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Il personaggio

Come vendere vino italiano in Cina? Young Shi: alcuni consigli per non sbagliare

21 Luglio 2015
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Le impressioni della giornalista e docente dopo un press tour con Cronache di Gusto. “Le tre B, Barolo Barbaresco e Brunello tra i rossi piu apprezzati. Visitare la Sicilia esperienza unica. E tra le tipologie senza futuro dico…”
 


(Young Shi)

 

di Francesca Landolina
 

Da Shangai in Italia. Il viaggio di Young Shi, una delle professioniste più preparate del mondo del vino in Cina, non si è ancora concluso. 

Da vari giorni, con l’entusiasmo di chi ha voglia di scoprire di più, la giovane insegnante del Wset, corso organizzato dall`istituto da lei fondato a Shanghai, che è anche una giornalista di TasteSpirit, seguita rivista online (www.tastespirit.com) in Cina e non solo, è in tour in Italia. E il nostro giornale, Cronache di Gusto, l’ha presa per mano guidandola lungo le strade della Sicilia per farle conoscere vignaioli, territori e vini dell’Isola. 

Entusiasta, appassionata e sorridente, Young si è fatta intervistare a conclusione del press tour nel Sud Italia dopo aver visitato diverse cantine, grandi e piccole, incontrato produttori e wine maker, e aver toccato con mano la realtà di chi il vino lo fa per passione.

“L’Italia del vino non è ancora agguerrita con le strategie di marketing, così come lo sono invece la Francia e, sorprendentemente la Germania, ma la sua ricchezza e la sua potenzialità sono ampie. Così ampie che il pensiero corrente è che possa aver successo anche in un mercato difficile, come quello cinese, oggi nel mirino di molti Paesi del mondo, molto più competitivi”. Questo in sintesi, il pensiero di Young. Il Bel Paese ha le carte in regola insomma per vincere. Basta essere svegli e ricettivi senza mai tradire le proprie origini, i caratteri distintivi. “L’Italia ha tutto. Non c’è nulla che un cinese possa desiderare e che non si trovi in Italia, e il mondo del vino ne è un esempio. Ma attenzione: la bio-diversità dell’Italia è il suo punto di forza. Che non si omologhi al resto del mondo. Non commetta lo sbaglio di puntare sui vitigni internazionali”.  

Se punti di forza sono il fascino e la bio-diversità, l’anello debole è dato però dalla sua incapacità di vendersi. Non fa abbastanza. E’ importante invece che le cantine e i consorzi si aggreghino per presentarsi uniti e con una strategia vincente, semplificando il più possibile i nomi dei vini. “In Cina al momento se si pensa all’Italia del vino, si ricordano le tre B: Barolo, Barbaresco e Brunello. E il resto? Manca tantissimo. D’altra parte i cinesi stanno cominciando ad appassionarsi al vino e faranno in fretta a crescere. È soltanto una questione di tempo. Occorre quindi essere agguerriti, dotarsi di bravi export manager e fare squadra, collaborando con complicità. Spesso invece in Italia accade che un produttore non assaggi neanche i vini di altri nelle degustazioni. Inaudito. Manca il reciproco sostegno. Per fortuna, però, questa è una lacuna non impossibile da colmare, andando oltre l’individualismo, che non serve”. Una raccomandazione però va fatta, e Young sottolinea: “Date nomi semplici ai vini, sono poche le probabilità che un cinese possa ricordarsi il nome di un vino lungo e troppo particolare”.

