Unicità, eleganza e sapidità sono le caratteristiche in comune tra i vini bianchi prodotti sull’Etna e sul Vesuvio. Il focus è stato organizzato in occasione del Paestum Wine Festival ed è stato condotto da Federico Latteri curatore della guida ai vini dell’Etna di Cronache di Gusto, Tommaso Luongo presidente Ais Campania e Carla Scarsella sommelier del ristorante Sintesi di Ariccia una stella Michelin. I terroir dell’Etna e del Vesuvio sono diversi tra loro, da molti punti di vista, climatico, geologico e ampelografico ma tutti i produttori sono riusciti, ciascuno con il proprio stile, a esaltarne le peculiarità.
“L’Etna è un vulcano attivo, il Vesuvio è un vulcano in uno stato di quiescenza che ha lasciato il protagonismo sismico ai Campi Flegrei – ha spiegato Tommaso Luongo – Questa è una sfida non sfida, una comparazione per individuare il fil rouge e non le diversità. Il Vesuvio disegna lo skyline del golfo di Napoli, le eruzioni consistono in esplosioni di nuvole di ceneri che vengono accompagnate a seconda della direzione del vento nei terreni limitrofi. Molte aree devono al Vesuvio la propria mineralità, in particolare l’Irpinia e la zona del Taurasi. Sul Vesuvio, il calpestio produce un effetto crunch, dovuto allo sfrigolio sotto i piedi dei lapilli. Il naming delle cantine interessate al winetasting si ispira a questo sound: Pietrafumante, Vigna del Vulcano, Vigna Lapillo. Il Vesuvio ha quattro versanti, per semplificare indichiamo quello rivolto al mare e quello orientato verso l’entroterra. La distinzione è importante perché incide sulla distribuzione dei vitigni, Falanghina e Caprettone dominano sul mare, la Catalanesca nell’altro. Il winetasting gioca su queste peculiarità”.
“L’Etna è situato nella parte orientale della Sicilia ed è una delle montagne più alte in Europa – ha sottolineato Federico Latteri – La prima differenza tra i due vulcani riguarda le dimensioni, l’Etna è alto 3.200 metri, il Vesuvio 1.200 metri, i vigneti, di conseguenza, sono allocati anche ad altitudini maggiori. Il cono principale è molto più grande ed è circondato da altri rilievi montuosi e dal mare che condizionano le specificità dei vari versanti. I vini etnei sono il risultato di 3 fattori in particolare: l’eterogeneità del suolo è condizionata sia dall’arco di tempo in cui si verificano le eruzioni che dalla diversità minerale della colata lavica, una piccola parte composta da lapilli e cenere vulcanica giunge dal vulcano stesso; i vigneti sono distribuiti tra i 450 metri sul livello del mare e arrivano oltre i mille metri, l’altitudine media è di 700 metri; in ultimo la presenza delle varietà autoctone tipiche dell’areale (Nerello mascalese, Carricante e poi Catarratto, Minnella bianca e Isparola). Il territorio è complesso, la straordinarietà dell’Etna sta nell’ottenere vini bianchi e rossi diversi da vigne tra loro non molto lontane. Sull’Etna ci sono le menzioni geografiche che possono essere riportate in etichetta, attualmente sono 133. In futuro ne saranno aggiunte altre. Le contrade hanno caratteristiche ben definite, alcune le conosciamo molto bene perché ci sono produttori storici, altre meno perché le aziende sono più recenti. Le quattro macroaree coincidono con i versanti etnei: Nord, Est, Sud Est e Sud Ovest. Ogni macroarea è diversa dall’altra, ci potrebbero essere ben quattro denominazioni diverse, in ciascuna si producono vini molto differenti tra loro. Se fossimo stati in Borgogna probabilmente sarebbero già state create”.