Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il personaggio

Il Farinetti pensiero: più export e coscienza civile per ricostruire l’Italia

23 Gennaio 2014
frinettihp frinettihp

L’ha definita “un continente” ma anche “la regione con più biodiversità”  e “il brand italiano più forte con Toscana e Piemonte”.

 Oscar Farinetti mette piede a Palermo per presentare assieme ai Planeta, Alessio e Francesca, raccontati nel suo libro “Storie di coraggio” e riempie di complimenti la Sicilia.


Oscar Farinetti e Alessio Planeta 

Con la bocca ancora buona per gli spaghetti alla bottarga e il pesce spada insaporiti da oli di oliva di tre cultivar diverse (Nocellara, Biancolilla e Cerasuola). E con gli occhi ancora pieni per il soggiorno in uno degli hotel più suggestivi della città. Ma di Eataly, la sua creatura che sta conquistando il mondo, all’ombra di Monte Pellegrino o dell’Etna non se ne parla. Almeno per ora. “Verrò sempre più spesso in Sicilia – annuncia Farinetti – perché è per Eataly il luogo dove trovare i prodotti più buoni del mondo per portarli in giro per il mondo”. 


Oscar Farinetti durante la presentazione del libro


Da sinistra Francesca Planeta, Oscar Farinetti, Lia Vicari, Alessio Planeta

Dieci negozi in Giappone, due negli Usa, uno in Turchia e undici in Italia. Ma il più a Sud è a Bari. Ed è stata un’esperienza che ha segnato negativamente Farinetti (“Un casino per aprirlo e un brutto clima intorno”). Per questo forse quello è e rimarrà l’avamposto meridionale di uno dei simboli dell’alimentare italiano. E a proposito di numeri Farinetti snocciola le cifre sul bilancio 2013 delle vendite dei suoi tanti negozi: “Complessivamente abbiamo chiuso con un piu 28 per cento ma se guardiamo ai soli negozi italiani allora il fatturato non è cresciuto, zero per cento. Ma va bene così perchè per noi è già un successo di questi tempi”.


Farinetti mentre saluta l'assessore all'Agricoltura Dario Cartabellotta

Torniamo al Sud. I difetti che Oscar Farinetti vede nella Sicilia sono gli stessi che, più o meno, si porta dietro l’Italia. “Un Paese che ha bisogno di ricostruire la coscienza civica e di puntare forte sulle esportazioni. Anche se c’è bisogno di un cambio radicale nelle posizioni chiave dove bisogna mettere galantuomini. Solo loro possono dare il buon esempio e iniziare circuiti virtuosi perché siamo la generazione degli italiani viventi peggiore della storia”.

Guarda ad altri modelli l’Eataly-man. “Usa e Germania, Paesi dove c’è un forte senso civico e dove si punta sulle proprie vocazioni. Prendete i tedeschi, sapevano fare auto, hanno cominciato piano e oggi in tutto il mondo si viaggia sulle loro auto”. Oppure i francesi. “Loro sanno narrare, caratteristica chiave che a noi manca. Noi sappiamo solo produrre. Pensate ad un qualsiasi monumento in Francia e troverete cartelli e spiegazioni ovunque in prossimità del sito, poi arrivate in Italia davanti a una chiesa importantissima e fate fatica a trovare due informazioni”. Ciò influisce ovviamente anche sui numeri. “È assurdo – continua Farinetti – che il valore dell’export italiano sia di 31 miliardi e l’import di 35 miliardi. Il vino? Influisce tantissimo, 4,7 miliardi sui 31, ma è sempre poco. I francesi con gli stessi ettolitri prodotti hanno un valore delle esportazioni di 11 miliardi. Ma dati così sono bassi sono anche un'opportunità”. Sì, ma servono soluzioni. “Bisogna aumentare il prezzo medio – propone Farinetti – e per far ciò dobbiamo saper comunicare i nostri prodotti, suscitare emozioni, saper narrare appunto. Ed è quello che anche Eataly vuole fare anche per pagare meglio la filiera”.
E tornando alla Sicilia invece, cosa si può fare? “I romagnoli hanno più turisti di tutti col mare più brutto d’Italia, prendete loro e metteteli a capo delle vostre strutture”, chiude Farinetti in puro stile Farinetti. Un uomo, un vulcano di idee, uno slogan dopo l’altro. Fino ad ora vincenti.

Francesco Sicilia


Foto: Salvatore Mancuso