L’Etna con il cavolo trunzu di Aci e le Madonie con la manna sono i prodotti protagonisti della sesta puntata di Buona Terra, il programma ideato e condotto da Fabrizio Carrera che va in onda su Tgs sabato 19 luglio alle 12.50 (con replica alle 23 sempre sabato 19 e poi nella stessa ora anche mercoledì 23 luglio) e su Rtp. Il primo è un ortaggio che sta vivendo una fase di crescente interesse da parte di ristoratori e golosi appassionati di prodotti vegetali. È un cavolo rapa dalle striature violacee, specie endemica dell’Etna che qualche anno fa ha pure rischiato l’estinzione. Oggi c’è una nuova attenzione e molti ristoratori lo stanno adottando nei propri menu grazie alla sua versatilità: buono per una semplice insalata, ottimo come condimento per la pasta o addirittura come ripieno, assieme ad altri ingredienti, negli arancini (così come si declina questa parola nella Sicilia orientale). Buona Terra ha intervistato il produttore Carmelo Zappalà a Giarre e poi ha fatto sosta ai Quattro Archi di Milo affidandosi alle preparazioni della cuoca Lina Castorina e del patron del locale Saro Grasso.
Un’altra storia particolare è quella della manna delle Madonie, una sorta di dolcificante naturale che si ottiene dal taglio della corteccia dei frassini presenti sulle Madonie. Una volta erano migliaia gli ettari sparsi tra le montagne, oggi si tratta di una produzione residuale che resiste grazie al lavoro di alcuni coltivatori, come Giulio Gelardi che farà vedere la raccolta (che avviene nel mese di luglio) attraverso la formazione di piccole stalattiti. Inutile dire che sia il cavolo trunzu e sia la manna sono prodotti altamente identitari per la Sicilia e ricchi di sostanze benefiche per il nostro organismo. Il viaggio tra sapori e saperi della Sicilia si conclude con una tappa a Linguaglossa, in provincia di Catania, per conoscere la salsiccia al ceppo, antichissima preparazione dove la carne suina non viene macinata o tagliata a punta di coltello prima di essere insaccata ma viene sminuzzata grazie al certosino lavoro manuale e all’uso di una sorta di ascia dal nome dialettale “pattatore”. Il racconto è affidato a un macellaio di lunghissima esperienza come don Saro Pennisi.