono pochi vitigni al mondo – spiega – che, come il Nebbiolo o il Nerello Mascalese, esprimono così tanta ricchezza. Tutto sta nelle caratteristiche e nelle differenziazioni del terreno: in Sicilia si chiamano contrade, in Piemonte sono le menzioni geografiche aggiunte. Il successo dell’Etna, così come quello della Langa, o per citare un altro caso quello della Borgogna, sta proprio nel fatto che questi territori riescono ad avere espressioni diverse grazie alla tante microzone in cui crescono le piante e nonostante ciò i loro vini mantengono un’identità comune pur nella diversità”. Si torna così alla filosofia, che Delpiano ha fatto sua, della cantina Giovanni Rosso: “Il vino deve essere copia perfetta del suo terroir”. Un’idea che tiene conto non soltanto delle caratteristiche microclimatiche ma anche della cultura locale e del lavoro del produttore.

Lavoro che, come nel caso di Andrea Delpiano, trasuda passione e competenza. Lo si intuisce quando parla dei suoi vini, quando racconta delle degustazioni a Serralunga d’Alba, con gli assaggi direttamente dalla botte che evidenziano le differenze tra un cru e un altro, o quando parla del piacere della scoperta tra le contrade dell’Etna o della vendemmia 2020. “È stata un’annata molto equilibrata, per certi versi classica, che ha espresso una bella produzione dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Soprattutto in Piemonte abbiamo assistito a un’estrazione di colore molto interessante e molto veloce, sin dalle prime fasi di macerazione, e a un bell’equilibrio tra la parte alcolica e tannica”.

Quella di Andrea Delpiano è una passione radicata le cui origini risalgono ai primi incontri col vino: “Non ricordo il primo vino che ho assaggiato, ma ricordo esattamente la prima volta che sono stato in cantina con Davide Rosso. In quell’occasione assaggiai direttamente dalla botte il Barolo Vigna Rionda, era l’annata 2011 non ancora imbottigliata. Si tratta di un ricordo nitido e ancora vivo di un evento che ha cambiato la mia vita professionale. Il barolo lo conoscevo già, non con l’attenzione maniacale di oggi, ma quando ho assaggiato quel vino ho capito che avremmo fatto davvero un bel lavoro. Lo stesso vale per il primo vino non piemontese che ho assaggiato. Mio padre, che faceva l’autista di camion e settimanalmente era in Trentino Alto Adige, un giorno portò a casa una cassetta di Eisacktaler, cantina sociale della Valle di Isarco. Il profumo di quel vino bianco di montagna, non ricordo se fosse un Gewürztraminer o un Müller Thurgau, è un’altra cosa che ha segnato la mia vita e che ho ritrovato, molti anni dopo, nelle annate più fresche della produzione sull’Etna”.

Passione e tanta qualità, trasferita anche nell’esperienza del consorzio Albeisa: “Sono veramente neofita in questo mondo, ho appena cominciato. Per come la vedo io l’Albeisa è una bottiglia che rappresenta e identifica la qualità della nostra zona. In cantina utilizziamo esclusivamente questo formato, perfetto per i nostri baroli, e inizieremo a usare – solo su alcuni mercati – anche la nuova versione light che va incontro al tema della sostenibilità ambientale”. Concretezza, idee chiare, rispetto per il territorio e per la materia prima: “L’obiettivo è quello di fare tutto al meglio, cercando sempre di realizzare dei grandi vini. E per fare un grande vino servono delle uve perfette: questo è un dato di fatto”.