Nel caso della Sicilia, per fare qualche esempio, il Nerello Mascalese o il Cerasuolo di Vittoria non sono facili da ricordare così come il Nero d’Avola, ormai famoso. Eppure secondo Young il vitigno etneo ha delle ottime potenzialità nel mercato cinese. Entrambi i vitigni citati, Nero d’Avola e Nerello Mascalese sono rappresentativi di zone della Sicilia diverse, frutto di uve diverse, terreni diversi, climi diversi, ma capaci, secondo il suo parere, di avvicinarsi al gusto di quel mercato. “Il Nero d’Avola esprime un’eleganza sempre cangiante, il Nerello Mascalese è complesso se invecchiato, più adatto a palati esperti, fresco e floreale se giovane, facilmente accattivante. Un po’ meno apprezzati in Cina potrebbero essere i vini dolci, ma ciò è dovuto al fatto che nel mio Paese non è abitudine concludere il pasto con un dessert. E, così come i liquorosi anche le bollicine della Franciacorta non hanno, a mio avviso, molte potenzialità, al momento”. 

Riguardo alla Sicilia, reduce del press tour che l’ha vista attraversare varie zone da Occidente a Oriente ci sarebbero tante cose da dire. “La Sicilia è una cosa a parte. Ricca, complessa. Solo se vieni qui capisci quanto diversi siano i vini siciliani tra di loro. Ho apprezzato molto il Marsala. Trovo inaudito che quest’ultimo sia sottostimato nel Regno Unito e utilizzato come vino da cucina. Credo al contrario che sia un vino per palati sopraffini. Poi attraversando l’isola, l’ho vista cambiare mille volte, nei suoi paesaggi, nei suoli, e nella sua natura, tutti elementi questi ultimi che ritrovi nel calice”. “In quest’Isola – aggiunge – fai incontri che non ti aspetti. Ci sono veri produttori che fanno vino per passione e non per fare numeri. Un aspetto questo, che difficilmente trovi nel resto del mondo. Prendiamo l’Etna, per esempio. Visitandola e incontrando molti uomini del vino, mi sono chiesta come sia possibile attaccarsi con tutta l’anima ad una terra che da un momento all’altro può toglierti tutto. Il vulcano non dà preavvisi e basterebbe un’eruzione devastante per far piazza pulita. Eppure lì ogni pietra riceve cura e le vigne sono trattate come bambini a cui dedicare amore e attenzione. Sono rimasta impressionata da tutto ciò”.

Non ha consigli da dare alla Sicilia né all’Italia del vino se non quello di investire sul marketing all’estero. Serve poi collaborazione tra i produttori. In Cina i consumatori stanno cominciando a diventare consapevoli, curiosi, attenti e il tempo da noi scorre in fretta. Non fatevi trovare impreparati. I competitor sono forti. Ma non sono l’Italia. 

Ma un suggerimento per i vignaioli alla fine spunta: “Abbandonate la vecchia filosofia produttiva e date spazio alle nuove generazioni. Serve creatività, condivisione e collaborazione”. Da parte sua, una sola promessa: “Adoro l’Italia del vino e farò il possibile per farla conoscere nel mio Paese”. Qui di seguito qualche immagine del press tour realizzato in collaborazione con Autosystem di Palermo.

ALCUNE IMMAGINI DEL PRESS TOUR
 

(Antonio e Salvino Benanti, con Francesca Landolina e Youg Shi in cantina a Viagrande)

 

(Francesca Landolina, Bianca Mazzinghi, giornalista e Wine educator a Shanghai ed il signor Angelo di Feudo Maccari a Noto)

 


(Francesca Landolina (Cdg), Enzo Cambria e Young Shi nella cantina Cottanera sull'Etna)

 


(I vini degustati di Feudo Montoni da Young Shi a Terre d'Himera con Fabio Sireci)

 


(La degustazione a Baglio del Cristo di Campobello)

 


(La tappa di Young Shi a Baglio del Cristo di Campobello)

 


(La visita alla cantina Gulfi di Chiaramonte Gulfi)

 


(Youg Shi con il team di Baglio del Cristo di Campobello e Carmelo Bonetta)

 


(Young Shi con Gipi De Bartoli in cantina a Marsala)

 


(Young Shi con Mayra Bina e Alberto Cusumano alla cantina Cusumano)

 


(Bianca Mazzinghi, Letizia Patanè dell'azienda Passopisciaro e Young Shi)