Lontana dai riflettori, tra colline e campi nascosti, resiste un’altra Italia del vino fatta di vitigni dimenticati, filari centenari e uomini che ne custodiscono la memoria. Storie di identità territoriali raccontate da G.R.A.S.P.O. nel libro 100 custodi per 100 vitigni, che si è aggiudicato a Digione l’Award OIV 2025 come miglior testo di viticoltura, riconoscimento assegnato dall’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino.
La cerimonia, ospitata nel suggestivo Palais des Ducs et des États de Bourgogne, ha visto la consegna del premio ai rappresentanti di G.R.A.S.P.O. — Aldo Lorenzoni, Gianmarco Guarise e Andrea Bendazzoli — dalle mani della presidente dell’OIV Yvette Van Der Merwe e del direttore generale John Barker. Un momento simbolico che celebra non solo la ricerca scientifica, ma anche la passione e la tenacia di chi, giorno dopo giorno, difende la biodiversità italiana.
Nel volume pubblicato dal gruppo di ricerca e salvaguardia della biodiversità viticola in Italia (G.R.A.S.P.O.), oltre cento racconti di viti e vignaioli: dal Nocchianello di Sassotondo in Toscana alla vite ultracentenaria di Hoertroete in Alto Adige, dagli archeo-vigneti dell’Alta Lessinia alle piantate storiche di Urbana, fino ai vitigni ritrovati sull’Etna. Ogni pagina è un mosaico di volti e di storie che uniscono scienza e sentimento, rigore e poesia.
«Questo premio dà valore a un lavoro che mette in luce i testimoni della nostra biodiversità viticola, in un viaggio ideale dalla Valle d’Aosta all’Etna», ha spiegato Aldo Lorenzoni. Per la prima volta, accanto ai dati e alle descrizioni tecniche, emergono i protagonisti: i custodi, uomini e donne che hanno scelto di preservare vitigni spesso considerati marginali, mantenendo vivi sistemi di allevamento storici e pratiche agricole antiche. «Conoscere i vitigni — ha aggiunto Gianmarco Guarise — significa conoscere le persone che li hanno salvati: il vino nasce anche da mani e storie autentiche». Un lavoro che guarda al futuro. «In un’epoca segnata dal cambiamento climatico e dalla perdita di biodiversità — ha concluso Andrea Bendazzoli — capire il potenziale di questi vitigni può offrire soluzioni nuove, varietà resilienti capaci di restituire vini legati al loro territorio».
G.R.A.S.P.O., ancora una volta, dimostra che la vite è molto più di una pianta: è una memoria collettiva, un ponte tra passato e futuro che profuma di terra e di umanità.