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Il personaggio

Cernilli: i Barolo ora come i Bordeaux, rossi su cui investire

03 Febbraio 2014
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Intervista a Doctor Wine: “Su internet troppi blog del vino a caccia di gossip, l'informazione è altra cosa”. E sull'export…

Andare a spasso per cantine con Daniele Cernilli. Non capita tutti i giorni.

L'ex curatore della Guida ai Vini del Gambero Rosso nei tempi d'oro, quando dare un Tre Bicchieri poteva cambiare la vita di un produttore, resta un grande conoscitore di vini e di cantine, di vigne e di uomini. Con noi ha girato in largo la Sicilia tra Marsala e l'Etna. E non potevamo perderci l'occasione di chiacchierare con lui, oggi direttore di Doctor Wine e firma di Spirito Divino, e di intervistarlo su come vede oggi questo mondo.

Come è cambiato il mondo del vino a causa della crisi? C'e solo il crollo delle vendite in Italia? O c'è dell'altro?
“C'è soprattutto il crollo delle vendite in Italia, c'è un rallentamento del mercato e quindi anche una difficoltà di pagamento da parte degli esercenti e questo è un problema perché sostanzialmente le cantine sono obbligate a fare la banca dei ristoratori e degli albergatori in tante situazioni. Questo ricade ovviamente sull'economia delle aziende vitivinicole in difficoltà sul fronte interno. Poi in Italia c'è una anche una distribuzione abbastanza antica e anche poco organizzata per cui funziona ancora il sistema dei rappresentanti di commercio, mentre negli altri Paesi funziona tutto in modo diverso. Ci sono infatti dei distributori più grandi e di conseguenza delle economie di scala maggiori. Sicuramente c'è un aspetto personale che da un lato è positivo e anche romantico se vogliamo, però dall'altro è indubbiamente più costoso. Per fortuna buona parte della crisi italiana viene 'parata' dall'aumento dell'export per quelle aziende che si sono sapute organizzare negli anni e che sanno esportare all'estero, ed essendo molte  il vino alla fine ha un segno positivo”.

Come vedi questa corsa all'export? Un giorno tutti parlano di Cina e il giorno dopo tutti a dire che è inutile perchè tanto ci sono i francesi…Non vedi un po' di 'schizofrenia'? E tra i mercati esteri secondo te, quali sono i più importanti?
“Vedo il fatto che non si guardano i numeri. C'è un bellissimo sito che si chiama 'I numeri del vino' che è molto utile in questo senso e che occorrerebbe consultare. Noi esportiamo in Cina circa 210 mila ettolitri di vino con un fatturato che corrisponde più o meno allo 0,5 % del nostro export vinicolo generale, quando, per fare dei paragoni Stati Uniti e Germania corrispondono al 30 % ciascuno e la Gran Bretagna al 20%. Il Giappone è posizionato leggermente meglio, ma tutti i Paesi emergenti non arrivano al 5% del totale.  Il nostro core business almeno in questo momento non è lì, ma è importante seguire questi mercati e la loro evoluzione. Si pensi ad esempio che in Cina il prezzo medio dell'export è quattro volte superiore a quello che c'è  in Germania o in Gran Bretagna e questo è un dato importante perché vuol dire che in Cina noi esportiamo vini che hanno un prezzo più alto. Circa 8 euro al litro, contro una media di  circa 3 euro al litro. Questi sono numeri che dovrebbero far ragionare ma che tutti quanti i produttori attrezzati conoscono. Chi non li conosce è probabilmente la stampa generalista che a volte fa dei paragoni basati soltanto sugli indici percentuali. E l'indice percentuale è quanto di più scivoloso  e poco indicativo si possa immaginare. Per fare un esempio se  vi è un incremento nel mercato americano del 2%, l'aumento dell'export sarà del 6%. Un aumento del 100% del mercato cinese, indicherà invece un incremento dell'export dello 0,5%. Bisogna capire bene quali sono i pesi”.

Ritieni che il vino sia ancora una buona opportunità imprenditoriale per chi vuole fare business?
“Il vino non è finanza e in ogni caso anche la finanza va conosciuta bene se si vuol fare business. Come tutte le attività va conosciuta a fondo. Una cosa certa è che non ci si può improvvisare in questo settore, anzi oggi più che mai c'è un problema di professionismo. Può fare vino solo chi ha le vere competenza per farlo”.

E quali sono i tre territori del vino italiani su cui ti sentiresti di scommettere per importanza o perchè sono emergenti?
“Difficle dirlo. Una regione interessante potrebbe essere la Puglia che mette insieme buona qualità con grande quantità. Sicuramente le regioni del sud che rappresentano un nuovo mondo all'interno dell'Italia. Ci sono aree emergenti come può essere l'Etna, o la Valle Isarco in Alto Adige. Per quanto riguarda i 'big spenders', ovvero quegli appassionati di vino che partecipano alle aste, che comprano grandi vini di Borgogna e di Bordeaux a prezzi alti, una zona molto appetibile sarà il Barolo, perché  è un vino con una grande capacità di invecchiamento, ha già una buona immagine internazionale e dei prezzi più contenuti rispetto a quelli di Borgogna e di Bordeaux. Il Barolo come vino in questo contesto può dare adito a prospettive speculative interessanti. Scommettere in Italia è difficile, ma se dovessi scommettere lo farei su questi territori anche se già rappresentano delle realtà. La cosa fondamentale  è che non si deve fare più vino di quello che il mercato richiede perché se si produce più vino rispetto a quello che il mercato richiede i prezzi crollano”.

Due tre vini che ti sono piaciuti di più in questi giorni?
“Sicuramente tra i vini più conosciuti direi Monfortino, Sassicaia, e le ultime annate delle riserve di Biondi Santi. Tra le new entry ho apprezzato ultimamente alcuni vini bianchi, in particolare le ultime annate de il Cupo di Pietracupa, che è un grandissimo vino di un piccolo produttore della zona dell'Irpinia. Siamo a Montefredane, vicino Avellino; o i vini di un piccolo produttore della zona settentrionale del Piemonte, Boca Le Piane. Infine, in Puglia, Ottagono 2011, un vino dell'azienda Castel del Monte da uve Nero di Troia non ancora sul mercato, che credo sarà uno dei migliori rossi mai prodotti in quella zona”.

Come vedi il fenomeno dei blog sul vino? Moda o qualcosa di più? La tua esperienza con Doctor Wine?
“Doctor Wine non è un blog, ma un web magazine. Il blog è un diario personale messo sulla rete. Diciamo che i siti sul vino in Italia sono dei siti un po' 'gossippari' e non mi piace questo tipo di comunicazione. Il problema della rete e quindi anche quello dei siti sul vino, è come si gerarchizza la comunicazione perché la rete è molto importante ed è una straordinaria opportunità di informazione ma spesso diventa difficile stabilire la veridicità di un'informazione piuttosto che di un'altra e soprattutto l'importanza di una o di un'altra.  Il risultato è una comunicazione 'orizzontale', dove il massimo dell'informazione si traduce nel minimo dell'informazione, perché se tutto è uguale vuol dire che tutto non ha significato. Il capitolo sulla certezza sensibile nella “Fenomenologia dello Spirito” di Hegel sintetizza  esattamente questa figura: ovvero il massimo dell'esperienza se non gerarchizzata dall'intelletto  diventa il minimo dell'esperienza, perché un suono è uguale a un altro, o una cosa è uguale all'altra di qualsiasi entità essa sia”.

Impressioni di questo press tour in Sicilia? Quali i punti di forza e quelli di debolezza?
“I press tour sono sempre utili perché c'è qualcuno che si occupa di organizzare tutto. Credo sia molto utile, considerando che si ha tutto organizzato, si può assaggiare, si hanno informazioni e si ha anche la possibilità di parlare con più persone. Direi che i tour sono sempre esperienze positive e i produttori farebbero bene a sostenerli. Non è semplice portare dei giornalisti dentro la propria cantina se si è da soli. Se si è un gruppo di persone si dividono le spese e diventa tutto molto più semplice”.

F.C.
M.A.P.